martedì 25 ottobre 2011

Democrazie arabe: fra islamismo e fondamentalismo

L’ondata rivoluzionaria che ha rovesciato molti dei regimi dittatoriali dell’area mediterranea e che, per la prima volta, in quei paesi sta portando alla definizione dei primi governi eletti in maniera ragionevolmente democratica, vede profilarsi il rafforzamento dei partiti che si rifanno alle tradizioni, e in alcuni casi, al fondamentalismo islamico. Questo fenomeno ovviamente è destinato a creare una certa inquietudine nelle fasce laiche della popolazione, nelle minoranze religiose che abitano quei territori e in occidente.
Le ragioni per preoccuparsi sicuramente non mancano, esiste, infatti, ed è inutile negarlo, il rischio reale che si passi da una fase di semplice recupero della tradizione islamica, a lungo soffocata dai regimi dittatoriali, a forme vere e proprie di fondamentalismo; rimane però anche vero che, questo ritorno verso la tradizione giuridica dell’islam era in parte prevedibile e a me, personalmente, appare anche come un passaggio difficilmente evitabile e forse necessario.
Per capire le ragioni per le quali ho questa convinzione è però necessario fare un breve passo indietro. L’ideologia Baathista e il “socialismo” arabo in generale sono situazioni prodotte per lo più a partire dalla metà degli anni cinquanta del ventesimo secolo e si sono tutti evoluti in forme dittatoriali esplicite o mascherate. I vari Rais appoggiandosi, chi al blocco sovietico, chi al blocco occidentale, hanno cristallizzato l’evoluzione politica e sociale dei loro paesi intorno ad una pantomima del valori e del pensiero occidentale, fosse esso derivante dalla matrice laica, liberisti e capitalista, oppure (se vogliamo definirla così!), socialista e marxista. L’evoluzione politica di questi paesi è rimasta quindi apparentemente congelata mentre nel frattempo è venuto meno l’appeal delle ideologie basate sui valori laici (destra, sinistra, capitalismo, socialismo, ecc.), ed ha nel contempo ripreso quota, come per altro anche in occidente, l’impegno sociale e politico legato ad una certa rinascita (o a un ripiegamento!) sui valori religiosi. E ’ poi inutile sottolineare come le democrazie occidentali non siano mai state in grado di presentarsi come modelli veramente credibili per i paesi musulmani ed è pertanto naturale nonché prevedibile che per queste società emerga un profondo desiderio di ripartire dalle radici culturali dell’islam. Tale processo di re-islamizzazione è poi favorito proprio dalla transizione a forme di rappresentanza democratica, le quali, non fanno che svelare la realtà riferibile alla composizione sociale di queste popolazioni che, dietro ad un sottile paravento costituito dalle elite, si sono mantenute fedeli alle proprie radici tradizionali.
Non ci è dato quindi sapere se e dove questo processo di costruzione di moderne democrazie a partire dal recupero e forse dalla compatibilità con i valori tradizionali dell’islam avrà successo o sprofonderà invece in nuovi regimi teocratici, quello che però a me sembra chiaro è che questo processo di formazione sarà anche in parte influenzato dall’atteggiamento delle nazioni occidentali verso questi nuovi governi e verso le nuove formazioni politiche. Probabilmente gioverà, al di là delle nostre più o meno ragionevoli paure, un atteggiamento di attenzione, ma anche, di benevole disponibilità

venerdì 21 ottobre 2011

Recensione: 2050 – Il Futuro del Nuovo Nord

“2050 – Il Futuro del Nuovo Nord”, titolo originale “TheWorld in 2050. Four Forces Shaping Civililization’s Northern Future”, di Laurence C. Smith, edizioni Giulio Einaudi, ISBN: 978-88-06-19821-3.
Il libro cerca di prevedere quale potrebbe essere la situazione del pianeta alla metà del XXI° secolo, incentrando la discussione sui cambiamenti che dovrebbero interessare soprattutto l’area settentrionale del pianeta, conosciuta come Northern Rim (Norc) e che comprende: Islanda, Groenlandia, Norvegia, Svezia, Finlandia, Russia, Canada e una parte degli Stati Uniti (Alaska). L’analisi si basa sullo studio dell’evoluzione di quattro forze globali interconnesse: la demografia, le risorse naturali, la globalizzazione e infine, il cambiamento climatico. L’Autore cerca poi di stabilizzare il modello e le relazioni fra le quattro componenti assoggettando l’analisi ad una serie di regole che hanno lo scopo di evitare la creazione di scenari troppo imprevedibili, improbabili o comunque eccessivamente fantasiosi. Le assunzioni sono dunque le seguenti: relativa stabilità tecnologica, assenza di conflitti armati permanenti, assenza di sconvolgimenti fisici e biologici di rilievo (pandemie mondiali, collisioni di asteroidi, ecc.), relativa stabilità dei modelli di previsione (aspettative di vita, climatologia, modelli-socio economici, ecc.). Solo negli ultimi due capitoli l’Autore, consapevolmente rilassa alcune delle assunzioni introdotte in modo da provare anche a verificare le possibili conseguenze di eventi ritenuti meno probabili.
Il risultato è un libro interessante, che non solo ha il pregio di proporre una serie di scenari realistici e globali per il futuro, ma che include una vivida descrizione della situazione dei paesi Norc e delle potenzialità di quell’area, che effettivamente, a oggi, si stimano notevoli. Personalmente ho anche apprezzato alcuni riferimenti socio-culturali che mi hanno permesso di colmare la mia scarsa conoscenza riguardo a questi argomenti, cito solo a titolo di esempio: il percorso pacifico di emancipazione del popolo groenlandese dalla madre patria danese e specialmente, gli accordi stipulati da USA e Canada nei confronti dei nativi per la regolamentazione dei diritti di sfruttamento delle terre artiche. L’opera è comunque piena di spunti, d’informazioni e di curiosità che contribuiscono, insieme allo stile di scrittura semplice e scorrevole e al ricorso equilibrato di dati, tabelle, cartine e immagini, a rendere agevole e piacevole la lettura.

domenica 9 ottobre 2011

Recensione: L’enigma del capitale e il prezzo della sua sopravvivenza

“L’enigma del capitale e il prezzo della sua sopravvivenza”, titolo originale “the enigma of capital and the crisis of capitalism”, di David Harvey, edizioni Feltrinelli, ISBN: 978-88-07-10470-1.
Il libro ricostruisce le modalità della circolazione del capitale evidenziandone l’importanza e la centralità nell’ambito del nostro sistema economico. Nel fare ciò l’Autore si richiama dichiaratamente all’opera del filosofo ed economista Karl Marx, recuperandone gli aspetti caratterizzanti e rileggendoli in una chiave più moderna ed alla luce dell’attuale fase di turbolenza economica e finanziaria. L’opera si apre con un’analisi convincente delle cause dell’attuale crisi finanziaria e si sviluppa intorno ad uno dei temi cari al marxismo, che individua come principale punto di debolezza del sistema capitalistico quello di basarsi su un modello di sviluppo che prevede la necessità di addivenire ad una crescita economica illimitata per poter garantire il re-investimento del capitale in eccesso. Secondo le teorie marxiste il futuro del capitalismo sarebbe minato da un vizio di fondo, cioè di dover prevede una crescita ininterrotta basata su di un modello matematico ad interesse composto per poter sopravvivere. Tale obiettivo, secondo i marxisti, ma anche secondo logica, sarebbe impossibile da conseguire nel lungo periodo e verrebbe definitivamente messo in crisi non appena si arrivasse a saturare le risorse disponibili rendendo impossibile l’allocazione di nuove componenti per investire il capitale in eccesso e facendo così collassare il sistema a causa delle sue stesse contraddizioni interne. Le crisi ricorrenti vengono dunque spiegate, da una parte con la necessità del capitalismo di produrre delle fasi di “distruzione creativa” per riportare indietro e ritardare gli effetti "ineluttabili" legati alla logica della crescita secondo un tasso composto e dall’altra, con i continui aggiustamenti che il sistema deve porre in essere per superare i limiti geografici, fisici, spaziali, politici, sociali e culturali che impediscono la libera circolazione del capitale continuamente alla ricerca delle migliori condizioni di investimento. Sempre secondo le teorie marxiste, da queste crisi locali il capitalismo ha dimostrato di riuscire ad uscirne mutato e rafforzato conquistando nuovi spazi, ma al contempo, avvicinandosi sempre di più all’inevitabile collasso finale. L’Autore invita il lettore a prendere in considerazione la possibilità che effettivamente ci si possa trovare in un punto di svolta che a breve potrebbe vanificare il tentativo di proseguire lungo un cammino di crescita illimitata a causa della pressione eccessiva che il sistema continua ad esercitare sulle sempre più limitate risorse umane e naturali disponibili. Secondo Harvey è dunque necessario che ognuno cominci a pensare e ad agire per la creazione di un nuovo modello socio-economico che sia invece sostenibile.
Per quanto riguarda il mio giudizio sull’opera di Harvey, devo ammettere che l’ho trovata molto interessante, anche se forse non ne condivido a fondo le conclusioni e se vogliamo, non concordo necessariamente con l’approccio deterministico che la accomuna, per altro esplicitamente, all’ideologia marxista della quale può essere considerata una rivisitazione e forse persino un’evoluzione. Sicuramente la prima parte del libro, che spiega le ragioni della crisi economica e dell’incapacità della classe politica a risolverla costituisce la parte migliore dell'opera e troverei molto difficile non concordare con la lucida analisi esposta dall’Autore. Come ho già accennato, nei capitoli successivi a me è sembrato che Harvey abbia cercato sostanzialmente di aggiornare le teorie marxiste introducendo il concetto delle sette sfere di attività con lo scopo di ampliare e in qualche modo superare l’impostazione classica dell’opera di Marx incentrata quasi esclusivamente sugli aspetti economici e lavorativi. In questo modo vengono introdotti nuovi ambiti come quello sociale, culturale, naturale e tecnologico il che dovrebbe, da una parte contribuire a spiegare meglio i corsi e decorsi delle attuali fasi di sviluppo e crisi, viste rispettivamente come fasi di relativa sincronia fra le sfere oppure di mancanza di armonia fra alcune di esse; e dall’altra, sempre secondo l’Autore, sarebbe utile per individuare i vari campi dell’agire nei quali si potrebbero cominciare a sviluppare i nuovi presupposti per un cambiamento sociale che porti al superamento del modello capitalista. A questo riguardo, ho trovato un po’ vago proprio l’ultimo capitolo del libro che parla delle soluzioni per mettere in atto il cambiamento, c’è però da aggiungere su questo aspetto particolare che l’Autore merita quanto meno tutta l’indulgenza possibile, sfiderei infatti chiunque a produrre una soluzione ed un percorso chiaro per uscire da questa crisi.

giovedì 6 ottobre 2011

Recensione: Il Tiranno

“Il Tiranno”, di Valerio Massimo Manfredi, edizioni Mondadori, ISBN:88-04-51814-6.
Il romanzo storico è incentrato sulla figura di Dionisio I° di Siracusa che, estromettendo il governo democratico della città, divenne il tiranno della città siciliana verso la fine del V° secolo a.C.
Dionisio condusse una serie di campagne contro i cartaginesi nel tentativo, non riuscito, di estrometterli dalla Sicilia e cercò anche di acquisire il controllo politico e territoriale di quella parte dell’Italia meridionale conosciuta come “Magna Grecia”.
Per il poco che è possibile reperire rapidamente sul personaggio (si veda ad esempio quanto è disponibile su Wikipedia), non mi è sembrato che quanto si conosce del personaggio storico sia stato riportato fedelmente nel romanzo. Questo ovviamente, non può essere necessariamente considerato un difetto per un opera di fantasia, ma sicuramente finisce per costituire un’aggravante nel caso in cui il lettore non la ritenga infine particolarmente soddisfacente.
Personalmente ho trovato il romanzo piuttosto noioso e scontato per più della metà delle pagine e fortissima è stata la tentazione di abbandonarlo. Nella seconda parte la situazione migliora, complice forse l’aspettativa e la curiosità riguardo al finale. Tenendo sempre presente che si tratta di un libro scritto senza troppe pretese, alla fine finisce per non sfigurare rispetto alla media.
In ogni caso, grazie all’Autore ho ricevuto lo stimolo a fare qualche ricerca, devo infatti ammettere che, fino a qualche giorno fa, per me Dionisio di Siracusa era solo poco più di un nome.

DDL Intercettazioni - Grazie Wikipedia!

In questi giorni il sito di Wikipedia in lingua italiana ha posto in essere una forma di protesta contro la legge bavaglio sulle intercettazione in corso di approvazione. Io personalmente ritengo che le modalità con la quale si svolge la protesta sul noto sito di infrormazioni sia particolarmente efficace e soprattutto che abbia il pregio di raggiungere e responsabilizzare tutti quei fruitori di notizie che purtroppo non hanno anche l'abitudine di consultare i principali quotidiani e che pertanto rischiano di rimanere all'oscuro di quanto questo Governo stia mettendo a rischio la libertà di informazione e limitando la libera circolazione delle notizie e delle idee.

Sperando di fare cosa gradita, allego qui sotto il testo del messaggio pubblicato dal sito e comunque reperibile in originale al seguente indiorizzo: http://it.wikipedia.org/wiki/Wikipedia:Comunicato_4_ottobre_2011

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Cara lettrice, caro lettore,

in queste ore Wikipedia in lingua italiana rischia di non poter più continuare a fornire quel servizio che nel corso degli anni ti è stato utile e che adesso, come al solito, stavi cercando. La pagina che volevi leggere esiste ed è solo nascosta, ma c'è il rischio che fra poco si sia costretti a cancellarla davvero.

Negli ultimi 10 anni, Wikipedia è entrata a far parte delle abitudini di milioni di utenti della Rete in cerca di un sapere neutrale, gratuito e soprattutto libero. Una nuova e immensa enciclopedia multilingue e gratuita.

Oggi, purtroppo, i pilastri di questo progetto — neutralità, libertà e verificabilità dei suoi contenuti — rischiano di essere fortemente compromessi dal comma 29 del cosiddetto DDL intercettazioni.

Il Disegno di legge - Norme in materia di intercettazioni telefoniche etc., così modificato (vedi p. 24), alla lettera a) del comma 29 recita:

«Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono.»
Tale proposta di riforma legislativa, che il Parlamento italiano sta discutendo in questi giorni, prevede, tra le altre cose, anche l'obbligo per tutti i siti web di pubblicare, entro 48 ore dalla richiesta e senza alcun commento, una rettifica su qualsiasi contenuto che il richiedente giudichi lesivo della propria immagine.

Purtroppo, la valutazione della "lesività" di detti contenuti non viene rimessa a un Giudice terzo e imparziale, ma unicamente all'opinione del soggetto che si presume danneggiato.

Quindi, in base al comma 29, chiunque si sentirà offeso da un contenuto presente su un blog, su una testata giornalistica on-line e, molto probabilmente, anche qui su Wikipedia, potrà arrogarsi il diritto — indipendentemente dalla veridicità delle informazioni ritenute offensive — di chiedere l'introduzione di una "rettifica", volta a contraddire e smentire detti contenuti, anche a dispetto delle fonti presenti.

In questi anni, gli utenti di Wikipedia (ricordiamo ancora una volta che Wikipedia non ha una redazione) sono sempre stati disponibili a discutere e nel caso a correggere, ove verificato in base a fonti terze, ogni contenuto ritenuto lesivo del buon nome di chicchessia; tutto ciò senza che venissero mai meno le prerogative di neutralità e indipendenza del Progetto. Nei rarissimi casi in cui non è stato possibile trovare una soluzione, l'intera pagina è stata rimossa.

Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo
Articolo 27

«Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico e ai suoi benefici.

Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.»
L'obbligo di pubblicare fra i nostri contenuti le smentite previste dal comma 29, senza poter addirittura entrare nel merito delle stesse e a prescindere da qualsiasi verifica, costituisce per Wikipedia una inaccettabile limitazione della propria libertà e indipendenza: tale limitazione snatura i principi alla base dell'Enciclopedia libera e ne paralizza la modalità orizzontale di accesso e contributo, ponendo di fatto fine alla sua esistenza come l'abbiamo conosciuta fino a oggi.

Sia ben chiaro: nessuno di noi vuole mettere in discussione le tutele poste a salvaguardia della reputazione, dell'onore e dell'immagine di ognuno. Si ricorda, tuttavia, che ogni cittadino italiano è già tutelato in tal senso dall'articolo 595 del codice penale, che punisce il reato di diffamazione.

Con questo comunicato, vogliamo mettere in guardia i lettori dai rischi che discendono dal lasciare all'arbitrio dei singoli la tutela della propria immagine e del proprio decoro invadendo la sfera di legittimi interessi altrui. In tali condizioni, gli utenti della Rete sarebbero indotti a smettere di occuparsi di determinati argomenti o personaggi, anche solo per "non avere problemi".

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