lunedì 28 settembre 2020

Assassini solo presunti, ma evasori quasi certi! Fisco e italiani, un'istantanea del Paese dalla vicenda dei Bianchi.

Oggi leggendo i quotidiani non so se ridere piangere; fra le tante notizie salta fuori la storia che il padre dei fratelli Bianchi, i presunti assassini di Colleferro, ha presumibilmente truffato l’INPS richiedendo il reddito di cittadinanza; da un’”indagine” della Sette spunta una villa non proprio modesta, macchinoni e cagnacci da guardia ... il tipico ritratto di un “poveraccio” che ben si accorda con l’immagine dei figli, anch'essi avvezzi ai macchinoni e, pare, alla bella vita.

Tutto ciò non mi stupisce, ad essere vagamente "lombrosiani" e guardando le fotografie, c'è quasi da scommettere che magari spunterà anche qualche rapporto trasversale o diretto con la malavita ... quello che mi sorprende però sono le seguenti cose:

1)     Ma come? Nessuno fa controlli prima di concedere il reddito di cittadinanza?

2)     In secondo luogo, viene da dire “meglio tardi che mai”, ma suona un po’ strano che ci voglia un omicidio per far emergere anche una serie di casi lampanti di evasione fiscale! Ad esempio, possibile che questi signori non pagassero l’IMU, la TASI, o anche semplicemente la TARI?

La villa è accatastata come “fabbricato rurale”? ... o è intestata alla nonna? E le auto? Comincio a spiegarmi come mai metà degli italiani che, ufficialmente svolgono un’attività lavorativa NON paghino imposte o, alla peggio se la cavino solo con qualche euro di imposte sui redditi (come Trump, per altro! Ma questi sono problemi degli americani!)... altroché Paese tartassato!

... detto in altre parole, come minimo dovrebbe essere commissariato l’intero ufficio imposte del Comune, se non altro, per lampante incompetenza!

...  Personalmente poi, riguarderei con un po’ di attenzione il catasto dell’intero comune! Visto che, immagino, qualche soldo da "Roma" (a spese nostre) arriverà anche laggiù!

Infine, consiglierei poi all’INPS, non solo di porre maggior attenzione ai propri aumenti salariali (se non altro per motivi di immagine!) ma di fare qualche controllo incrociato prima di concedere il reddito di cittadinanza.

lunedì 14 settembre 2020

Recensione: La Seconda Guerra Mondiale – Come è stato combattuto e vinto il primo conflitto globale

 "La Seconda Guerra Mondiale – Come è stato combattuto e vinto il primo conflitto globale”; titolo originale “The Second World Wars”, di Victor Davis Hanson, traduzione di Aldo Piccato e Gabriella Tonoli, editore Mondadori, ISBN 978-88-04-71430-9.

L’aspetto più interessante di questo Saggio è che non ha il taglio classico incentrato sulla descrizione cronologica degli eventi bellici.

Al contrario, l’opera è suddivisa in macro capitoli dove si cercano di raggruppare i fattori umani, tecnologici, fisici e geografici che, a detta dell’Autore, finirono per dimostrarsi determinanti per la definizione dell’esito del conflitto.

Riporto qui di seguito l’indice di queste macro ambiti, perché è proprio scorrendo questa lista che, personalmente, ho deciso di acquistare l’ennesimo libro su di un argomento già assai sviscerato:

  •            Idee
  •           Aria. Dove si tratta della potenza aerea.
  •          Acqua. Dove si tratta della potenza navale.
  •          Terra. Dove si tratta degli eserciti in campo.
  •          Fuoco. Dove si tratta di carri armati e artiglieria.
  •        Uomini e Persone. Dove si parla del fattore umano, partendo dalla leadership, ma senza trascurare “l’uomo comune”.

Il libro non mi ha deluso, anzi, proprio il suo taglio particolare ha contribuito a rendere piacevole una lettura che, rischiava di coprire argomenti scontati,

Mi rimane il dubbio però che alcuni giudizi siano eccessivamente guidati dal cosiddetto “senno del poi”; in particolare, l’Autore sembra voler dimostrare che, in qualche modo, la vittoria degli Alleati sulle forze dell'Asse fosse sostanzialmente scontata... Io non penso che coloro che furono contemporanei a quei fatti avessero della stessa scientifica e granitica convinzione.

venerdì 11 settembre 2020

Recensione: L’ordine degli assassini – La lotta dei primi Ismailiti Nizariti contro il mondo islamico

 "L’ordine degli assassini – La lotta dei primi Ismailiti Nizariti contro il mondo islamico”, titolo originale: “The Order of Assassins”, di Marshall G.S. Hodgson, traduzione di Svevo D’Onofrio, editore Adelphi, ISBN 978-88-459-3430-8.

 Il saggio parla della genesi degli Nizariti, gli attuali seguaci dell’Aga Khan, principale setta degli ismailiti che, a loro volta, appartengono alla corrente dello sciismo islamico.

I Nizariti, furono particolarmente attivi e temuti fra l’XI e il XIV secolo dai contemporanei e, in particolare, dai musulmani sunniti, sulla base del loro programma rivoluzionario che, si rivolgeva principalmente contro questi ultimi.

La loro politica fu spesso attuata attraverso l’espansione territoriale imperniata sul controllo di fortezze ubicate in luoghi remoti e/o strategici ubicati principalmente in Persia e Siria, ma anche perpetuando minacce personali e omicidi mirati. Proprio da questa loro propensione essi finirono per essere avvolti da un alone di mistero e leggende nere, finendo per essere etichettati come “L’ordine degli assassini”; mentre lo stesso termine “Assassino” sembra proprio derivare ad una delle etichette affibbiate ai Nizariti.

 La fine della loro potenza politica viene fatta coincidere con la consegna e distruzione di Alamūt, la più poderosa fra le loro fortezze, avvenuta nel 1256 a seguito dell’espansione dei mongoli.

L’Autore del saggio inquadra molto bene la genesi, l’evoluzione e le caratteristiche di quella che può essere definita una delle tante sette eretiche che si separarono nel tempo dal sunnismo e, allo stesso tempo, svela molte delle inesattezze storiche, dei pregiudizi e del folklore che, da sempre circolavano intorno ad essa e che hanno contribuito a crearne la leggenda nera.

Il Saggio è molto interessante e, contribuisce a spiegare a chi non ha dimestichezza con la cultura islamica quanto essa fosse variegata e ramificata e come, un po’ come è avvenuto per il cristianesimo, la religione maomettana fosse tutt’altro che monolitica ma anzi, frammentata in una pluralità di interpretazioni e sette più o meno da considerarsi eretiche sulla base dell’ortodossia sunnita di base.

Per il lettore non specialista però, il testo ha, a mio avviso un grosso difetto; manca di un glossario in coda al libro che permetta al lettore di ripassare continuamente il significato dei termini islamici usati nell’opera.

Questa mancanza è dovuta, penso, al fatto che il testo nasca come una rielaborazione di una tesi universitaria, dunque da uno studio discusso fra specialisti che, evidentemente, non avevano problemi a capire il significato dei tanti termini specifici utilizzati.

Personalmente, invece, io mi sono trovato in difficoltà a memorizzare le spiegazioni dei termini specifici che, magari, venivano fatte solo una volta nel corso dell’intera opera. In questo caso, anche le ricerche in rete, spesso non mi hanno aiutato dato che è difficile rendere le diverse traslitterazioni dei termini utilizzati (... però si finisce per piombare in una serie di siti “interessanti” ... anche se spesso incomprensibili 😊!).

 Questo sarebbe un problema facilmente risolvibile per eventuali riedizioni dell’opera.

mercoledì 9 settembre 2020

Arti marziali e MMA, le fabbriche dei killer?

 Con l’omicidio di Artena è ripresa la polemica verso l’MMA e le arti marziali; generale l’accusa di fomentare la violenza.

Chi come me pratica questi sport e, in passato, l’ha anche fatto intensamente, sa che l’accusa è infondata. Per altro, avevo già affrontato questo tema commentando "L’educazione di un fascista”, di Paolo Berizzi, editore Feltrinelli, ISBN 978-88-07-17372-1.

Le arti marziali sono principalmente una via per conquistare la sicurezza di sé, ciò avviene sia sottoponendosi ad un duro allenamento, sia, inutile negarlo, attraverso il confronto, spesso anche cruento, con altri nostri sodali; contrapposizione che però, è solo momentanea, dura lo spazio di uno scontro e viene effettuata in un contesto sportivo di regole condivise.

Più comune del disprezzo, è il rispetto e il senso di appartenenza e fratellanza con l’avversario; noi siamo sul ring, sul tatami o nella gabbia e, siamo dei pari e semmai, sono molti di quelli fuori che sono preda dell’eccitazione e, se vogliamo, della voglia di vivere di violenza riflessa... sportivi da poltrona!

L’educazione marziale può sicuramente creare dei violenti, questo è innegabile. Ma questi soggetti sono una minoranza e, i loro difetti, la loro propensione, la loro profonda ignoranza, erano già presenti prima che si avvicinassero al dojo, erano parte della loro natura era nella loro storia. L’eventuale colpa dei maestri è quella di non avere individuato per tempo e domato queste distorsioni e, nel caso fosse stato necessario, di non aver allontanato questi soggetti prima che potessero sfruttare questo percorso per nuocere di più.

Si dimentica però che l’esito normale di questa pratica sportiva ed educativa non sia la creazione di potenziali killer smaniosi di menare le mani, ben più spesso né si esce rafforzati nel fisico, nel morale e nella consapevolezza di sé; uomini forti ma pacifici, duri ma mansueti, proni al difendere ben più che all'aggredire.

Il “DŌ”, il kanji che spesso è presente nei suffissi delle discipline marziali indica la “via”, il “percorso”, è lì per fissare un obiettivo, lo scopo di creare uomini liberi e “giusti” ... poi si può anche fallire.