venerdì 13 ottobre 2017

Recensione: Il rinoceronte d'oro

“Il rinoceronte d’oro”, titolo originale: “Le Rhinochéros d’or. Histoires du Moyen Âge africain”, di François-Xavier Fauvelle, traduzione di Anna Delfina Arcostanzo, Edizioni Einaudi, ISBN 978-88-06-23379-1.

Attraverso una trentina di capitoli costruiti su brevi testimonianze di viaggiatori, scampoli di informazioni tramandati per tradizione orale e pochi e ancor meno sistematici ritrovamenti, l’Autore cerca di rimuovere un vasto “nulla” che, purtroppo risulta effettivamente da colmare. Questa mancanza di conoscenza effettivamente è, a ben vedere, sconcertante e riguarda la Storia africana fino alla colonizzazione.
Purtroppo sappiamo pochissimo di essa; dei popoli, delle società, degli imperi, della cultura e dei manufatti che produssero le diverse civiltà africane che si avvicendarono in questo lungo periodo di tempo pressoché totalmente (per adesso) consegnato all’oblio.

Dunque esattamente questo è il pregio di quest’opera, essa ci fa comprendere che l’Africa non era solo una terra selvaggia (e popolata da selvaggi, come certamente voleva presentarla la retorica coloniale), ma in seno ad essa, come avvenne per altro in tantissimi in altri luoghi del pianeta, si avvicendarono civiltà capaci di supportare società evolute e per lo più collegate con le grandi rotte commerciali del tempo. Il saggio però è anche gravato da un grande limite, ammesso anche dall’Autore; purtroppo è possibile solo fornire indizi, piccoli stralci, scarne testimonianze di ciò che fu e, in sintesi, quanto viene presentato non basta né ad appagare la curiosità, né tanto meno a catturare il quadro d’insieme.

Le tessere che compongono il quadro sono veramente troppo poche e troppo scollegate fra loro per lasciarne intravvedere la figura e si finisce per rimanere un po’ delusi.


giovedì 12 ottobre 2017

Recensioni: Teutoburgo

“Teutoburgo” di Valerio Manfredi, edizioni Mondadori, ISBN 978-88-04-66578-6

Romanzo storico incentrato sulla figura di Arminio, principe dei Cheruschi, artefice della sconfitta di Teutoburgo (9 d.C.), una fra le più citate e disastrose fra quelle avvenute a danno dell’impero romano.

Non sarebbe giusto attendersi molto di più da un romanzo di questo filone se non un po’ di evasione, di sano coinvolgimento e divertimento. Qui sta appunto il problema di quest’opera che, a parer mio, non arriva a soddisfare questi requisiti minimi e risulta sottotono sia rispetto al genere sia rispetto ad altri romanzi del medesimo Autore.

Ho fatto un po’ di fatica a finirlo, ma hanno avuto il medesimo problema pure  i miei figli … che di solito questi libri li divorano!


giovedì 5 ottobre 2017

Movimenti separatisti: qualche riflessione sul tema

I vari movimenti separatisti che mettono a repentaglio l’unità degli Stati nazionali sono da una parte una tardiva vendetta della storia, dall'altra frutto essenzialmente di una visione miope e a corto termine dell’attuale situazione politica e socio economica. Gli errori sono un po’ da distribuirsi nel campo di tutte le istituzioni sia che esse siano locali, nazionali e, persino europee.

 Gli Stati nazionali si sono spesso formati a seguito di violente politiche di annessione e assimilazione del tutto irrispettose delle differenze culturali ed economiche dei territori che venivano mano a mano aggregati. Però, per lustri quando non per secoli, la potenza relativa conseguita dal processo di unificazione è stata anch'essa una garanzia contro le mire di annessione di altri vicini, magari ancora più “alieni” di quelli appartenenti alle élite nazionali dominanti. Vi erano poi una serie di fattori economici legati alla necessità di appropriarsi del controllo di risorse naturali e delle rotte commerciali che richiedevano l’assunzione di una certa taglia; in sintesi, se non eri grosso non potevi contare!

La vendetta della storia si è resa possibile, paradossalmente a seguito del lungo periodo di pace e di prosperità inter europea, ma anche, grazie all’“ordine” mondiale (garantito in sostanza dagli USA) e al liberismo economico (voluto dalle élite economiche) attualmente necessario a garantire le condizioni della cosiddetta “globalizzazione”; in questo momento storico le merci circolano, le risorse si comprano, i mercati sono aperti e non è quindi necessario controllare direttamente ampie porzioni di territorio con presenze militari e burocratiche ingombranti o svilupparne le infrastrutture direttamente, meglio anzi lasciar fare questo lavoro alle élite locali.

Così, apparentemente a seguito di un ragionamento “vincente”, porzioni territoriali, sostanzialmente irrilevanti come singole entità autonome, ma magari ricche di qualche (spesso momentanea) eccellenza e che in passato, data la piccola taglia sarebbero state subito oggetto di contesa di “qualcun altro”, si sono divise dal loro corpo comune (territori ex sovietici, Jugoslavia, Cecoslovacchia), ed altre hanno in animo di fare lo stesso. Ciò avviene, in estrema sintesi, perché si sono indebolite le politiche di controllo interno degli stati nazionali (o delle “false” federazioni) e perché è cessata l’esigenza di fare politica di potenza e fronte comune contro le minacce esterne.

In Europa il fenomeno sembra in crescita sia perché da tempo l’area è ragionevolmente tranquilla ma anche a seguito di una mancanza legata al processo di formazione dell’Unione, purtroppo rimasto incompiuto e sbilanciato sul piano politico. In effetti, su questo piano l’Unione Europea e un’istituzione senza senso e senza vocazione perché non è riuscita a farsi attribuire quei poteri (es., politica estera e difesa) che giustificano la sua esistenza come sovrastruttura a garanzia delle differenze locali e, dall’altra parte, in virtù della sua esistenza e del suo illusorio ombrello unitario, essa ha contribuito a minare l’autorevolezza dei vari Stati nazionali che la costituiscono.

In sintesi il “piccolo” oggi pensa, magari anche con una certa ragione (ma anche con una grossa dose di cinismo ed egoismo), di poter fare a meno della struttura nazionale intermedia perché si illude che ci sia la “Grande Mamma” (la UE) a tutelare i suoi interessi e a proteggerlo qualora fosse necessario … Grosso errore, penso io! Perché stante la situazione attuale delle istituzioni europee questa potrebbe rivelarsi una tragica illusione!

Soluzioni? Una proponibile si può basare sul presupposto che non ha molto senso oggi mettere in discussione il processo storico di formazione degli Stati nazionali; comunque essi si siano formati, adesso ci sono, ed è inutile disintegrarli in nome di differenze e rancori passati con lo scopo di “dissolversi” o “parcellizzarsi” in un illusorio “più grande”. Dall’altra parte, fatto salvo un imprescindibile rapporto mutualistico fra territori nazionali, gli organi centrali devono accettare di delegare di più nei confronti delle periferie in modo da mantenere una coesione basata sul consenso e sull'attuazione di sinergie (mi fa ridere a pensare quanto possa essere temibile l’esercito catalano … o quello lombardo!) per quelle strutture ove abbia un senso ricercarle.


 Forse dunque, il modello di riferimento potrebbe essere la confederazione svizzera.