giovedì 28 dicembre 2023

Natalità: bufale, malafede e banalità

 L’Italia non fa bambini e in questo record si distingue come “prima della classe” persino rispetto ad altri paesi sviluppati che, per altro, anche loro arrancano nonostante magari le tante iniziative per mitigare la cosa.

Ora, sappiamo anche che la denatalità sicuramente può essere un problema, perché creare scompensi in sistemi, come quello previdenziale, che ancora soggiacciono a regole sbagliate che prevedevano un rapporto virtuoso fra generazioni di giovani lavoratori e percettori di redditi pensionistici; in attesa dei correttivi, ci tocca quindi trovare “soluzioni tampone”. Sappiamo anche che una Società anziana ha anche un sacco di altri problemi; tende ad annichilirsi, a non innovare, a rimanere statica, ecc., ecc., soprattutto … è banalmente “triste”!

Di per sé però, a me sembra incredibile che non si riconosca che la denatalità sia solo di per sé un “fenomeno” che, come tale, vada semplicemente accettato e non necessariamente ostacolato. Semmai, quindi, il dibattito dovrebbe spostarsi sul come evitare o almeno attenuare gli aspetti non voluti collegati a tale trend, ma si dovrebbe invece riconoscere che il non fare figli sia un diritto sacrosanto e rispettabilissimo di ogni individuo (o coppia che sia!).
Intanto diciamolo, parlando anche di situazioni socio economiche virtuose e non solo di scenari di crisi, secondo me si può incentivare la natalità in mille modi, ma difficilmente si riuscirà a convincere i giovani (soprattutto le donne) a fare molti (troppi?) figli. Diciamolo, i figli si fanno “poco” e “tardi” perché non sempre sono il principale obiettivo di vita di chi ha studiato, vuole emergere in altri ambiti e, magari (perché no?), vuole divertirsi il più possibile e, magari, evitare di prendersi troppe responsabilità. Fare i genitori dà infatti un sacco di soddisfazioni ma anche non poche grane, costi, impegni e limitazioni e quindi non è per nulla scritto che uno ci debba tenere per forza a fare l’esperienza. Per descrivere la cosa con un’immagine, io sono ragionevolmente convinto che, se fossimo immortali o, almeno, avessimo la garanzia di vivere veramente a lungo giovani ed in salute, i figli non li faremmo per nulla o sarebbero eventi gestiti con il contagocce!

In altre parole, i figli non li facciamo perché, appena appena affrancati dai non auspicabili scenari di vita che Madre Natura ci aveva prospettato nei secoli precedenti,  siamo diventati consapevolmente individualisti e edonisti e, francamente, non c’è neanche nulla di male nell'essere così! I figli invece li facciamo perché capiamo, banalmente, che, seppur migliore di prima,  la vita "bella" rimane penosamente corta e pertanto, da anziani e mentre lo si diventa, vale la pena provare a dargli un senso che vada al di là delle quattro cretinate che, di solito, ci piace fare e che ci piacerebbe continuare a fare all'infinito anziché imbarcarci in attività che sappiamo esser assai più vincolanti ed impegnative... come, ad esempio, occuparsi della prole!

Arriviamo al punto quindi:

1)   1)  Non fare figli NON è un problema, ma una scelta. Possiamo incentivare chi ha voglia di farli, ma difficilmente ci si muoverà significativamente da questi ritmi di (de)crescita.

2)    2) Fare caterve di figli ora, NON è la soluzione immediata alla maggior parte dei problemi che pone ORA la denatalità. Se infatti stiamo pensando alle nostre pensioni, alla necessità di innovare, allo svecchiamento della nostra società, ecc., ecc. …, la soluzione NON è fare bebè, ma “importare” giovani (soggetti fra i venti e i trentanni, per capirci!) ed evitare che quelli che abbiamo scappino via all'estero!

… tutto molto semplice quindi!

... e smettiamo almeno di parlare di "sostituzione canina" per favore.


mercoledì 20 dicembre 2023

Recensione: Proletkult

 "Proletkult”; di Wu Ming; edizioni Einaudi; Isbn 978-88-06-24342-5.

Entro una cornice che sta a metà fra il romanzo storico e quello di fantascienza i Wu Ming raccontano, mescolando ad arte fatti reali e fantasia, alcune parti della vita di Aleksandr Bogdanov -Malinovskij (1873 – 1928), politico, filosofo, scienziato e scrittore di fantascienza.

Ammetto che nulla sapevo di questo affascinante personaggio prima di inciamparci per caso grazie al libro di Rovelli “Helgoland” dedicato alla fisica quantistica, dove ho scoperto la sua preminenza fra i protagonisti artefici dell’affermazione del bolscevismo. Egli fu infatti assai vicino, ma anche in contrapposizione a Lenin (che infine rigettò totalmente le tesi del primo) e proprio alcune delle sue posizioni filosofiche ispirate all'empiriocriticismo di Ernst Mach (che influenzò, fra gli altri, fisici del calibro di Einstein e Schrodinger) gli costarono una progressiva marginalizzazione politica che si ritrova anche fra i temi di sfondo del romanzo.

Il titolo del romanzo prende spunto dal Proletkult, movimento intellettuale che egli aveva contribuito a creare allo scopo di forgiare una pura cultura proletaria, ma che finì anch'esso per essere avversato dal regime sovietico.

Aleksandr Bogdanov fu anche un medico di una certa importanza e competenza e anche questa parte delle sue esperienze risulta in qualche modo centrale per la trama del romanzo. In particolare, si dedicò a studi pionieristici riguardo alle trasfusioni di sangue (anche qui un po’ condizionato dalle sue personali ideologie filosofiche). Sul piano strettamente storico, Bogdanov morì proprio a seguito dei suoi studi ed esperimenti, in seguito ad una trasfusione mentre cercava di salvare un paziente malato di tubercolosi.

Come il solito i Wu Ming sanno tenere con il fiato sospeso e, anche in questo caso, mescolano con equilibrio fatti storici reali ad elementi di fantasia rendendo plausibili anche le situazioni e gli scenari più surreali.

domenica 3 dicembre 2023

Recensione: Helgoland

 "Helgoland”; di Carlo Rovelli; edizioni Adelphi; Isbn 978-88-459-3505-3.

Carlo Rovelli ha il dono di rendere (moderatamente) comprensibili anche ai profani concetti complicati come, in questo caso, la fisica quantistica.

Il lettore, partendo da Helgoland, isola nel Mare del Nord dove si ritirò il fisico Heisenberg per mettere ordine alle sue congetture riguardo a questa branca della fisica, allora agli albori, viene guidato alla scoperta delle caratteristiche salienti e delle bizzarre spesso contro intuitive e quasi magiche della meccanica quantistica, descrivendo inoltre i dibattiti e i contribuiti che mano a mano si aggiunsero alle prime considerazioni del gruppo di fisici che posero le basi per la descrizione teorica delle regole sottostanti alla fisica delle particelle.

L’Autore descrive efficacemente anche quale fu il clima culturale e il contesto filosofico entro i quali tali idee poterono germinare e prosperare. A questo proposito, personalmente sono stato molto colpito dal pensiero dei filosofi positivisti quali, ad esempio Ernst Mach (il cui pensiero influenzò Einstein e Schrodinger) promotore, insieme a Richard Avenarius empiriocriticismo che, mi farà scoprire il personaggio di Aleksandr Bogdanov spingendo le mie letture in una direzione inaspettata … ma questa è un’altra storia!

sabato 2 dicembre 2023

Recensione: Chimere – Sogni e fallimenti dell’economia

 

"Chimere – Sogni e fallimenti dell’economia”; di Carlo Cottarelli; edizioni Feltrinelli; Isbn 978-88-07-49362-1.

Saggio piuttosto interessante che tratta sette temi di moda e ampiamente dibattuti.

  1. Genesi, funzionamento e dibattito sul ruolo delle Criptovalute.
  2. Le Banche Centrali, il loro ruolo nella creazione della moneta e la loro effettiva capacità di regolazione del ciclo economico e dell’inflazione.
  3. La relazione fra la liberalizzazione della finanza con la crisi finanziaria del 2008.
  4. Gli effetti della globalizzazione e i suoi riflessi sulla sovranità economica.
  5. Il ruolo delle tecnologie dell’informazione e il loro rapporto con la produttività (nonché con la ripartizione della ricchezza!).
  6. L’economia del “gocciolamento” (ovvero, “taglio le tasse ai ricchi per stimolare l’economia”!) e flat tax.
  7. Crescita e crisi ambientale.

Stante la competenza dello scrivente i diversi temi sono affrontati con profondità, senso critico e, aggiungerei, assenza di partigianerie.

Confesso infine di sentirmi sulla stessa “lunghezza d’onda” rispetto all'Autore, di conseguenza, a me il Saggio è ovviamente piaciuto e mi è servito a rafforzare le mie personali convinzioni, per altro già parecchio salde riguardo a questi argomenti.


lunedì 6 novembre 2023

Recensioni: Navi, penne e cannoni – Guerre, costituzioni e la creazione del mondo moderno

"Navi, penne e cannoni – Guerre, costituzioni e la creazione del mondo moderno”; titolo originale: “The gun, the ship and the pen”; di Linda Colley; traduzione di Lucilla Rodinò; edizioni Rizzoli; Isbn 978-88-17-16259-3.

Il Saggio traccia una relazione fra le esigenze degli Stati moderni e la nascita dei movimenti e delle rivoluzioni costituzionali.

Soprattutto a partire dal diciottesimo secolo prosperano gli studi, le discussioni e, sempre più spesso l’affermarsi di svariate carte costituzionali; quali furono le radici profonde di questo fenomeno?

L’Autore ritrova le ragioni principali di tale fioritura culturale nelle mutate esigenze degli Stati moderni e, in particolare, nelle crescenti necessità di organizzare e reggere sul piano delle risorse i confitti militari sempre più dispendiosi e globalizzati.

In estrema sintesi, per combattere guerre diffuse su grandi estensioni geografiche servono mezzi e risorse imponenti; grandi flotte, eserciti bene armati ed addestrati e un numero consistente di cittadini-soldato ideologicamente coinvolti anche in virtù dell’interiorizzazione di una serie di diritti che avrebbe fatto da contraltare ai propri doveri (quello del servizio militare innanzitutto!).

La cosa veramente interessante però è lo scoprire che la crescita delle Costituzioni effettivamente applicate o, anche semplicemente ipotizzate, non fu per nulla un fenomeno incentrato unicamente sull'Europa, ma fu pervasivo di ogni parte del globo.

Un libro che esprime sostanzialmente un solo concetto, e questo ne costituisce anche il principale limite … ma pieno di aspetti curiosi! 

martedì 10 ottobre 2023

Gaza è un problema serio

 A parer mio la situazione attuale in Palestina ha svelato per l'ennesima volta come, almeno relativamente alla Striscia di Gaza, non abbia senso lo slogan "due popoli, due Stati".
Il problema di quel territorio (non sto parlando del resto della Cisgiordania!) è che, anche nelle migliori delle situazioni, dalla quale, per altro siamo lontanissimi, non ha ragione di essere in senso geopolitico.

Trattasi in sintesi (purtroppo per i suoi disgraziati abitanti) di "espressione geografica" completamente "inutile" e, diciamolo senza mezzi termini, "dannosa"! 

Per fare qualche esempio: è privo di risorse, sovrappopolato, privo di continuità territoriale con il resto del sedicente "Stato della Palestina", completamente dipendente (es. acqua, energia, ) dagli Stati confinati che gli sono ostili. In più, è governato da un'associazione che, molti Paesi considerano terrorista.
In altre parole l'ennesima potenza di uno "Stato fallito"!

Anche con il miglior sforzo di fantasia non ritengo proprio possibile immaginare per quelle terre un destino autonomo come quello riservato ad anacronistiche unità territoriali tutto sommato irrilevanti come San Marino, Andorra, il Liechtenstein, il Principato di Monaco, ecc., ecc., che diciamolo, esistono principalmente e sostanzialmente (ma felicemente) al solo scopo di evadere il fisco dei Paesi confinanti ... ed emettere francobolli!

In altre parole, e senza tanti giri di parole, la Striscia dovrebbe essere aggregato all'Egitto (diciamo per motivi "culturali") o a Israele (se si tengono presenti più i legami storici e geografici) perché come unità autonoma non ha alcun futuro. ben si sa però che il vero problema nel problema è che nessuno dei due vicini  invece, e anche per motivi comprensibili,  se lo vuole prendere questo "bidone" e, di conseguenza, si preferisce imprigionare la maggior parte degli abitanti (che si suppone essere "normali" come tutte le persone normali che chiedono solo di vivere tranquille) in una riserva "indiana" che non offre nessun futuro.

Bel casino! E grazie a Dio, non sono nato a Gaza!


martedì 12 settembre 2023

Per la magistratura picchiare la moglie non è necessariamente un reato (... purché questa sia una tua inveterata "buona" abitudine!)

 

https://www.lastampa.it/cronaca/2023/09/11/news/insulti_e_botte_alla_moglie_per_il_pm_e_un_fatto_culturale_e_va_assolto-13115079/

L’articolo sopracitato è apparso su diversi quotidiani e riguarda la posizione e le motivazioni di un magistrato di Brescia che spiegano la richiesta di assoluzione di un imputato di violenze domestiche nei confronti della moglie. In sintesi, come riporta testualmente l’incipit dell’articolo:

“Violenze e maltrattamenti subite da una giovane donna originaria del Bangladesh, definiti «contegni di compressione delle libertà morali e materiali», sarebbero «il frutto dell’impianto culturale e non della sua coscienza e volontà di annichilire e svilire la coniuge». Motivo per il quale l’imputato (oggi ex marito) va assolto.”.

Sempre secondo il magistrato: “ … i presunti maltrattamenti rientrerebbero nel campo dei reati culturalmente orientati e pertanto non vadano puniti.”.

Ora, bisognerebbe forse essere esperti di diritto per capire se dietro queste posizioni della nostra magistratura ci sia qualcosa di più profondo della semplice idiozia, della volontà di protagonismo, oppure  dell’applicazione dell’inveterata arte giudiziaria italica di “spaccare il capello in quattro” rendendo ai più eticamente incomprensibile l’applicazione delle leggi; certo è che, comunque, diventa un poco difficile spiegare la ratio di una tale richiesta di assoluzione ad un cittadino “normale”.

Ma come? Ogni giorno passano sulla cronaca fatti di violenza, stupri e omicidi nei confronti delle donne, seguiti a diluvi di dotti dibattiti sul fatto che il maschio italico (e non solo strettamente “italico”) debba essere educato al rispetto delle donne fin dalla culla (tutto condivisibile in effetti!)  e poi si giustificano comportamenti platealmente errati sulla base di supposte differenze culturali!

Ma quali “differenze culturali”? Non dovrebbe essere un obiettivo quello di allineare i nostri ospiti al minimo sindacale di quello che riteniamo un comportamento “civile”? Mi chiedo poi se all’illustre magistrato non sia venuto il dubbio che anche l’omicidio di Saman Abbas, avvenuto a seguito del rifiuto di lei di prestarsi ad un matrimonio combinato, non possa rientrare nelle casistiche da lui scusabili in quanto determinato da fatti “culturalmente orientati”!

In sintesi, a parer mio ovviamente, seppur alla luce della mia ignoranza delle norme giuridiche, e unicamente sulla base di un semplice istinto etico, giudico il suddetto magistrato un “emerito imbecille” … e spero che sia cacciato con vergogna.

 

Recensione: Il mangiatore di pietre

"Il mangiatore di pietre”; di Davide Longo, edizioni universale economica Feltrinelli; Isbn 9788807888120.

Premetto che di solito non leggo gialli, quindi non ho idea di quanto il mio giudizio possa effettivamente “valere”, anche perché, forse per deformazione mentale, più che alla storia, mi sono incuriosito riguardo al contesto storico, sociale e geografico.

Diciamo in sintesi, però, che a me questo libro è piaciuto. Mi è piaciuta innanzitutto l’ambientazione, perché il tutto si svolge chiaramente in Val Varaita (con qualche “licenza poetica” relativamente ad alcuni posti in cui non mi ritrovo?), territorio in provincia di Cuneo, al confine fra Italia e Francia; luoghi che amo e che conosco molto bene. Tempo e personaggi sono poi collocati in un contesto storico imprecisato che ho trovato un po’ difficile da definire (anni Ottanta? Anni Novanta del Novecento?), forse volutamente sfuocato, velato di sfumature arcaiche relativamente alla vita di montagna e che sembra persino appartenere ad un periodo precedente a quello in cui si svolgono i fatti; ciò, a parer mio, ha conferito un certo fascino e un contenuto un poco fantasmagorico alla storia.

La vicenda in sé poi non è né scontata né noiosa e diventa via via più interessante a mano a mano che si avanza nel racconto e si svelano meglio personaggi e protagonisti.

Bello quindi! Non mi resta dunque che ringraziare chi mi ha permesso di uscire dai miei soliti schemi più legati alla saggistica. Grazie Marianto!


mercoledì 19 luglio 2023

Recensione: Anarchia

 "Anarchia”; di William Dalrymple; titolo originale “The Anarchy – The Relentless Rise of The East India Company”; traduzione Svevo D’Onofrio, edizioni Adelphi; Isbn 978-88-459-3661-6.

Il saggio descrive l’epopea della Compagnia britannica delle indie orientali a partire dal 1600 fino al suo definitivo scioglimento avvenuto nel 1874.

Nel corso della sua lunga esistenza, benché la Compagnia fosse partita da una condizione di una certa inferiorità rispetto ad altri concorrenti (ad es. la VOC olandese), essa finì per acquisire un potere economico e militare immenso che non coinvolse solo il continente indiano (infine completamente soggiogato da essa), ma tale da divenire una potenza planetaria.

La Compagnia, attraverso il suo potere economico e le sue attività di lobby finì per costituire un vero impero all’interno di un impero, tanto che quello britannico si sentì condizionato e minacciato dalla potenza emanata dalla sua stessa creazione e dovette progressivamente porre sempre più sotto il controllo del Parlamento le attività e gli organi direzionali della Compagnia, giungendo infine a privarla delle sue funzione amministrative nel 1860 (a seguito della cosiddetta “Rivolta dei Sepoy”) data in cui, tutti i possedimenti della Compagnia passarono sotto il controllo della Corona.

La Compagnia non conquistò solo il controllo del continente indiano attraverso una costante opera di interferenza politica, economica e militare con i potentati locali e con le compagnie commerciali concorrenti, ma si spinse ad inglobare il territorio birmano, Singapore, Hong Kong e l’isola di Giava e fu il principale agente responsabile delle due “Guerre dell’Oppio” che contrapposero l’impero britannico alla Cina. Circa un quinto della popolazione mondiale finì per sottostare alla sua autorità.

La politica commerciale della Compagnia fu spesso predatoria, irrispettosa e irriguardosa delle sorti della popolazione ad essa assoggettata (es. disastrosa gestione della carestia del Bengala del 1770) e in più di un caso la sua politica aggressiva la portò ad un passo dal fallimento rischiando di trascinare anche l’impero britannico nei suoi dissesti; dall’altro lato garantì per lo più ritorni economici favolosi ai propri associati dotandoli di immense ricchezze utilizzate non di rado per condizionare la stessa vita politica britannica.

In sintesi, la storia della Compagnia rimane a costante memento dell’immenso potere che può scaturire da un “persona giuridica” con finalità esclusivamente o prevalentemente economiche e la sua storia dovrebbe insegnare a tutti gli agenti politici, soprattutto quelli operanti in società democratiche, la necessità di vigilare contro lo strapotere che può scaturire dalla potenza economica di un Ente. Per chi lo vuol vedere, infatti, il problema del potere passato e presente di certe Corporation (spesso definite “Too big to fail”) è ancora un tema attualissimo e costituisce un pericolo potenziale per il corretto funzionamento delle istituzioni democratiche e, spesso, un grosso fattore di perturbazione delle economie (ricordiamoci dell'ancora relativamente recente crisi finanziaria del 2007!).

martedì 23 maggio 2023

Recensione: Etica oggi - fecondazione eterologa, “guerra giusta”, nuova morale sessuale e altre grandi questioni contemporanee

 

"Etica oggi - fecondazione eterologa, “guerra giusta”, nuova morale sessuale e altre grandi questioni contemporanee”; di Michela Marzano, edizioni Il Margine; Isbn 9791259820754.

Il saggio tratta di tutta una serie di questioni etiche che, ormai riempiono quotidianamente il dibattito politico.

Rispetto a questi temi, sperabilmente, tutti dovremmo almeno cercare di maturare una nostra opinione cercando, per quanto possibile e nonostante l’oggettiva difficoltà, di trovare una nostra rotta che ci consenta di mantenere un approccio morale e razionale che sia magari in costante evoluzione ma che soprattutto, non sia soggetto alle opinioni “di pancia” del momento.

Purtroppo, nel mio caso, questo saggio non ha fornito alcun supporto che ritengo utilizzabile, sembrando più che altro una raccolta di norme, concetti e ragioni per le quali i temi trattati hanno acquisito rilevanza all’interno della nostra società. Diciamo che, come minimo, l’Autore si tiene “super partes” (e questo è anche corretto, non lo metto in discussione!), ma non fornisce neppure nessuna “chiave” di tipo filosofico che aiuti, ad esempio, a trovare un metodo per poter maturare il proprio punto di vista su questi temi.

In altre parole, non sto dicendo che l’opera in oggetto sia in qualche modo “sbagliata”, mal scritta, o peggio, inaccurata (tutt’altro!), ma più semplicemente, mi aspettavo altro.

Recensione: Il Crinale

 "Il Crinale”, di Michael Punke; titolo originale “Ridgeline”; traduzione di Gaspare Bona, edizioni Einaudi; Isbn 978-88-06-25168-0.

Il romanzo ricostruisce gli antefatti e lo svolgimento della “battaglia di Fetterman” (21 dicembre 1866) che contrappose una alleanza di Sioux, Cheyenne e Arapaho guidata sul campo dal capo indiano Cavallo Pazzo, ad un distaccamento dell’esercito statunitense guidato dal capitano Fetterman.

L’esito della battaglia fu il completo annientamento del contingente americano (circa 80 caduti) e costituisce una delle più pesanti sconfitte subite dall’esercito nell’ambito delle guerre indiane.

Il fatto storico rientra nella cosiddetta “Guerra di Nuvola Rossa” e, più in particolare, nei fatti legati alla costruzione di Fort Phil Kearny, che aveva lo scopo di rafforzare il controllo della Pista Bozeman, percorso che univa il Montana alla pista dell’Oregon attraversando un territorio che tradizionalmente costituiva un importante territorio di caccia per gli indiani.

Il titolo “Il Crinale”, richiama un aspetto importante della situazione geografica del campo di battaglia perché proprio le cime collinari circostanti costituivano l’estremo entro il quale era possibile operare un’adeguata difesa da parte della guarnigione di Fort Phil Kearny. Di questa condizione gli indiani ne erano perfettamente consci, tanto che costruirono la loro strategia al preciso scopo ci costringere il contingente dell’esercito a superare tale limite.

L’Autore ben ricostruisce tutti gli aspetti storici e le ragioni che portarono fatalmente al disastro apportando solo alcune lievi modifiche (motivate in appendice) rispetto alle versioni dei fatti maggiormente accreditate dagli storici. Ne risulta un romanzo scorrevole e avvincente che, nello stesso tempo, risulta almeno altrettanto accurato di un’opera di saggistica.

giovedì 23 marzo 2023

Recensione: "Buchi Bianchi-dentro l'orizzonte"

 

"Buchi Bianchi – dentro l’orizzonte”, di Carlo Rovelli, edizioni Adelphi; Isbn 978-88-459-3753-8.

 

Se volete rischiare di passare qualche minuto della vostra giornata a fantasticare, il libro “buchi bianchi” del fisico Carlo Rovelli potrebbe fare al caso vostro.

Il Saggio fa parte della “Piccola Biblioteca” Adelphi, libro di piccolo formato (meno di 140 pagine), ma di grandi contenuti, “facile” da leggere (anche per i profani come il sottoscritto) come riesce spesso all'Autore e così interessante da esaurirsi (purtroppo) in un “lampo”.


Immaginatevi quindi un “buco nero”, cosa c’è di più affascinate e terrificante di questi mostri cosmici che apparentemente tutto ingoiano e dai quali nulla sfugge? ... Beh! Ci sono i buchi bianchi ovviamente 😊! Cioè quello che potrebbe succedere ad un buco nero prima di trasformarsi inesorabilmente in una “singolarità” nel caso in cui “rimbalzasse” come una palla trasformandosi in un “buco” capace di emettere materia! ... Ovvio no? ... Crash! ... Rumore di mascelle che cadono sul tavolo! 😊


Fantastico! Come non amare al primo sguardo queste ipotesi?


Il Saggio dice tantissimo, condensandolo in pochissime paginette e, fra le tante cose, fa un elogio della capacità umana di affrontare il mistero attraverso l’applicazione di analogie. Su questo tema vi lascio la mia personale (assai imperfetta, ma a me piace e mi ha distratto per una parte del mio viaggio verso l’ufficio): Lo spazio-tempo può essere visto come uno stagno; improvvisamente una goccia d’acqua buca la sua superficie producendo delle increspature, che succede al buco? Si richiude, ovviamente! E tutto torna quieto!

 

Per curiosità! Ad esempio, quanto riportato qui dentro può avere qualche nesso con le teorie di Rovelli?

https://www.repubblica.it/cronaca/2023/02/15/news/un_buco_ne...