venerdì 2 settembre 2016

Fertility Day, pensioni, previdenza, migranti ... e tante altre cose che vorreste capire meglio!


In Italia infuria la polemica sul “Fertility day”, mentre in Danimarca è stata condotta una campagna (di successo, pare!) finalizzata alla procreazione. In realtà, un po’ in ogni parte nel “vecchio occidente si predica e si incita per un aumento del tasso di natalità, non c’è dubbio servono più bambini …, sotto sotto “bianchi” preferibilmente, ma questo, per pudore non viene detto J!
Ma non siamo già circa sette miliardi? Non dovremmo semmai pianificare e, magari, tendere a divenire un po’ meno?
Non scherziamo, questi sarebbero discorsi da babbei che veramente credono che ciò che conti non sia solo spiegabile dagli indicatori di crescita economica. In particolare, tutto questo da fare è, ovviamente, e soprattutto orientato a scongiurare il gap demografico che vede la presenza percentuale degli anziani ampliarsi sempre più a scapito delle nuove generazioni … un bel problema! E perché? (pongo la domanda perché ho già 50 anni … non vorrei, in effetti, cominciare a costituire un “problema” per la società in cui vivo).
A parer mio, in questa vicenda siamo presi tutti quanti in giro, giovani, meno giovani e anziani. Cercherò ora di portare qualche elemento per spiegare il perché.
I temi sul tavolo sono fondamentalmente due, dei quali uno sbandierato e l’altro sottaciuto.
Il tema sempre citato fa leva, come è noto, sull’equilibrio del welfare e, in particolare del sistema pensionistico (non parlerò invece, e forse si dovrebbe, di quello sanitario!); i vecchietti campano troppo (mannaggia a loro!) e i giovani sono troppo pochi (ma comunque troppi per avere tutti un lavoro!); così, diamine! Lo capirebbe chiunque,  il sistema non regge finanziariamente.
Eh????
Apparentemente il ragionamento non fa una grinza. In realtà “grinze” e “pecche” ce ne sono eccome in questo modo di pensare che nasconde la mancanza di volontà e l’incapacità dei governi andati e presenti di gestire un gravissimo errore strutturale di natura finanziaria che nasce dal passato, quando i sistemi pensionistici, anche e soprattutto per ragioni politiche, o meglio, elettorali, non erano basati su sistemi contributivi, ma distribuivano denaro in funzione, non tanto dei versamenti dei contribuenti, ma degli ultimi (e più alti) stipendi in vigore al termine dell’attività lavorativa. A questo poi si aggiungevano e si aggiungono altri oneri addossati al sistema pensionistico: in passato, vantaggi riservati soprattutto ai dipendenti pubblici ai quali si permetteva di pensionarsi ancora in età giovanissima, godendo di fatto, di rendite magari non elevate ma comunque semi-eterne; c’erano poi pensioni sociali distribuite con “largesse”, sussidi di disoccupazione, casse integrazioni ed altre prebende tutte distribuite a piene mani attingendo alle casse che si dovevano occupare di “previdenza” e non di “assistenza” e fu così che “prendi – prendi”, alla fine si è creata una montagna di debiti da pagare!
Intendiamoci subito! È giustissimo che uno Stato civile si occupi sia di garantire le rendite pensionistiche dei lavoratori, sia di gestire tutte le altre forme di rendita (pensioni sociali, assegni di integrazione dei redditi, assegni di invalidità, ecc.) e gli ammortizzatori sociali (sussidi di disoccupazione, cassa integrazione, ecc.), ma è strutturalmente sbagliato mescolare il frutto dei contributi dei lavoratori (di fatto comparabile a dei programmi personali di rendita e risparmio finanziario) agli altri interventi di assistenza che, ovviamente, non vanno fatti attingendo alle casse previdenziali ma che vanno gestiti sotto responsabilità dei governi in carico quando e se ci sono i denari per sostenerli, indebitandosi magari, perché no! Se questo è necessario, ma sempre distinguendo chiaramente le scelte e le finalità e, soprattutto, le responsabilità.
Ma perché fin da subito non si sono fatte le cose per bene?
È noto che, soprattutto in passato, nessuno aveva voglia di affrontare razionalmente e strutturalmente questi temi, e poi diciamolo, per la classe politica era, ed è, bello poter distribuire denaro a tutti gli elettori senza farsi problemi per un “doman” per il quale, notoriamente “non v’é certezza” (teniamo conto, tra l’altro che si era in piena competizione con quei cattivoni barbari che stavano in agguato dietro il “Muro” pronti a stigmatizzare alla luce del “sol dell’avvenire” ogni segno di debolezza dell’odioso e plutocratico sistema capitalista!).
Per farla breve, la popolazione era in crescita, c’era il baby boom e le economie occidentali erano in pieno sviluppo, per quanto si spendesse c’era comunque un esercito di nuovi lavoratori che ripianavano il buco e, se, e sottolineo “se” le cose fossero andate avanti così, non ci sarebbero stati problemi …
Ahi! Sembra che un po’ tutti noi abbiamo delle difficoltà a comprendere i meccanismi legati alla “capitalizzazione composta” e, un po’ per propaganda, un po’ per innato ottimismo un po’ perché in fondo ragioniamo tutti sulla base del “après moi le déluge” , proprio non riusciamo ad accettare che, capitalizzando e capitalizzando, i mucchietti divengono presto montagne impossibili da scalare! E poi, ormai si è capito, le economie in sviluppo hanno forti accelerazioni (tutti noi rimpiangiamo i “favolosi trent’anni”) per poi tornare (quando va bene) a sonnecchiare. Le tigri rifiatano dopo la gran corsa, i leoni si sdraiano all’ombra per riposare e digerire … così fanno pure le economie!
Dunque arriviamo al punto. Ne in passato e neanche adesso, le nostre pensioni (o meglio, l’effettiva possibilità di percepire una qualsivoglia pensione) dipendevano e dipendono effettivamente dai soldi che abbiamo versato nel corso della vita lavorativa, questo, semplicemente, perché tali denari e/o i loro frutti, in gran parte non ci sono più! Certo, non dovrebbe essere così, ma così è perché, semplicemente, i soldi che abbiamo accantonato attraverso i versamenti, quelli che dovrebbero essere da qualche parte in cassaforte, oppure investiti in meravigliosi veicoli d’investimento (e qui ci sarebbe di nuovo da ridere e da ridire!) sono già stati spesi per pagare le attuali rendite pensionistiche, quelle degli “altri”, dei già pensionati, per essere più chiari, ancora prima che noi li versassimo.
Ciò che è cambiato è solo il metodo in base al quale si può fare la “previsione” di quanto ci verrà di pensione che, ora, contrariamente dal passato, dipende effettivamente dai contributi versati e da altri calcoletti. Ripeto, però, i soldi nostri non ci sono! Sono già stati spesi, ed è per questo che, ogni due per tre, salta fuori qualcuno a dire che, andando avanti così, il sistema non reggerà, che bisogna allungare l’età pensionabile e/o … e qui finalmente veniamo al dunque! Che ci servono più migranti e più bambini! Leggessi, più “contribuenti”.
Ecco il punto, ci servono migranti e/o bambini (che divengano poi lavoratori), che poi effettivamente trovino impiego (cosa ancora da vedersi, oggigiorno!) e versino contributi alle casse previdenziali sempre più esangui! Perché, in fondo, qui sta il punto, il sistema si regge ancora sulla fondamento marce di chi l’ha costruito.
Veniamo però adesso al tema sottaciuto.
Abbiamo visto che ci servono migranti e/o bambini per risolvere i nostri problemi di strutturale insolvenza. Diciamolo subito, i migranti, di norma giungono da noi già in età lavorativa, ci piaccia o no, cominciano spesso fin da subito a contribuire alla soluzione di questo problema perché, nonostante le dicerie ed anche qualche fatto, i più vengono da noi per lavorare (e se lo fanno in nero non è colpa loro ma dei datori di lavoro!). Da qui nasce una certa ambiguità della classe politica verso questa genia che, da una parte si vuole perché utile e dall’altra si teme perché invisa agli elettori.
I migranti, infatti, risolvono dei problemi ma ne creano altri … non sono tutti bellissimi (come noi per altro), spesso sono troppo abbronzati e non sono sempre dei Lords portandosi dietro quelle che per noi sono un sacco di cattive abitudini da correggere (diamine! Manco sanno stare sulla spiaggia in costume da bagno, per esempio!), i bambini, invece … beh effettivamente non lavorano da subito, ma almeno possiamo crescerceli come “noi altri” che in fondo ci piace di più! “Moglie e buoi dei paesi tuoi!” dicevano saggiamente i nostri nonni! Se poi ci sono altri problemi come la mancanza di nidi e strutture, uno scarso supporto per le famiglie e qualche difficoltà declinata al femminile per conciliare lavoro e prole, poco male … ci penseremo.
 Andate e moltiplicatevi!