venerdì 24 giugno 2011

Recensione: Anarchismo - Contro i modelli culturali imposti

“Anarchismo – Contro i modelli culturali imposti”, titolo originale “Chomsky on Anarchism”, di Noam Chomsky, edizioni Tropea, ISBN 978-88-558-0059-4.
Il libro raccoglie una serie di saggi e interventi dell’Autore a partire dalla seconda metà degli anni sessanta e sviluppatisi su un periodo di più di quaranta anni relativamente al tema dell’Anarchismo e del Socialismo libertario. Il testo è una vera miniera d’informazioni per tutti coloro che sono attratti o che vogliono approfondire il tema dell’Anarchismo, filosofia, ideologia e forse utopia difficilmente definibile in termini semplici proprio a causa delle sua intrinseca ecletticità e per lo spiccato soggettivismo e personalismo che la caratterizza. Il libro però può essere utile anche a quelli che vogliono provare, anche come semplice esercizio mentale, a rompere gli schemi, uscendo appunto dai modelli culturali imposti, cioè da tutte quelle rappresentazioni dogmatiche sulle quali, volenti o nolenti e più o meno consapevolmente poggiamo le nostre visioni e le nostre analisi delle società in cui viviamo. Ci viene suggerito che non bisogna dare nulla per scontato, niente dimostra che non ci siano valide alternative ai nostri sistemi sociali ed economici incentrati sul capitalismo e nulla prova che questi ultimi siano i migliori, quelli maggiormente auspicabili o anche semplicemente gli unici effettivamente praticabili. Spesso l’acritica fedeltà ai nostri modelli è frutto di semplice abitudine, auto convincimento, retaggi educativi e persino propaganda prodotta da quelle elite che detengono il potere e la maggior parte della ricchezza e che sono le uniche interessate al mantenimento dello status quo. In sintesi, il libro è molto interessante, direi bellissimo, se non avessi trovato in alcuni punti il testo di difficile lettura; su questo punto comunque devo anche ammettere che forse le mie difficoltà nascono dalla mia ignoranza del fenomeno anarchico in sé e della letteratura classica ad esso riferibile.

martedì 21 giugno 2011

Recensione: Lezioni spirituali per giovani samurai

“Lezioni spirituali per giovani samurai” di Yukio Mishima, edizioni Feltrinelli. ISBN 978-88-07-81120-3. Il libro si divide in tre parti:
- Le “Lezioni spirituali per giovani samurai”, che contiene osservazioni e ammonimenti di carattere morale.
- L’”Associazione degli scudi”, che tratta dell’organizzazione paramilitare creata da Mishima e delle sue finalità.
- L’”Introduzione alla filosofia dell’azione”, dove l’Autore analizza i vari aspetti dell’agire umano.
Il libro include infine il “Proclama”, testo di poche pagine letto dall’autore prima di commettere il suicidio rituale.
Mi sembra che dall’opera di Mishima traspaia il timore per il progressivo disperdersi dei caratteri tradizionali della società giapponese nel corso del dopoguerra e durante gli anni 60 coincidenti, tra l’altro, con l’accendersi, anche in Giappone della contestazione studentesca che egli evidentemente non vede con favore. La sua ricerca di valori forti, tra l’altro, porta Mishima a una scelta di condivisione della vita militare e alla fondazione di un corpo paramilitare, l’Associazione degli scudi. Il libro francamente mi è apparso deludente, forse ormai come “samurai” risulto troppo attempato per comprenderlo! Lo spirito di Mishima mi sembra oscillare fra esaltazione, nostalgia ed inconsistenza; la sua morale mi suona spesso confusa ed indefinita. Forse non ho colto il contesto storico in cui scriveva l’Autore o magari avevo un po’ troppe aspettative, avevo, infatti, sentito parlare di lui già in passato, quando l’Autore era diventato un po’ un’icona per i movimenti giovanili della destra ed era anche una figura rispettata negli ambienti delle arti marziali (In effetti, a me sembra di comprenderlo un po’ solo quando parla del Kendo, la scherma tradizionale giapponese).

venerdì 17 giugno 2011

Una soluzione per Cesare Battisti

Se proprio si ritiene che il terrorista Cesare Battista debba essere assicurato alla giustizia italiana io penso che bisognerebbe parlare di meno e fare di più arrivando magari anche a promuovere atti clamorosi ed altamente significativi. Personalmente io mi ispirerei a quanto è stato fatto dal governo israeliano nei confronti di Adolf Eichmann, il noto criminale nazista che, fuggito in Argentina venne rintracciato e prelevato con la forza dai servizi di sicurezza per poi venire pubblicamente processato a Gerusalemme. Il risultato di tale azione fu altamente simbolico sotto molti punti di vista: contribui a creare un'immagine di forza e determinazione sia dello Stato ebraico come istituzione, che della sua volontà di giustizia (o forse persino di vendetta) e, attraverso il processo, si creò una condizione pubblica per discutere e forse chiudere i conti con un certo periodo storico altamente traumatico per la comunità ebraica e per l'intero genere umano. Forse anche l'Italia si meriterebbe di raggiungere il molteplice risultato di dare un segnale forte a governi conniventi e a fuggiaschi di ogni risma e soprattutto di affrontare e chiudere pubblicamente un doloroso e in parte ancora non chiarito periodo storico del nostro paese. Soprattutto, dopo aver mostrato determinazione, dopo aver fatto giustizia e tenendo presente il rispetto dovuto elle vittime, forse si avrebbe persino l'occasione di mostrare clemenza.

giovedì 16 giugno 2011

Brunetta - il "grande dittatore"

Ci vorrebbe un grande attore come Charlie Chaplin per scimmiottare adeguatamente la "corte dei miracoli" che ogni giorno calca le scene del governo del nostro Paese. Nei giorni scorsi mi è capitato di visionare il video del ministro Brunetta che, senza apparente giustificazione, volge improvvisamente le spalle ad una signora, appena qualificatasi, per altro educatamente, a parer mio,come rappresentante di un'organizzazione di lavoratori precari. Il ministro se ne va, senza neanche ascoltare le domande e volgendosi solo per proferire frasi ingiuriose ed indegne. Oggi la vicenda era anche riportata sulla Stampa. Personalmente mi stupisce il fatto che sembra non esistere neppure qualche scontro pregresso che possa giustificare un tale comportamento o un tale livello di tensione (o almeno nulla di tutto ciò è rilevato sui quotidiani). Dunque è incredibile e sconcertante (soprattutto per un politico!) la mancanza di educazione, la totale rinuncia a qualsiasi forma di cortesia, di disponibilità o anche solo di calcolata e magari ipocrita diplomazia. Brunetta appare come un arrogante, piccolo gerarca distante anni luce dai problemi della gente, la parodia di un infante di Spagna viziato ed egoista.

mercoledì 15 giugno 2011

Recensione: Spartaco – Le armi e l’uomo

“Spartaco – Le armi e l’uomo”, di Aldo Schiavone, edizioni Einaudi, ISBN 978-88-06-19667-7. Il libro cerca di ricostruire la vita, le gesta e le motivazioni di Spartaco, il grande condottiero dell’antichità, che nel 73 a.C. sfidò la potenza romana guidando in Italia una rivolta di schiavi che mise seriamente in crisi il potere dell’urbe. Il libro è a mio avviso veramente molto bello; l’Autore, infatti, avendo a disposizione fonti per lo più frammentarie e tutte di parte perché di origine romana, riesce nel difficile compito di ricostruire un quadro verosimile degli avvenimenti e del contesto storico e sociale in cui si accese e si sviluppò la rivolta. Anche la figura di Spartaco è ben delineata grazie ad un attento lavoro di deduzione che va ad integrare la scarsa disponibilità di informazioni oggettive. Infine l’Autore ha persino il pregio di non dilungarsi dove non c’è nulla da dire, pertanto ne esce un’opera sintetica (poco più di cento pagine) e di grande equilibrio, ben scritta ed avvincente che non scade mai nel romanzesco e non indugia in romanticherie.

Recensione: Dove muoiono i cristiani

“Dove muoiono i cristiani” di Francesca Paci, edizioni Mondadori, ISBN 978-88-04-60692-5. L’Autrice riassume, attraverso una serie d’indagini e interviste ciò che emerge con una certa periodicità dai fatti di cronaca dei quotidiani; in molte parti del mondo i cristiani sono una minoranza perseguitata. L’affermazione può destare stupore nei più disattenti e lo scopo del libro, svelato fin dalle primissime pagine, è esattamente quello di rendere maggiormente consapevoli i lettori riguardo alla situazione dei cristiani fuori da quello che potremmo definire rozzamente come i paesi del “blocco occidentale”. Noi, infatti, siamo abituati ad una realtà dove i cristiani, ed i cattolici in particolare, sono ben rappresentati e spesso attivamente supportati da una chiesa ricca, potente ed influente. Quello che rischiamo quindi è di immaginare che questa posizione di rilevanza valga anche in altri luoghi o che quantomeno la chiesa abbia il potere, la forza e l’interesse di proteggere i propri adepti anche nel resto del mondo. Rischiamo quindi di diventare ciechi e sordi, di snobbare o sorvolare su fenomeni di repressione, di violazione dei diritti umani, di libertà civile e religiosa che sono effettivamente gravi e diffusi e ci farebbero indignare se li sapessimo rivolti verso altre categorie di soggetti. La nostra sensibilizzazione su questi argomenti è anche importante per altri aspetti; non siamo ormai più abituati a pensare alla dottrina cristiana come portatrice di progresso sociale, morale e civile oltre che religioso; ed invece in tante parti del mondo il cristianesimo si identifica con tutto ciò e si pone all’avanguardia nel tentativo di superamento di molte forme tradizionali di ingiustizia, di segregazione di discriminazione sociale ed economica. Proprio per questo suo carattere “rivoluzionario” spesso il cristianesimo è osteggiato ed i suoi seguaci perseguitati.
Ci viene quindi ricordato quale debba essere la sensibilità di coloro che accolgono la vera sostanza dello spirito laico e del messaggio democratico e libertario: essi dovrebbe impegnarsi contro ogni forma di ingiustizia, a prescindere da dove essa provengano e da contro chi vengano rivolta.

martedì 7 giugno 2011

Recensione: Mamadou va a morire – la strage dei clandestini nel mediterraneo

“Mamadou va a morire – la strage dei clandestini nel mediterraneo”, di Gabriele Del Grande, edizioni Infinito, ISBN 978-88-89602-14-0. Il libro racconta i percorsi di accesso all’Europa e le storie degli immigrati clandestini mettendo pesantemente sotto accusa le politiche di contenimento dei flussi migratori messe in atto dai paesi della UE. L’inchiesta è incentrata sull’area del mediterraneo, dove l’apparato difensivo di “fortezza Europa” è ormai capillare e, a detta dell’Autore, spietato. Di fatto è preclusa ogni possibilità di accesso a tutti quei migranti, soprattutto clandestini, che non hanno la possibilità di raggiungere i paesi dell’UE con mezzi ordinari e permessi temporanei. Viene pertanto sostenuto che nei fatti, la maggior parte dell’immigrazione clandestina giunge in Europa tramite canali ufficiali (visti e permessi temporanei per studio e turismo), mezzi ordinari (treni, aerei, automobili e bus) e da paesi in qualche modo “privilegiati” in virtù di accordi politici e culturali o favoriti dalla semplice vicinanza geografica (ad es. paesi sud americani, area balcanica, est europeo); in questi casi i controlli alla frontiera sono impossibili, inefficaci o semplicemente inesistenti. Nei confronti invece dell’immigrazione clandestina che proviene di fuori di questa area ristretta di paesi favoriti i controlli sono capillari, le difese quasi impenetrabili e il tentativo di espatrio si risolve in moltissimi casi in una lunga e penosa odissea con esito spesso mortale oppure con il rimpatrio forzato verso i paesi rivieraschi dai quali giunge il flusso dei clandestini, verso i quali, negli ultimi anni sono stati siglati accordi di rimpatrio. Raccogliendo interviste e raccontando le storie dei migranti, l’Autore svela i meccanismi della tratta internazionale dei clandestini e la corruzione, le ruberie e il razzismo delle autorità di quei paesi che ormai svolgono il grosso del lavoro di contenimento a favore dell’UE. Il libro è di fortissimo impatto emotivo, le storie trasudano sofferenza e l’esito è spesso tragico, mentre quasi inesistente è il lieto fine; scopo esplicito dell’Autore è scuotere le coscienze e rimuovere il velo d’ipocrisia che ci riguarda un po’ tutti. La lettura è quindi salutare, ma dall’altra parte il libro non fornisce soluzioni e alternative alla logica del controllo dei flussi migratori e la domanda: ”Che fare?” rimane, forse egoistica, magari ispirata da bassi istinti darwiniani, forse giustificata da qualche timore d’ispirazione maltusiana, ma in ogni caso in attesa di proposte concrete e di risposta.

domenica 5 giugno 2011

Recensione: Elogio della mitezza e altri scritti morali

“Elogio della mitezza e altri scritti morali”, di Norberto Bobbio, edizioni Il Saggiatore, ISBN 978-885650197-1. L’Autore si dilunga nella precisazione delle caratteristiche e delle contrapposizioni legate alla mitezza, virtù che viene elogiata forse proprio per il suo essere percepita come “debole” e presumibilmente per la duttilità che conferisce ai soggetti che se ne giovano. Ecco quindi che essa viene ad esempio contrapposta ad arroganza, protervia e prepotenza, in quanto, secondo il filosofo, il mite non ostenta, non prevarica ed anzi tollera, lasciando l’”altro” essere ciò che è. Il Mite non è però un remissivo, un umile o peggio un debole e neppure, per altri versi, un bonario, un gioviale, un credulone o peggio, uno stupido! Semmai il mite è un non-competitivo, possibilmente un pacifico, sicuramente un soggetto un po’ distaccato e magari un tantino disincantato, eppure mai un cinico! Simpatico dunque questo mite, che a me ricorda un po’ l’immagine di un ruscello che scorre, scivola e sfugge, aggirando ogni ostacolo con garbo, compostezza e senza violenza. Chi non vorrebbe essere così? Le parti successive, che poi sono preponderanti rispetto al tema relativo alla virtù della mitezza, trattano del rapporto fra etica e politica, di ragion di stato e democrazia, della natura del pregiudizio e del razzismo, della possibilità dell’elaborazione di un etica laica e della verità. Secondo il mio parere il libro, che in alcune sue parti non è esattamente “facile” da leggere e reclama attenzione, nel complesso non è solo semplicemente molto bello, ma anche estremamente profondo.

venerdì 3 giugno 2011

Recensione: Acqua in movimento

“Acqua in movimento – ripubblicizzare un bene comune ”, di Marco Bersani, edizioni Alegre, ISBN 88-89772-15-8. Il tema trattato dall’autore e quello attualissimo riguardante le modalità di gestione e la collocazione giuridica ed ideologica dell’acqua. Il dibattito ruota in sintesi intorno ad una serie di coppie di opposti; da una parte infatti si discute se l’accesso alle risorse idriche vada inteso come un “diritto” oppure vada qualificato come “bisogno”, da ciò consegue anche un’opposta categorizzazione merceologica, che attribuisce al prezioso elemento lo status di “bene comune” oppure di ”merce” e che finisce per introdurre alla discussione riguardo all’identificazione dei soggetti più idonei per provvederne alla gestione, alla conservazione e alla distribuzione. Per certi versi si parla genericamente di settore pubblico o privato, per altri aspetti e riferendosi ad altri concetti ci si chiede quale debba essere l’ambito territoriale e giuridico che sia idoneo a gestire meglio le varie esigenze e i diritti di tutti i soggetti coinvolti, in questo caso quindi si restringe o si allarga il dibattito ad un livello locale, regionale, nazionale e persino sovranazionale. Si delinea quindi una situazione che vede contrapporsi una visione etica e sociale, ma per certi versi utopistica, ad una economica e liberista, magari più concreta ma anche meno garantista nei confronti dell’utenza di questo servizio indispensabile. L’Autore, anche tenendo presente la situazione italiana e i referendum di prossima attuazione, non ha dubbi e si schiera a favore dell’acqua pubblica e dell’accesso al servizio visto come diritto essenziale ed innegabile. Personalmente ho trovato il libro ovviamente un po’ di parte, eppure interessante; questo soprattutto perché, contrastando un certo tipo di dogmatismo facilone, in alcuni punti sembra voler dimostrare che la privatizzazione non è sempre garanzia né di nuovi investimenti né di rinnovata efficienza. Rimane poi condivisibile l’impostazione ideologica che, a mio avviso giustamente, ci ricorda che l’acqua sia effettivamente così indispensabile da meritargli un inquadramento giuridico che superi la mera assimilazione a semplice prodotto merceologico. Il problema semmai è di trovare i modi di renderla effettivamente disponibile a tutti nelle quantità, nella qualità e al prezzo che la rendano effettivamente fruibile e, riguardo alle modalità per perseguire questo obiettivo non sono personalmente convinto che la cosiddetta gestione "in house" sia la soluzione al problema.