giovedì 27 dicembre 2018

Recensione: Sette minuti dopo la mezzanotte


“Sette minuti dopo la mezzanotte”, titolo originale: “A Monster Calls”; di Patrick Ness; traduzione di Giuseppe Iacobaci; Edizione Mondadori; ISBN: 978-88-04-63718-9.

Personalmente, è stata una piacevole sorpresa cominciare a sfogliare questo libro per ragazzi per semplice curiosità per poi continuare a leggerlo per conoscere la fine e la morale della storia e, soprattutto, per verificare “se” e “come” ci sarebbe stato il proverbiale “lieto fine” …

Bellissimo il “mostro”, coprotagonista; logico, freddo, infido, possente, sfuggente, violento e saggio come la Natura; un grande affabulatore, capace di proferire verità come:
La vita non si scrive con le parole, si scrive con le azioni. Quello che si pensa non conta. La sola cosa importante è ciò che si fa.”.

In sintesi, un gran bel libro, che affronta senza edulcorazioni il tema della malattia, della perdita dei propri cari e dei propri punti di riferimento e che parla senza mezzi termini di rabbia e di impotenza.

venerdì 21 dicembre 2018

Recensione: All’inferno e ritorno. Europa 1914-1949


“All'Inferno e ritorno. Europa 1914-1949”, titolo originale: “To Hell and Back. Europe 1914-1949”; di Ian Kershaw; traduzione di Giovanni Ferrara degli Uberti; Editori Laterza; ISBN: 978-88-581- 2580-9.

Gli inizi del ventesimo secolo trovano un’Europa, all'epoca percepita come modello e sintesi della civiltà moderna, all'apice della sua potenza.
Neanche quindici anni dopo, gran parte di essa precipita in un conflitto armato (francamente evitabile!) che finirà per dilaniarla, lasciandola stremata e in preda a tensioni economiche, sociali, politiche e culturali che, in un crescendo di parossismo finiranno per sprofondarla in un secondo conflitto globale più disastroso ancora e tale da lasciarne una buona parte completamente annichilita sia sul piano materiale come su quello morale.

L’Autore, attraverso un’opera che appare ben documentata, tanto sintetica quanto completa e che non stento a definire persino avvincente, ci presenta un quadro mirabile dei fatti, delle ragioni e delle cause che portarono l’Europa così vicino all'autodistruzione.

Bellissima sorpresa. A mio avviso imperdibile!

venerdì 30 novembre 2018

Autunno 2018 Bilancio sintetico degli ultimi 30 anni di politica italiana


L’economia italiana frena, vedi ad esempio:



… e sale la disoccupazione:


… personalmente non riesco a non vedere in tutto ciò una scontata risposta all'incertezza derivante dall'azione di Governo che, sinceramente, proprio non convince sotto nessun punto di vista e appare per quel che è: un’accozzaglia di incompetenti, irresponsabili, inconsistenti dilettanti allo sbaraglio.

Peggio di così non potrebbe andare perché il problema peggiore è che, se anche si votasse domani (possibilità che non si pone), proprio non si saprebbe a che santo votarsi (in senso letterale) perché, diciamolo pure, questi sono “Quaquaraquà” (quindi soggetti della più infima specie) ma quelli che li hanno preceduti (e che li seguirebbero) nel migliore dei casi non erano e non risulterebbero nulla di più che “Ominicchi”.

Mancano quindi disperatamente “Uomini” e ... persino i “mezz’uomini” … per non parlare poi di possibili candidati alla carica di “Padre e/o Salvatore della Patria”  che ormai mancano all'appello a memoria d'uomo!

In compenso, se a qualcuno fosse sfuggito tale concetto, quasi tutti noi italiani possiamo tranquillamente essere certi di quale sia la nostra collocazione entro la famosa suddivisione dell’umanità proposta e tramandataci dal “Il Giorno della Civetta” di Leonardo Sciascia … noi saremmo esattamente dei "pigliainculo" condizione che accomuna quasi tutti noi cittadini, elettori e non! Questo, ovviamente, a onor del vero e a parziale discolpa del nostro Governo, non da "oggi" e nemmeno solo da "ieri".

 … “A posto stiamo”!

martedì 23 ottobre 2018

Politica e Società: Visioni simboliche di un futuro passato


Chissà perché, mentre rifletto su tutto ciò mi vengono in mente i colori e le forme solo apparentemente assurde degli splendidi quadri di Salvador Dalì ...

Guardo alla politica ed alla società, in particolare quella di casa nostra, con due sentimenti contrastanti.

Il primo sentire è quello che definisco “visione dell’acquario”, si guarda la situazione come se si fosse al di fuori di essa con l’assurda sensazione di assistere a qualcosa di circoscritto, prevedibile ma anche inalterabile. Sei fuori dall'acquario, puoi capire perché la vita si svolge inesorabilmente in un certo verso e puoi intuire l’evoluzione di quel mondo, ma se ciò che vedi non ti piace o se pensi che vada nella direzione sbagliata sei anche consapevole che non puoi fare nulla per modificare quell'ambiente che rimane assolutamente insensibile ad ogni tuo possibile intervento o contributo. Questo tipo di punto di vista genera uno strano stato di atarassia che, da una parte nasconde una buona dose di snobismo dettato dalla presunzione di capire il “gioco”, dall'altra è causa diretta della consapevolezza e della frustrazione di non poter intervenire né cambiare nulla.  Si osserva, si prende nota, tutto rigorosamente da “seduti”, mentre il nostro punto d’osservazione sembra scivolare verso il basso lungo un piano inclinato.

L’altra componente genera uno stato d'animo opposto. Si ha, purtroppo, la spiacevole consapevolezza di essere invece proprio dentro l’acquario e, peggio, si comprende perfettamente di non poter evadere da esso. Questa è la “visione del pesce piccolo”. Il pesce piccolo è permanente in ansia, anche perché si sente un pesce sostanzialmente solitario. Gli sembra di vivere e osservare delle situazioni totalmente assurde e, certamente, vorrebbe quantomeno avere la grazia di una minor consapevolezza. Come per l’osservatore esterno, egli si sente in grado di capire il trend evolutivo dell’ambiente al quale forzosamente si appartiene, ma gli tocca anche prendere atto che la propria oggettiva debolezza finirà per far si che anch'egli sarà trascinato dalla corrente della storia insieme agli altri abitanti dell’acquario senza che si possa fare molto per evitare di finire nei guai insieme e, forse a causa di tutti loro. Da qui discende un irresistibile quanto irrealizzabile desiderio di isolamento e di fuga. Ma dove si potrebbe andare? Purtroppo l’acquario, per definizione, è un luogo piccolo e affollato delimitato da barriere invalicabili, non c’è un angolo, per quanto apparentemente tranquillo dove ci si possa veramente rifugiare e comunque, neppure il mimetismo o persino il dono dell'invisibilità alla lunga servirà a qualcosa!  

venerdì 28 settembre 2018

Manovra e deficit: Dio ci scampi dai populisti! ... qualche ora dopo


Quod erat demostrandum!

Questi gli effetti sulla borsa!

https://www.repubblica.it/economia/2018/09/28/news/borsa_28_settembre_2018-207578910/?ref=RHPPLF-BL-I0-C8-P1-S1.8-T1

Riguardo a questo punto, sono il primo a ribadire che gli scivoloni di borsa non bisognerebbe preoccuparsi troppo purché si tratti di "alti" e "bassi" dovuti alle ansie passeggere del mercato o alla voglia, spesso un po' artificiosa, di creare volatilità e quindi occasioni di guadagno a breve termine.

In questo caso, però, non è il caso di illudersi che queste oscillazioni esprimano solo queste cause.
Il nostro Paese, rispetto ad altri è in crisi, mettiamocelo in testa!  ... o quantomeno, se proprio vogliamo essere ottimisti ad ogni costo e aggrapparci ai risicati segni "più" della nostra asfittica crescita economica, è l'ultimo fra quelli "significativi" in termini di ripresa, questo non da ieri, ma da decadi (in questo l'attuale Governo è sostanzialmente innocente ... Lega a parte, forse!).

Riguardo lo spread poi, le cose sono già molto diverse perché, ricordiamocelo bene, il nostro Stato sul mercato del debito ci deve andare (sennò non copre le sue spese globali) ... e ogni punto di spread in più equivale a maggiori interessi che ci tocca pagare per anni sui nuovi collocamenti!

Tra l'altro il nostro stato di crisi (o di ripresa "asmatica", se preferite) perdura (da tempo) e permane in un momento globalmente difficile e che potrebbe (tocchiamo ferro ... e non solo quello!) dare i natali ad un'ulteriore "sboom" generalizzato. Ad esempio, dall'America, oltre alle notizie trionfalistiche, giungono anche diffusi sussurri iettatori di chi non pensa che le cose vadano esattamente a gonfie vele e che ci sia quantomeno qualcosa di fragile e/o artificioso nell'attuale fase di "massimo" (e si sa che le "altezze" fanno venire le vertigini già di per sé! Con conseguente "voglia" di scendere)! Intanto, per vedere il "gioco", si aspetta la fine sbornia delle elezioni di mezzo termine; nel frattempo ... la Turchia affonda, l'India non ride delle sue sofferenze, la Cina si preoccupa più di un po' delle sue ... Giudicate voi! Ma a me, sembra uno di quei periodi dove si dovrebbe essere più realisti del re e, vista anche la stagione autunnale incombente, "mettere fieno in cascina" anziché rischiare incendiare il fienile!

Il mondo comunque ci osserva pronto a metterci in mora ... anche perché è da parecchio tempo che ci si aspetta da noi qualche soluzione strutturale ai nostri tanti problemi che continua a mancare e che, almeno secondo il mio parere, non assomiglia per nulla al programma economico promosso dall'attuale esecutivo.


Manovra e deficit: Dio ci scampi dai populisti!

La risposta dei mercati alla manovra economica 2018 -2019,

https://www.repubblica.it/economia/2018/09/27/news/def_via_al_vertice_di_governo_bozza_condono_per_cartelle_fino_a_100mila_euro-207527205/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S1.8-T1

non si è fatta attendere:

https://www.repubblica.it/economia/2018/09/28/news/borsa_28_settembre_2018-207578910/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T1

Non che bisogna per forza spaventarsi da quelle oscillazioni che, presumibilmente (speriamo!) sono da ascrivere al novero delle semplici "fiammate speculative", risulta chiaro però che il caso Italia è seguito dagli operatori di mercato e che, quella che potremmo definire eufemisticamente come una certa "nonchalance" da parte del nostro Governo riguardo al tema del deficit, viene giudicata con tutt'altra attenzione dal resto del mondo economico-finanziario.

Non giudico quindi l'ideologia alla base di queste scelte (l'ideale di ridurre la povertà è ammirevole), ma sostengo che, al di là delle ideologie, difficilmente si può evitare di fare i conti con il resto del mondo quando da esso, per molti aspetti si dipende!

La "filosofia" del rigore non è quindi necessariamente la scelta giusta, essa però è almeno "rassicurante" per coloro che investono nel nostro Paese e disattenderla costa letteralmente soldi al contribuente (rappresentati dal plus di spread da pagare!).

La scelta del rigore ha poi anche una fortissima valenza politica interna (ma nessun politico vuole digerire tale concetto "carieristicamente" suicida!). Se si concorda infatti sul fatto che i ceti più poveri della popolazione vadano aiutati maggiormente attraverso un sensibile sostegno economico e maggiori opportunità di lavoro e, contemporaneamente, si vuole anche modernizzare il Paese, si dovrà riconoscere che, a tal fine bisogna reperire nuove risorse da destinare a questi obiettivi. Il vincolo del rigore però costringerebbe a reperire le risorse attraverso una radicale politica di taglio delle inefficienze, degli sprechi e dei privilegi (e magari attraverso una politica fiscale che tocchi patrimoni e redditi elevati) e non facendo invece nuovi debiti!

Amara medicina, difficile da mettere in pratica, questo si sa! Chi ci ha provato o ci provasse a metterla in pratica, in democrazia difficilmente verrebbe ringraziato e, soprattutto, rieletto!
L'alternativa però è quella di cullarsi nelle illusioni ... stampare denaro e/o comunque indebitarsi,  sfondando quindi gli argini che ci vengono imposti e che il resto del mondo ritiene cautelativi, alla lunga (ma spesso anche nel breve) non si può fare! Non è un problema di "fattibilità" tecnica infatti, ma di credibilità ... e a noi, faccio notare, nessuno crede!


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venerdì 21 settembre 2018

Penso che il nostro ministro dell'economia si meriti un po' di stima e qualche incoraggiamento!

Premetto che non avevo idea di chi fosse Giovanni Tria prima che divenisse ministro dell'economia e delle finanze nel governo Conte e ammetto che avevo accolto con un certo (non informato e prevenuto) scetticismo la sua nomina.
Ad oggi però, devo riconoscere come egli stia agendo con gran senso di responsabilità nel cercare di mantenere "a posto" i conti pubblici, reggendo alle non indifferenti pressioni di chi, a mio avviso, riguardo a questi temi si dimostra piuttosto irresponsabile (alludo specificatamente a Di Maio e al M5S).

ad esempio:

https://www.repubblica.it/economia/2018/09/20/news/manovra_tria_rassicura_il_parlamento_misure_graduali_e_nel_rispetto_dei_conti_-206946273/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P5-S1.8-T2

giovedì 20 settembre 2018

Verso Santiago - Seconda puntata (Turisti per caso)


La prima parte dell'avventura sarà più che altro una visita turistica, cogliamo infatti l'occasione per visitare Lisbona, Sintra (nei pressi di Lisbona) e Porto.
Per perfezionare l'allenamento scegliamo di muoverci sempre a piedi, per quanto possibile, prendendo i mezzi pubblici solo quando effettivamente necessario.

LISBONA 19 – 22 agosto

Lisbona, abbarbicata sulle sue “sette colline” (possibile che mettano tutte le capitali su sette colli? Cos'è, una mania?), sicuramente di salite e discese ne ha da vendere.
A mio parere, è "carina" ma manca della maestosità di altre capitali europee; sembra infatti né più né meno una città di mare di media grandezza (alla fine, la popolazione è di circa mezzo milione di abitanti!), di passate glorie marinaresche ormai un po' sbiadite.
Appare a prima vista un po' "scalcagnata" ma famigliare e "solare", direi, molto mediterranea (anche se con quel mare non c’entra nulla posto che è posta lungo l’estuario del fiume Tago con accesso diretto all'oceano Atlantico); quindi, vivace, colorata, un po’ caotica e disordinata.
Se si osserva con più attenzione però, si nota un grosso sforzo in atto per migliorare l’aspetto generale della capitale lusitana; fervono da ogni parte lavori di ristrutturazione edilizia (tornerò su questo punto), mentre la metro funziona che è un piacere (a proposito, hanno quattro linee bene estese! ... Solo in Italia dunque non abbiamo reti adeguate?) e, in base alla nostra esperienza dei giorni seguenti, anche i treni verranno promossi (vecchiotti ma puliti ... parola di pendolare di lungo corso!). Unica pecca evidente all'occhio del turista disattento sembra legata alla raccolta differenziata che pare inadeguata. Essa sembra strutturata sulla raccolta porta a porta che però, in una città torrida, accidentata e tortuosa, finisce per lasciare l’impressione di un certo disordine e favorisce i cattivi odori! (ma niente di tragico, soprattutto rispetto ai nostri standard! … Ben meglio del centro di Roma per intendersi!).

Per il resto, sembra il "meglio" della cultura del sud Europa: "si mangia bene, si beve bene, yeah, yeah!", e se non sei fesso o troppo esigente (le aragoste costano anche lì!) si paga proprio poco (ma “poco” in maniera impressionante!), almeno rispetto agli standard italici… ecco perché è una meta di insediamento di molti nostri pensionati!

... Uscendo dai percorsi turistici però, vagando per il litorale e ficcanasando qua e là, ti accorgi che non tutto e tutti se la passano proprio benissimo! Qualche speculazione edilizia non è proprio andata benissimo nella zona dell’Oceanàrio (molto bello, l’abbiamo visitato!) dove si notano un sacco di case e locali vuoti in vendita e affitto; ma, soprattutto, vedi in giro un certo numero di persone chiaramente indigenti. Niente di drammatico o inatteso soprattutto per una capitale, tanto più che di barboni ne vedi di più nei boulevard a Parigi o sotto i portici da noi, figurati quindi se non te li aspetti a Lisbona! Però, come in ogni luogo, appunto, ... non è tutto rose e fiori!

Sintra è una piccola località vicino a Lisbona. Versione “giocattolo” della reggia di Versailles è un piccolo gioiellino che vale la gita; tipica località turistica dove tutto è lindo, perfetto e un po’ artificioso come se si fosse in Svizzera.
Ci siamo andati in treno (comodissimo, la stazione è pure in pieno centro di Lisbona) e abbiamo visitato sia il “Palàcio National” che si trova non troppo discosto dalla stazione dell’ameno paesello,  sia i due castelli che stanno in cima alla collina: il “castello dei mori” e quello “Da Pena”.
Ovviamente, per arrivare in cima abbiamo scarpinato attraverso il percorso pedonale, bello, ombroso ma un po’ scosceso (diciamo “allenante”!).

Il 22 partiamo, sempre in treno, dalla stazione Oriente alla volta di Porto.

Segue conteggio dei km:
19/09 km 19 Lisbona
20/09 km 28,4 Lisbona
21/09 km 25 (ma molti in salita ... e discesa) Sintra.


PORTO 22 – 23 agosto

Raggiungiamo Porto alla fine della mattina del 22 e arriviamo abbastanza rapidamente nel centro a piedi (siamo alloggiati nel famoso quartiere di Ribeira).

Porto (duecentomila abitanti) si estende lungo il fiume Douro fino all'Atlantico.
Fin da subito mi appare piccola e bella; architettonicamente molto diversa da Lisbona, sembra una città del nord Europa.
Sulla sponda settentrionale del fiume di estende la città vecchia, su quella meridionale si trovano i magazzini di stoccaggio dell’omonimo vino. Ovvio che vale la pena di girovagare da una parte e dall'altra … e così abbiamo fatto, in lungo in largo e fino all'Oceano … andata e ritorno (fra un assaggino di porto (il vino) e l’altro … per riscaldare il cuore pellegrino!).

Segue conteggio dei km:
22/09 km 21,2 Porto
23/09 km 22,1 Porto


QUALCHE NOTA SULL'ECONOMIA:
Tanto per farci un po’ invidia, scopriamo presto che, nonostante il fatto che Porto sia tranquillamente pedonabile (e come il solito collinosa), consta di sei linee di metropolitana (costruite, tra l’altro, fra il 2002 e il 2012!) un vero schiaffo per noi pezzentacci italici!
Il loro ponte di ferro costruito da Eiffel appare solido (nonostante l'éta) e persino moderno (lo dico senza ironia a beneficio dei poveri genovesi e, a proposito della tragedia del ponte Morandi).
Anche qui, non solo turisti da ogni parte, ma è impossibile non notare la selva di gru e i cantieri aperti per le tante ristrutturazioni edilizie soprattutto del centro storico.
A Porto, ancora più che a Lisbona, si nota che il turismo sta facendo da volano per una robusta ripresa del settore delle costruzioni.
Tra l’altro, per chi è al corrente della cosa, se si fanno delle spese si notano anche gli effetti della recente riforma fiscale che, permettendo ampie detrazioni (solo per i residenti ovviamente), invita a richiedere ricevute e a mettere il proprio NIF (numero identificativo fiscale) in ogni transazione (acquisti di biglietti per il trasporto pubblico inclusi).
Un po' impressionato da tanto apparente dinamismo, in serata comincio a fare qualche ricerca su internet perché questo Portogallo che vedo proprio non si accorda con l’immagine che avevo di un Paese sonnacchioso del “terzo mondo” d’Europa, appartenente alla non invidiabile schiera dei PIGS (ovvero, club dei “maiali”, secondo la definizione dei nostri snobbini cuginetti anglosassoni … al quale, ovviamente appartiene anche l’Italia, insieme a Grecia e Spagna!), messo in mora dalla UE e beneficiario nel 2011 di un prestito consistente per evitare la bancarotta.
Provate quindi a digitare in rete “portogallo ripresa economica” e leggetevi un po’ articoli … poi piangete pure perché, in realtà, il famoso “terzo mondo” d’Europa è appannaggio del Bel Paese e a noi, appunto, non ci resta veramente che piangere! Risulta chiaro, infatti, che non è tanto un problema di governo attuale; se si guarda al presente e al passato (diciamo dai famosi anni novanta e forse persino ottanta in poi) fra: Berlusconi, Prodi, Monti, Renzi o Salvini e Di Maio … destra, sinistra, centro o non si sa neppure più che! Siamo impantanati da quasi mezzo secolo di cronica incapacità di espressione di una classe politica competente e in più, pare pure che non siamo neppure tanto bravi a tirarci su le maniche a prescindere dai nostri fantastici leaders! Siamo i veri falliti morali (e poco ci manca “materiali”) d’Europa!

Ad esempio (ma ne troverete a decine!):



Intanto qualche statistica:
-          Crescita superiore al 2% (più del doppio dell’Italia).
-          Deficit inferiore al 2% (meglio della Germania!).
-          Disoccupazione al 8,9% (media area euro 9,1, da noi è il 10,9).
-          L’orario di lavoro è ritornato a 35 ore (era stato portato a 40 come misura anticrisi, poi però il governo di centro sinistra ha ripristinato il limite una volta sistemati i conti! Da noi il limite è 40 ore.).
-     Gli stipendi dei dipendenti pubblici sono stati rialzati dopo il loro abbassamento a seguito delle misure anticrisi.
-   Governo stabile (incredibile se si pensa che si tratta di una coabitazione fra socialisti e comunisti … da noi il centrosinistra è cronicamente malato di balcanizzazione!).

… ma perché noi italiani dobbiamo sempre vergognarci? Non bastavano gli svizzeri? Non erano sufficienti i tedeschi? … adesso pure i portoghesi! Dico … i PORTOGHESI!

Con questo senso di vergogna legato alla mia condizione inalienabile di italianità sono ora veramente pronto ad affrontare il cammino "penitenziale" verso Santiago!

martedì 11 settembre 2018

Verso Santiago - Prima puntata (Preparazione)

A me piace camminare quindi, dopo un po' di vacanze al mare in nome della "sacra famiglia" era tempo di cambiare; anche perché, con i figli ormai adolescenti, in tema di vacanze siamo ormai genitori a mezzo servizio; già il "grande" (17 anni) dei nostri due fanciulli “vola da solo", al "piccolo" (13 anni) tocca invece seguirci volente o nolente! Pare però che, in questo caso, aderisca volontariamente al progetto (forse perché l'alternativa era la vacanza in campagna con la nonna?), vedremo come andrà a finire!

Dunque, l’idea è quella di cominciare da un progetto collaudato, una cosa semplice e una meta sicura, ben tracciata e servita e, se vogliamo, persino trendy ... decidiamo quindi di fare rotta per Santiago, in Galizia nel nord della Spagna, faremo, come tanti, i “pellegrini” lungo uno dei percorsi di Compostela!

Scegliamo la variante portoghese … perché? Intanto perché il Portogallo è per me un po' un oggetto misterioso ... ma anche perché si dice che sia il tratto meno di "moda" fra quelli di moda ... e io, in fondo (mica tanto "in fondo") sono misantropo e un po’ temo di imbattermi effettivamente in carovane di camminanti autoflagellanti e oranti le glorie del Signore!
Ok camminare nei boschi (possibilmente da soli) ma niente tipi “strani” per favore!

PREPARAZIONE
A parte quella "fisica", che comunque avrei fatto comunque, io non ho proprio fatto nulla! Anzi, ho avuto la scusa per correre un po’ di più e per passeggiare un po’ più a lungo. La mia logistica si sarebbe quindi limitata alla prenotazione del viaggio di sola andata verso Lisbona e alle notti nella capitale portoghese! Mia moglie, fortunatamente invece, odia gli imprevisti e l'azzardo e, di conseguenza, ha discusso con più di un “pellegrino” (ne spuntano da tutte le parti fra conoscenti e colleghi) le complicazioni e i benefici dell’impresa e ne è uscita con una pianificazione scientifica di tutto l’equipaggiamento e con una rotta precisa che comprende anche i pernottamenti. Viaggeremo sapendo che alla fine di ogni tappa ci attende un tetto sopra la testa fino a Santiago e solo sul volo di ritorno lasciamo la data aperta (ma anche questo residuo spazio all’ignoto verrà presto chiuso nel corso del cammino).
Meglio così, bello avere già la "pappa" pronta ... io però non avrei perso tutto quel tempo!

NOTE:
Effettivamente se si è in condizioni fisiche accettabili non è necessaria alcuna preparazione specifica, detto ciò, qualche camminatina preventiva finalizzata quantomeno al test dell’attrezzatura (in sintesi le scarpe!) sarebbe raccomandabile.
Detto in altre parole, almeno per gli scettici, basta ricordarsi che la “fede” può anche aiutare molto in termini di motivazione, sicuramente però un po’ di “fondo” contribuisce a rendere il tutto assai piacevole e non eccessivamente penitenziale!
Raccomando però l’acquisto di una guida aggiornata del percorso per i seguenti motivi:
-     Le guide propongono già delle tappe a “misura” di persona normale, tanto che, chi veramente è in forma può fare tranquillamente due tappe in una (mia moglie non sarebbe d’accordo, mio figlio sì!).
-     Il percorso è in continua evoluzione e quindi è bene rimanere informati riguardo ai nuovi tratti e deviazioni che, spesso, sono approntate apposta per evitare i punti più “brutti” (paesaggisticamente parlando) o pericolosi (tratti trafficati) del tragitto.

venerdì 17 agosto 2018

Strade, autostrade ... e non solo "strade". Concessioni, monopoli, utili e investimenti


Al di là delle cause e dalle polemiche, il crollo del viadotto Morandi di Genova dovrebbe fare riflettere sul fatto che moltissime delle nostre infrastrutture risalgono agli anni sessanta - settanta del novecento e, pertanto, cominciano ad essere insicure, obsolete o quanto meno inadeguate. 

Mi chiedo (retoricamente) se la nostra classe politica stia prendendo atto del problema e se ha all'ordine del giorno qualche studio e/o soluzione per affrontare strutturalmente tale situazione ..., già mi viene da ridere!

Quello che è certo, infatti, è che serviranno ingenti risorse per adeguare le infrastrutture esistenti alle esigenze attuali e future e, magari, per farne di nuove.

Altrettanto "certo" che si sarebbe dovuto tenere conto di tali esigenze di "sostituzione" nei meccanismi di accordo di concessione ai privati che sono stati instaurati in passato (esattamente come è "certo" che ciò non è stato fatto se non molto parzialmente!), tutto ciò però, è già acqua passata, a meno delle responsabilità civili e penali che, quelle sì, speriamo vengano doverosamente accertate (evitando però, possibilmente, la ricerca del colpevole ad ogni costo!). 

Per il futuro, sarebbe però quanto meno auspicabile fare tesoro dell’esperienza passata e prendere spunto da essa per stipulare migliori accordi per le concessioni che prevedano possibilmente piani di mantenimento, migliorie e sviluppo di tali rendite di posizione, tenendo anche presente, tra l'altro, che le concessioni sono dei monopoli concessi ai privati e che tale pratica non deve essere data necessariamente per scontata.

Sembrerebbe infatti che il business delle concessioni abbia forse eccessivamente favorito i titolari delle stesse; nel caso specifico, per dare un'idea di ciò che intendo, cito un articolo del Post (fonte che spero sia "accurata") che in un suo pezzo intitolato: "Cosa c'entrano le concessioni autostradali con il ponte Morandi?"(https://www.ilpost.it/2018/08/15/autostrade-benetton-ponte-morandi-genova/), ricapitola un po’ l’intera vicenda delle concessioni autostradali e riporta:

"... Dopo una serie di fusioni e consolidamenti, nel 2002 la società divenne Autostrade per l’Italia, un colosso che oggi fattura 4 miliardi di euro all'anno e produce 900 milioni di euro di utile per il suo azionista, la società Atlantia, ...”.

Ora … posto che il dato riportato sia accurato, riconosco come esso, di per sé non sia effettivamente insufficiente per formulare giudizi perché poco dice riguardo ai meriti di Atlantia in termini di capacità organizzativa e di efficienza; detto ciò, calcolatrice alla mano, 900 milioni/4 miliardi fa a casa mia 22,5% che, così a prima vista e con le dovute cautele, mi sembra un margine un tantino eccessivo da lasciare a chi, in sostanza, si è accaparrato un monopolio costruito con i soldi pubblici!
In sintesi, bravi loro e fortunati i loro azionisti … rimane però il dubbio che, da parte pubblica, si potessero spuntare condizioni migliori, o magari, rivedere nel tempo gli accordi o ancora, perché questo è il punto, costringere i titolari di concessioni a maggiori investimenti.

Attenzione poi che oggi si parla delle concessioni per le strade, ma di rendite monopoliste lo Stato ne concede parecchie, ad esempio, acqua, treni, frequenze radio, telefoniche, televisive, ecc.

ci sono quindi molte "strade"  che portano a Roma!

Magari pensiamoci per “un domani”?

Recensione: Marx e la follia del capitale


“Marx e la follia del capitale”, titolo originale: “Marx, Capital and the madness of economic reason”, di David Harvey, traduzione di Virgino B. Sala, edizioni Feltrinelli, ISBN: 978-88-07-10534-0.

David Harvey, economista dichiaratamente marxista, continua la sua profonda rivisitazione e il recupero del pensiero e degli scritti di Karl Marx cercando di mettere in evidenza e trasporre in chiave moderna tutte quelle contraddizioni del sistema capitalistico che, a suo dire, erano già presenti allora nel pensiero del pensatore ottocentesco.

Sicuramente il titolo in lingua originale, rispetto a quello tradotto in italiano, rende maggior giustizia alle ragioni dell’Autore; Harvey è effettivamente molto convincente nel rilevare alcuni aspetti del nostro sistema economico che, a ben vedere, appaiono assurdi nonché, alla lunga, forse insostenibili.  C’è una contraddizione intrinseca legata all’accumulazione della ricchezza, alle sue ragioni e finalità e alle sue conseguenze a lungo termine; altre sono legate ad altre caratteristiche del capitale, alla sua continua necessità di espansione e di superamento delle barriere fisiche e temporali oppure ancora, esiste un contrasto evidente fra le figure del lavoratore da un lato e del consumatore dall’altro o fra il capitale inteso come valore o come fattore produttivo … I nodi non mancano e, queste frizioni emergono continuamente sotto forma di crisi, inefficienze e discontinuità del sistema (non è forse una coincidenza che l’Autore, forse con un po’ fortuna, citi la Turchia!). Semmai la vera questione ruota intorno alla domanda di chi si chiede se il sistema capitalistico sarà sempre in grado (come è avvenuto fino ad ora) di superare tali contraddizioni e rinnovarsi, rispetto a chi scommette, spera o paventa che ci si stia avvicinando sempre più ad una fase critica che finirà per far implodere l’intero meccanismo.

Al di là di ciò che si pensa di capitalismo e marxismo, ne viene fuori l’ennesimo saggio interessante ancorché non sempre agevole e “digeribile”, che sicuramente contiene elementi e spunti convincenti e da tenere presenti.

Strano destino quello di Marx! Comincio a pensare che, una volta seppellito e dimenticato il comunismo, possa essere adottato un po’ a 360° da tutti coloro che criticano il sistema. Potrebbe quindi diventare sia un’icona “liberal” della “middle class” come trovare nuovi ammiratori fra i “sovranisti” e, persino fra i neo conservatori nazionalisti! 
   
Molto völkisch, in sintesi (e paradossalmente 😊, 😊)!

lunedì 13 agosto 2018

A sostegno dei vaccini ... ma che noia!


... e, soprattutto, perché si deve perdere tempo a discutere di tutto ciò nel terzo millennio?

Tutta questo parlare di vaccino, di obblighi, di libera scelta, ecc. mi appare non solo ridicolo, ma francamente noioso. 

... per non parlare dei NoVax, che c'è da chiedersi se sono "veri" o parto di una qualche fabbrica di Troll post sovietica!
Ma chi sono?  L'ennesima nuova tribù di selvaggi che, come altri "signor distinguo" ci tocca di dover ascoltare e sopportare per mal indirizzato "spirito democratico" invece di lasciarli alle "cure" del Grande Inquisitore?

Ora, non entro nel merito sui sedicenti rischi delle vaccinazioni, infatti non sono un medico e, pertanto, ritengo di non essere abbastanza competente in materia (posso al più vantare la discendenza diretta da un pediatra, vaccinista convinto!). A me sembra però che la comunità scientifica sia abbastanza compatta nel giudizio su rischi e benefici e, a meno di qualche personaggio discutibile e secondario, sia favorevole alle campagne di vaccinazione. È anche abbastanza noto che il problema della profilassi non sia solo un problema di scelte personali, ma anche di “copertura” e, pertanto, anche ove esista qualche possibile correlazione con fattori di rischio individuali, questi sia “compensati” da un minore “morbilità” e mortalità a livello della società vista nel suo insieme. Detto in sintesi, vaccinarsi forse ci fa correre qualche rischio (ma li corriamo, ad esempio, anche quando ingeriamo antibiotici!), ma tende a proteggere, oltre a noi stessi, anche chi ci sta intorno.

Per altro, è ovvio che anche l’approccio favorevole ai vaccini non debba essere dogmatico; è giusto che la comunità medico-scientifica dibatta il tema, migliori le formule, continui la ricerca e discuta, anche pubblicamente di eventuali effetti collaterali delle cure; lasciamo però che siano loro e non un esercito di ciarlatani o, peggio ancora “il popolo bue” (al quale in sintesi apparteniamo tutti noi “non medici”) a decidere di una questione che non ha proprio senso affrontare in assenza di conoscenze specifiche. In questi casi, infatti, se si è profani bisogna semplicemente “fidarsi”! Esattamente come ci fidiamo che un ingegnere abbia fatto correttamente il calcolo del cemento di casa nostra, o che il nostro panettiere non panifichi giornalmente con farina contaminata la nostra baguette!

Finiamola con il buonismo da quattro soldi e con la tolleranza verso tutte le opinioni anche le più idiote e ripartiamo innanzi tutto dal rispetto delle regole e dal ruolo dell’autorità, che non è quello di dar voce e scelta per forza a tutti su ogni tema possibile, ma è quello di tutelare il più possibile la collettività nel suo insieme, persino, in casi estremi, contro il volere di singoli suoi componenti. Dunque, se vaccinarsi è un obbligo “sociale” per accedere a certi luoghi pubblici, oltreché sanitario, bisogna fare in modo che i soggetti siano messi in regola con le buone o con le cattive e, esattamente come se si evade l’obbligo scolastico, si finisce per ricevere la visita dei carabinieri, nello stesso modo deve essere trattato chi è vaccino-renitente!

Chiaro, poi, ad esempio, che se si permette a chi è contrario ai vaccini di “autocertificarsi” e fa di tutto ciò un moto quasi religioso, non ci si potrà poi aspettarsi veramente che questi non sia, come minimo, tentato a produrre un falso! E’ evidente quindi che non basta un pezzo di carta ad attestare la vaccinazione, ma essa va fatta e registrata sotto stretto controllo pubblico come in effetti avveniva ai bei “vecchi tempi” (sono nato nel 1965) dove il benemerito “ufficio d’igiene”, a spese del sistema sanitario, vaccinava tutto e tutti registrando l’operazione a futura memoria e per futuri richiami, in più di un caso, effettuando direttamente la campagna nei corridoi delle scuole; “tutti in fila, braccio sinistro scoperto … e una buona dose non si nega a nessuno!”.

venerdì 20 luglio 2018

Recensione: Casapound Italia. Fascisti del terzo millennio


“Casapound Italia. Fascisti del terzo millennio”, di Elia Rosati, edizioni Mimesis, ISBN 978-88-5754-692-6.

Casapound rappresenta attualmente la formazione neo-fascista più solida e in sviluppo fra i diversi movimenti di estrema destra del panorama italiano, vantando allo stesso tempo legami e seguito consistenti e crescenti anche all’estero. Tutto ciò, in un trend che vede aumentare costantemente, soprattutto fra i giovani, ma anche fra i disillusi e i marginalizzati, il consenso verso le formazioni neo fasciste e neonaziste, in un clima politico, economico e sociale che, per certi versi, richiama situazioni degli anni trenta del novecento
Vale quindi la pena di cercare di capire da dove vengano, come agiscano, perché abbiano successo, chi sono, cosa vogliono e cosa pensano questi, spesso giovani, militanti.

A questo fine, per i curiosi, o, più semplicemente, per i genitori di giovani studenti può valere la pena cominciare a capire tutto ciò da questa bella ricerca di Elia Rosati, che spiega tante cose…



Recensione: Il duello dei neurochirurghi – Il cervello: una storia di traumi, medici e follie


“Il duello dei neurochirurghi – Il cervello: una storia di traumi, medici e follie”, titolo originale: “The Tale of the Duelling Neorosurgeons. The History of the Human Brain as Revealed by True Stories of Trauma, Madness and Recovery”, di Sam Kean, traduzione di Luigi Civalleri, edizioni Adelphi, ISBN: 978-88-459-3217- 5.

Altro bellissimo libro scientifico di Sam Kean che in questo caso tratta del cervello umano, del suo funzionamento e dei suoi tanti possibili disfunzionamenti.

La spiegazione si svolge in modo chiaro e progressivo. Si parte dai “semplici” ma meravigliosi meccanismi di trasmissione elettro-chimica fra singoli neuroni per poi addentrarsi sempre di più nelle funzionalità più complesse: connessioni, funzionamento dei sensi e del circuito nervoso; per addentrarsi infine nella modalità di costruzione e memorizzazioni del pensiero, nel funzionamento della mente e sulla formazione della coscienza.

Tutto spiegato partendo dalla storia delle ricerche medico-scientifiche e dalle osservazioni dei pionieri della materia, spesso condotte studiando casi e sindromi tragiche, grottesche o anche solo bizzarre; a cominciare dall'evento parafrasato nel  titolo del libro che allude alle discussioni fra “dotti” riguardo alle condizioni del re di Francia Enrico II°, feritosi all'occhio durante una giostra cavalleresca e perito dopo un lunga ed allucinatoria agonia, per attraversare il tempo e gli eventi, spesso cruenti delle guerre dell’ottocento e del novecento con tutto il loro carico di mutilati, feriti e traumatizzati, per giungere infine ai giorni nostri e alle recenti scoperte sul funzionamento – malfunzionamento  di vaste aree del nostro cervello.

Semplicemente bellissimo.

Da non perdere, del medesimo Autore:
“Il Pollice del violinista” 9788845930607 e, l’ancor più bello “Il Cucchiaino scomparso” 9788845927355

mercoledì 18 luglio 2018

Recensione: Le tre del mattino


“Le tre del mattino”, di Gianrico Carofiglio, edizioni Einaudi, ISBN 978-88-06-23607-6.

Per “forza maggiore”, un padre cinquantenne e un figlio adolescente, “ovviamente” risentito e ribelle, sono costretti a condividere due giorni e due notti insonni nella Marsiglia dei primi anni ottanta del novecento.

Ne verrà fuori una reciproca riscoperta, forse un po’ scontata, abbondantemente irrealistica (visti gli incontri e la situazione in genere!) ma comunque divertente e toccante.

A me è piaciuto molto, forse perché è l’immagine del genitore che ne esce rafforzata agli occhi del figlio … ma io sono di parte, in quanto (guarda caso) padre cinquantenne di un paio di figli maschi, invero un po’ meno problematici del protagonista, ma pur sempre adolescenti!

Debito pubblico: Come uscirne secondo Carlo Cottarelli


Devo ammettere di essere un fan di Carlo Cottarelli. Ovviamente, l’avrei visto volentieri a capo di un governo tecnico, ipotesi purtroppo sfumata in seguito all'accordo fra Lega e M5S (in fondo anche giusto, posto che hanno vinto le elezioni!).

In questo articolo egli riassume la sua “ricetta” per avviare un percorso di riduzione del debito pubblico.

Come al solito, trovo la sua proposta seria e credibile:


giovedì 12 luglio 2018

Decreto dignità: un'opinione


Non sono allineato su molte delle iniziative dell’attuale Governo in carica, a parer mio però, il decreto sul lavoro e, in particolare, la parte che innalza le indennità di licenziamento (per i casi illegittimi) va nella direzione giusta!

… per altro, personalmente sono anche abbastanza favorevole alla reintroduzione dei “Voucher”.

“dare a Cesare ciò che è di Cesare”, quindi!


venerdì 6 luglio 2018

Italiani brava gente!

Qui trovate solo due esempi di articoli di giornali che ormai incontri continuamente su tutti i quotidiani (quelli "normali" intendo):​

http://torino.repubblica.it/cronaca/2018/07/05/news/_insulti_nel_metro_di_torino_alla_donna_col_velo_cosi_ho_visto_il_razzismo_da_vicino_-200973671/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P5-S3.4-L

http://genova.repubblica.it/cronaca/2018/07/05/news/alassio_il_cane_razzista_che_ringhia_ai_neri_e_l_idolo_della_spiaggia-200965682/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P5-S3.4-T1

Ci sarebbero ovviamente manifestazioni più gravi di razzismo delle quali preoccuparsi, questi però li trovo casi particolarmente interessanti perché possono essere considerati "fatterelli di ogni giorno" e denunciano chiaramente un trend che mostra come il razzismo non solo non venga più percepito dall'"uomo della strada" come un fatto del quale vergognarsi, ma anzi,  esso è ormai dilagante, completamente sdoganato, accettato, proclamato a gran voce e direi infine, persino trendy!


Niente mi ricorda di più la cosidetta "banalità del male" alla quale faceva riferimento Hannah Arendt per il caso del nazista Eichmann di questi piccoli episodi di "colore", per alcuni, persino umoristici, della nostra cronaca quotidiana.

venerdì 22 giugno 2018

Recensione: Amianto – Processo alle fabbriche della morte

“Amianto – Processo alle fabbriche della morte”, di Giampiero Rossi, edizioni Melampo, ISBN 978-88-89533-68-0.

Con una particolare enfasi posta sulle vicende dello stabilimento Eternit di Casale Monferrato (prov. Di Alessandria), il libro ripercorre la storia del processo intentato a Torino nel 2009 contro i vertici del gruppo aziendale, ritenuti responsabili della condotta volutamente inadeguata nell’opera di informazione e prevenzione contro i rischi dell’amianto.
La vicenda giudiziaria arriverà ad una prima conclusione nel corso del 2012 dove verrà emesso un pesante verdetto di condanna nei confronti dei convenuti, Stephan Schmidheiny e Louis De Cartier de Marchienne, per “disastro ambientale doloso e permanente”. Il processo avrà poi una coda successiva in Appello nel 2013 che porterà ad un’ulteriore aggravio delle pene nei loro confronti, ma si concluderà nel 2014 con una sentenza della Corte suprema di cassazione che annullerà sia le pesanti condanne, sia i risarcimenti previsti per le parti in causa per l’avvenuta prescrizione dei reati commessi.

Libro molto bello che racconta non solo la vicenda giudiziaria attraverso le vicende personali, spesso purtroppo tragiche, dei promotori della causa e dei loro famigliari ma che ripropone anche la storia e la parabola dell’eternit, la mescola di cemento e fibre di amianto brevettata nel 1901 per le sue caratteristiche e proprietà innovative poi però risultata micidiale per i suoi effetti collaterali sulla salute e per questo bandita in moltissimi paesi (in Italia la commercializzazione è cessata nei primi anni novanta).

Altra piccola pepita del Salone del Libro di Torino edizione 2018 nella parte dedicata ai piccoli editori (ma i “grandi” editori certi temi non li toccano mai?)!

NOTA:
Per chi fosse interessato alla vicenda in sé, penso che sia ancora in corso il processo cosiddetto “Eternit bis” avviato nei confronti di Stephan Schmidheiny. Louis De Cartier de Marchienne è invece morto nel 2013.


mercoledì 6 giugno 2018

Recensione: Un’Odissea. Un padre, un figlio e un'epopea


“Un’Odissea. Un padre, un figlio e un'epopea”; titolo originale: “An Odyssey. A Father, a Son, and an Epic”, di Daniel Mendelsohn, traduzione di Norman Gobetti, edizioni Einaudi, 978-88-06-23148-4.

Un anziano ex professore di matematica da sempre (anche) appassionato di discipline umanistiche decide di seguire il seminario universitario sull’Odissea tenuto dal figlio, ormai anch’egli maturo professore di letteratura greca.
Il figlio acconsente, seppure perplesso; conosce il carattere del padre: logico, spigoloso, rigoroso, cocciuto, trasandato e asociale, in sintesi … “Un duro” spartano burbero, fedele e un po’ goffo, nato e cresciuto nel Bronx fra le due guerre mondiali da una famiglia modesta e elevatosi socialmente grazie a tenacia e qualità intellettuali … quasi un’antitesi rispetto al “nobile”, più sfuggente, sfaccettato, non sempre coerente, spesso bugiardo Odisseo.
L’eroe omerico e l’anziano “guerriero” non sono fatti per amarsi a prima vista … “Non è un eroe!” sosterrà, infatti, più volte (spesso, a parer mio, non a torto) l’anziano signore nel corso del seminario.

Il corso si svolge fra i timori del figlio e le “piazzate” spesso imbarazzanti del padre, che, tra l’altro, tendono a far presa sui giovani studenti; procedendo, l’Autore, recupera episodi della propria infanzia e della vita del padre mentre si dilunga nella descrizione di diversi passi dell’opera omerica, dando al lettore la possibilità di riprendere arricchire e approfondire la propria conoscenza dell’Odissea con fatti, spiegazioni e curiosità di indubbio interesse.
Nel frattempo, risulta anche chiaro che, il figlio, prima quasi inavvertitamente, poi sempre più consciamente ha cominciato la sua personale Telemachia, il viaggio di riscoperta della figura paterna.

Al seminario segue una vera e propria crociera di padre e figlio nel Mediterraneo, sempre sulle tracce di Ulisse ovviamente.
In quel frangente la reciproca riscoperta si approfondisce e, incidentalmente, almeno per il sottoscritto che le ignorava, emergono da questa bellissima opera altre perle, quali ad esempio, la poesia “Itaca” del poeta Costantino Kavafis e “Ulysses” di Alfred Tennyson.

La scomparsa del padre, che avviene poco dopo la conclusione della crociera, non ferma e forse accentua nell'Autore il desiderio di svelare e, direi io, riconciliarsi completamente con la figura paterna; quindi, sempre sulla falsa riga della “vera” Odissea, egli continuerà le sue indagini presso i famigliari, gli amici e i conoscenti.

A mio avviso, l’Autore troverà infine tutte le sue risposte e l’impresa si concluderà con un successo che rafforzerà l’immagine di entrambi, padre e figlio.

Tutto molto bello!    


lunedì 28 maggio 2018

Mattarella e l'"Elogio della "Mitezza"

La gestione fatta fino ad ora dell'attuale situazione politica da parte del Presidente della Repubblica Mattarella merita, a mio avviso, un elogio perché associa ragionevolezza a fermezza di fronte a quelle che sembrano promesse elettorali insostenibili e programmi politici incongrui.

Trovo che al Presidente, in questo momento, si addica la definizione di "Mite" nell'accezione proposta dal filosofo Norberto Bobbio nel suo "Elogio della Mitezza".

Bravo Presidente!

... spero anche, che si concretizzi la proposta in favore di Carlo Cottarelli, persona che ritengo seria, preparata ed adatta al compito attuale.

venerdì 25 maggio 2018

Recensione: Le Case Ina di Corso Sebastopoli 1957-2017. Sessant’anni di vita nella periferia torinese, storia e testimonianze


“Le Case Ina di Corso Sebastopoli 1957-2017. Sessant’anni di vita nella periferia torinese, storia e testimonianze”, Giancarlo Libert, edizioni Atene del Canavese, ISBN 978-88-97613-48-0.

Nel dopoguerra e fino agli anni settanta del novecento Torino, come altre città italiane, fu investita da un intenso flusso migratorio che portò ad un radicale cambiamento del paesaggio urbano.
Fra le varie iniziative finalizzate a sopperire alla grande “fame” di case e, al preciso scopo di incrementare l’occupazione nel settore edilizio venne emanata la legge 26/11/1955 n. 1148 "Proroga e ampliamento dei provvedimenti per incrementare l'occupazione operaia agevolando la costruzione di case per i lavoratori" (fonte: wikipedia) nota anche come “Piano Fanfani” in nome dell’allora ministro del Lavoro che se ne fece promotore.

Tema del libro dunque, è quello di raccontare la storia della realizzazione di alcune di queste iniziative edilizie che, a Torino, diedero origine ad interi quartieri.

Bel libro, di quelli che puoi solo trovare in manifestazioni come il “Salone del libro” di Torino girando fra gli stand dei piccoli editori in cerca di fatti curiosi.

L’Autore fornisce un bel quadro che, oltre a descrivere la geografia e la storia dei luoghi che furono oggetto delle diverse iniziative edilizie, spiega le ragioni e i vincoli delle scelte architettoniche e si sofferma sugli aspetti umani dell’intera vicenda parlando un po’ di tutti; i grandi protagonisti e promotori dell’impresa, fino ai semplici abitanti dei nuovi quartieri attraverso i loro ricordi.

Ne emerge una storia affascinante e di successo che, a distanza di tanti anni e, tenendo anche presente la realtà del nostro Paese, appare quasi straordinaria.

Confesso anche che quest’opera ha contribuito a farmi comprendere alcuni aspetti della città che non conoscevo e ora,  vedo quei quartieri e quelle stesse costruzioni con un occhio diverso.


venerdì 18 maggio 2018

Contro la flat tax




I due articoli citati parlano della cosiddetta “flat tax”, cioè dell’ipotesi di applicare due sole aliquote fiscali per i redditi famigliari (cumulo fra i coniugi, quindi in questo caso!).
In sintesi, fino ad un reddito complessivo di 80 mila euro si pagherebbe un’aliquota del 15% e, sulla parte eccedente tale soglia il 20%.
Ci sarebbero poi (è vero!) dei correttivi che “premiano” un pochettino i redditi bassi (es. fino a 3000 euro per ogni famigliare a carico) e che si esauriscono a mano a mano che sale il reddito, in sintesi però (si veda la tabella riassuntiva apparsa nell'articolo de “La Voce”), i redditi alti sarebbero largamente avvantaggiati.

Dimostrato ciò, c’è pochissimo (o moltissimo) altro da aggiungere …

Ma dove stiamo andando?
 Dove stanno i concetti di “progressività” riportati persino nella nostra Costituzione? Che, nell'art. 53 recita:

“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.”.

Dove stanno i concetti di “redistribuzione” delle risorse e, soprattutto, dove si pensano di trovare le ingenti risorse necessarie, stimate in 50 miliardi nell'articolo di Repubblica, se non tagliando molte delle attuali forme di assistenza?

Anche chi si trovasse dalla parte dei potenziali “vincenti”, non può che constatare come questo genere di riforme ci porti sempre più verso forme di diseguaglianza insostenibili, problema e fenomeno che è già in fase di accentuazione oggigiorno persino senza che vengano introdotti tali tipi di manovra fiscale che, personalmente,  non posso che definire come “sinceramente idioti”!

Cari amici pentaleghisti, ma non si dovrebbe andare esattamente nella direzione opposta?
Ma avete letto un po’ di quanto predicano ultimamente economisti come: Stiglitz, Piketty, Krugman, Atkinson (tanto per fare qualche nome noto!) … e tanti altri, che non fanno che sgolarsi invocando riforme (spesso incentrate proprio su manovre fiscali) che riducano anziché ampliare tali divergenze?
… E non solo in nome di più o meno condivisibili condizioni di equità ma in funzione di una correlazione ormai abbastanza dimostrabile fra la crescita delle disuguaglianze ed il progressivo peggioramento dello stato di salute della Democrazia stessa?
Possibile che crediate ancora al contro-intuitivo e falsissimo dogma della “Trickle-down economics”? Che, detta in poche parole si basa sul mito che detassando i ricchi si producano effetti positivi su investimenti e sviluppo (questo però solo "nel lungo termine" :-)).

Vacche grasse nel “Lungo termine” per tutti? È dunque questo il programma?
Se questo è l’obiettivo, già Keynes rispondeva: Ma questo lungo termine è una guida fallace per gli affari correnti: nel lungo termine siamo tutti morti”!

Ohi, ohi! Posto che si parta, si parte male!