martedì 28 settembre 2010

Sulla religione - qualche premessa

Ero sicuro che alla fine avrei finito per inaugurare anche questo tema, tale necessità infatti non ha solamente aspetti personali ma nasce anche dalla ovvia constatazione che molte delle vicende umane dipendano o siano in qualche modo intrecciate con questo argomento. Fin dall’origine dell’uomo le varie credenze religiose hanno influenzato l’agire e i pensieri degli individui agendo sullo sviluppo del pensiero, dell’etica e del sapere umano nonché sulle forme delle strutture sociali ed economiche in cui viviamo. Anche oggi, nonostante l’affermazione del metodo scientifico che ha modificato profondamente le nostre categorie del pensiero, la religione continua ad essere centrale nelle nostre vite e nelle società che ci siamo dati. Anche solo la necessità di decidere se collocarsi in macrocategorie come quelle degli atei, degli agnostici o dei credenti finisce per essere un riconoscimento quanto meno implicito dell’importanza di questo argomento nelle nostre vita. Inoltre gli aspetti religiosi rimangono ancora adesso termini di riferimento che non possono essere semplicemente ignorati nel momento in cui s’intenda rapportarsi con singole realtà, intere culture, Paesi, gruppi o individui.
Da qui, per quanto mi riguarda, scaturisce la necessità di cominciare un’analisi che mi permetta di rapportarmi coscientemente con questi argomenti. In passato ho ricevuto un’educazione cristiano-cattolica che allora era semplicemente impartita e assimilata come un dato di fatto, adesso si tratta di sapere quanto e perché di ciò che è stato passivamente assimilato vada ritenuto o rigettato. Alla fine si tratta di partire da domande semplici, ad esempio se sia utile, auspicabile o persino inderogabile impartire ai propri figli un insegnamento cristiano o comunque religioso. La risposta non è così scontata come lo era “ai miei tempi”, ora moltissimi bambini non frequentano il catechismo e tantissimi chiedono di essere esentati dalla frequenza scolastica, per altro verso, per le famiglie che optano per questa scelta viene di norma richiesto un maggior coinvolgimento, se non un atteggiamento apertamente “militante”. Intanto cresce l’”offerta” in materia religiosa (si veda ad esempio “la Santa ignoranza - Religioni senza cultura", di Oliver Roy, ed. Feltrinelli, uno degli ultimi saggi sull’argomento) che vede un proliferare di sette e credi vecchi e nuovi, autoctoni oppure esotici, importati come mode da paesi lontani o arrivati a noi al seguito degli immigranti. Cresce anche la tribù di coloro che si definiscono atei, categoria che finalmente comincia ad essere sdoganata come forma rispettabile di moralità e di pensiero.
Nel corso dei miei ultimi anni mi è capitato più volte di leggere testi attinenti al tema della “spiritualità”, ma solo ultimamente ho avvertito la necessità di ripartire da quanto avrei già dovuto conoscere. Ecco quindi il mio programma che prevede la rilettura dei quattro Vangeli canonici, seguita da quelli apocrifi (ma trascurerò invece i cosiddetti “Vangeli gnostici”), dagli atti degli apostoli per poi tornare sul vecchio testamento, tutto ciò senza pretesa di estrapolare da solo chissà quale idea teologica, ma con il solo fine di riacquisire la conoscenza di testi dei quali molti parlano, ma che pochi hanno letto davvero. Mi piace pensare poi, che sarò in grado di formulare un giudizio sui contenuti di queste opere esattamente come mi sento in grado di farlo per la maggior parte delle letture che ho affrontato ultimamente.

Recensione: Robustezza e fragilità

"Robustezza e fragilità - Che fare? Il cigno nero tre anni dopo", di Nassim Nicholas Taleb, edizioni Il Saggiatore. La continuazione de "Il cigno nero", del quale ho già parlato. L'autore analizza gli effetti della recente crisi finanziaria nell'ottica delle teorie riguardanti la fallacità di molti dei nostri modelli previsivi. Il libro è totalmente illeggibile per coloro che non hanno affrontato l'opera precedente, in pratica si tratta di una serie di capitoli aggiunti; invece, per quelli che l'hanno fatto, questa integrazione fornisce un'ulteriore iniezione di convincente buon senso. Spero vivamente che qualcosa di tutto ciò sia percepito e recepito nelle cosiddette "sedi istituzionali".

mercoledì 22 settembre 2010

Recensione: Il segreto di Padre Pio

“Il segreto di Padre Pio”, di Antonio Socci, edizioni Bur, ISBN 978-88-17-02864-6. Questa estate mi era casualmente capitato di leggere un libro dell’editrice Kaos (Dossier Padre Pio - cronologia e documenti di un grande inganno) fortemente critico riguardo alla figura del monaco canonizzato, avendo in seguito letto un libro di Socci (Caterina - Diario di un padre nella tempes) che mi aveva rivelato le posizioni fortemente religiose dell’autore e costatata la presenza di un’opera sullo stesso argomento fra la sua bibliografia, mi ero messo in testa di eseguire una comparazione fra le due pubblicazioni su di un argomento “neutro”. Decisamente si è trattato di una pessima idea, il bilancio dell’operazione è stato fallimentare e il tutto si è concluso con una perdita di tempo, mitigata solo dal fatto che a metà del libro di Socci ho deciso di interromperne la lettura (in vita mia, fino ad ora mi era capitato solo una volta!). Ammetto quindi di non poter dare un giudizio basato su di una lettura completa, a me, però è parso inutile continuare a leggere qualcosa che semplicemente mi è sembrata priva di qualsiasi “valore aggiunto”. Mentre infatti le tesi della Kaos, magari anche faziose, vengono comunque abilmente documentate tanto da costruire razionalmente quantomeno un quadro verosimile, il taglio dato da Socci sembra dare tutto per scontato per verità di fede, compreso il continuo ed attivo intervento divino che fin dall’introduzione sembra quasi riprodurre scenografie da B movie cinese (nell’introduzione il fallimento dell’attentato a Giovanni Paolo II viene spiegato con l’intervento salvifico di una suora con il dono dell’ubiquità che in forma eterea ha distratto la mano assassina di Alì Agca mentre la Madonna deviava per suo conto il corso della pallottola potenzialmente mortale:-)!). Errore mio! Non si possono confrontare i punti di vista di due universi che si poggiano su regole differenti e potenzialmente antitetiche. Per altro, anche lo stile di scrittura dell’autore non è mi è conforme, a me, infatti, è stata trasmessa più che una sensazione di noia e scetticismo, una’impressione di ansia e disagio di fronte a un approccio narrativo dal quale trasuda più che altro fanatica esaltazione rispetto a una maggiormente comprensibile tensione mistica o partecipazione emotiva di fronte ad un possibile mistero di fede.

martedì 21 settembre 2010

Recensione: Il libro dei cinque anelli

"Il libro dei cinque anelli", di Miyamoto Musashi, edizioni Mondadori, ISBN 978-88-04-58658-6.
Miyamoto Musashi è stato riconosciuto come il più grande spadaccino giapponese della storia, visse in Giappone fra la fine del del 1500 e la metà del 1600. Il libro dei cinque anelli (o libro dei cinque elementi) è l'opera che ricomprende tutta la sua esperienza di guerriero riassunta nella scuola e stile schermistico Niten Ichi-Ryu, letteralmente "due cieli, una scuola" per la ragione che veniva raccomandato l'uso contemporaneo di entrambe le spade (la Katana ed il Wakizashi). Per chi non abbia pratica con le arti marziali e nonostante il tentativo di farne una specie di compendio per manager rampanti da guidare sulla via successo (come già è successo alle opere di Sun Tzu!), sostanzialmente il libro non ha molto interesse e non risulta neanche molto comprensibile perchè l'autore si sforza di produrre non solo molti esempi pratici di guardie, parate e tipologie di attacco e difesa, ma anche di effettuare una sorta di comparazione fra le sue opinioni e la via insegnata da altre scuole schermistiche. Per chi invece ha quantomeno un po' di esperienza pratica può essere interessante constatare la potenzialità del combattimento con due spade (che però richiede un grande allenamento fisico) che stranamente, a quanto mi risulta, è stato sostanzialmente abbandonato.
A me è piaciuto rileggere quest'opera dopo ben 25 anni dal nostro primo incontro, purtroppo però non sono riuscito a trovare una particolare frase ed un concetto che mi ricordavo fosse li annidato da qualche parte nel testo, purtroppo però mi sbagliavo, evidentemente era invece in un'altro libro! Poco male! Il concetto rimane comunque valido, anche se ormai dispero dal poterlo supportare con qualche dotta fonte:-)!

lunedì 20 settembre 2010

Recensione: Cuore di tenebra

“Cuore di tenebra”, di Joseph Conrad, edizioni Bur, ISBN 978-88-17-00053-6. Forse il più noto fra le opere di Conrad (ha anche ispirato il famoso film ambientato durante la guerra del Vietnam “Apocalypse now”). Il romanzo s’incentra sul racconto fatto in prima persona dal protagonista, un marinaio di nome Marlow, che riporta la sua esperienza nell’allora Congo belga come comandante di un vaporetto fluviale operante sull’omonimo fiume al servizio di una compagnia commerciale. Il narratore viene coinvolto nell’operazione di recupero di uno degli agenti territoriali della compagnia, un uomo circondato da un alone di mistero di nome Kurtz ed insieme ad una squadra partecipa ad una spedizione che, risalendo il fiume, si inoltra nel profondo dell’Africa Nera. La trama di per se è molto scarna, ma l’obiettivo dell’autore è quello di rendere l’atmosfera onirica o meglio da incubo che pervade l’ambiente e che incombe sul protagonista. La profondità e il mistero della foresta pluviale finiscono quasi per assumere la fisionomia e l’essenza di un’oscura creatura senziente, tanto reale e vitale quanto misteriosa e diabolica che, insinuandosi nella mente degli uomini, cerca di trascinarli in un abisso di orrori ancestrali. Kurtz rimarrà vittima di tali incubi, nello stesso tempo deliranti e illuminanti, mentre Marlow si salverà per un pelo, rimanendone però segnato. Il racconto è geniale perché l’autore sostanzialmente non descrive mai precisamente i fatti vissuti e le azioni compiute da Kurtz e che lo trascineranno al delirio e alla morte, invece, induce il lettore a immaginarseli finendo così per fornirgli la possibilità di specchiarsi nella propria soggettiva e personale interpretazione del lato oscuro. Sicuramente educativo!

giovedì 16 settembre 2010

Recensione: Pakistan - il santuario di Al-Qaida

Pakistan, il santuario di al-Qaida, di Gian Micalessin, Boroli Editore, Il libro riassume in forma sintetica ma nello stesso tempo efficace e suggestiva gli ultimi quarant’anni di coinvolgimento dei servizi segreti pakistani (l’ISI) nelle trame internazionali, nei traffici nucleari e nell’opera di appoggio ai movimenti terroristici e di insorgenza attivi nella regione. L’autore da prova di essere veramente informato riguardo alla situazione del Paese e fornisce un quadro assolutamente convincente riguardo all’operato dell’ISI. Vengono quindi dipanati tutti gli intrecci che porteranno il Pakistan a sviluppare tecnologia nucleare bellica servendosi di know how tecnologico sottratto all’industria europea e che per giunta verrà rivenduto ed usato come base di partenza per impostare progetti analoghi in Iran (ormai i fase avanzata di realizzazione) e in Libia (presumibilmente abortiti). Vengono evidenziati i traffici con altri Stati canaglia come la Corea del Nord, allo scopo di acquisire l’indispensabile e correlata tecnologia legata ai missili balistici (anch’essa condivisa con l’alleato persiano), ma soprattutto viene ampliamente svelata la politica doppiogiochista nei confronti degli alleati occidentali, imperniata sul sostanziale supporto del movimento terroristico di Al-Quaida e dei numerosi movimenti affiliati invischiati nella guerra segreta contro l’India per il controllo del Kashmir. Micalessin mette dunque a fuoco i complessi legami esistenti fra il padre dell’atomica pakistana Abdul Qadeer Khan, l’assassinio del presidente Benazir Bhutto, l’attentato a Mumbai e lo stato d’insorgenza nelle aree tribali della North West frontier e nel frattempo, fra le righe, svela gli errori delle agenzie di sicurezza occidentali, prima fra tutte la Cia, sostanzialmente inefficaci nel loro tentativo di capire e di sventare per tempo le trame dell’ISI.
Per chi è interessato ad approfondire l'argomento segnalo: "Talebani", "Nel cuore dell'islam" e "Caos Asia", editi da Feltrinelli e di Ahmed Rashid, opere per altro citate spesso dallo stesso Micalessin.

martedì 14 settembre 2010

Media ed autocensura

Chissà se tutti i network che si sono scalmanati per enfatizzare le intenzioni a bruciare il Corano da parte di un irrilevante pastore evangelico (secondo il Corriere i fedeli della sua "Chiesa" non riempirebbero un'aula scolastica!) daranno altrettanto spazio nel documentare quanti morti e distruzioni saranno direttamente riconducibili a tanta indesiderabile pubblicità? Ad oggi sono già tre le scuole cristiane bruciate in Kashmir da estremisti islamici inferociti, ieri il conto era già di 18 morti.
Io sono contrario alla censura, sono però anche convinto che una qualsiasi redazione dovrebbe mostrare maggiore buonsenso e valutare con più attenzione quantomeno la rilevanza (oltre che ovviamente il potenziale impatto sull'opinione pubblica) delle opinioni che vengono divulgate. Non ha senso mettere tutte le notizie sullo stesso piano o peggio sovvertirne l'importanza. In un mondo "normale" nessuno avrebbe semplicemente mai sentito parlare del pastore Jones.

venerdì 10 settembre 2010

Recensione: Ammutinamento - La vera storia della corazzata Potemkin

“Ammutinamento – La vera storia della corazzata Potemkin”, di Neal Bascomb, edizioni Mondadori, ISBN 978-88-04-59134-4. Il libro racconta la storia di quello che forse è il più noto ammutinamento di tutti i tempi .
Qui di seguito allego una breve descrizione della trama tratta da http://libreriarizzoli.corriere.it
Nel 1905, anno cruciale per la Russia moderna, l'ammutinamento della corazzata Potemkin fu un evento di portata epocale perché mostrò al mondo la debolezza dell'impero zarista, ormai entrato in una crisi irreversibile, e perché fu il primo passo verso quella rivoluzione che dodici anni dopo avrebbe modificato il corso del XX secolo. E forse per questo che il clamoroso gesto di ribellione a bordo della più potente e moderna nave da guerra dello zar diede ben presto vita a un'epopea in cui l'esaltazione delle virtù eroiche e del fervore rivoluzionario di chi lo compì finì per oscurarne le cause profonde e la reale dinamica. A ristabilire la verità storica attraverso una scrupolosa ricostruzione dei fatti, e a una loro efficace drammatizzazione in un intreccio appassionante, provvede ora il documentato libro di Neal Bascomb. Pur non sottacendo l'abnegazione e l'audacia delle centinaia di semplici marinai e delle poche decine di rivoluzionari convinti di aver sposato una "causa sacrosanta", scopo dichiarato dell'autore è radicare la loro vicenda nel variegato contesto sociale e politico in cui si svolse. Innanzitutto, il graduale disfacimento del potere autocratico russo, sconfitto qualche settimana prima, proprio sui mari, dai giapponesi e minacciato dalle insurrezioni del proletariato di contadini inurbati. Ma anche i tormenti del tentennante zar Nicola II che, spaventato dal nuovo, reprimeva nel sangue le istanze di un popolo che aveva ancora fiducia in lui.


Aggiungo a queste descrizioni il mio giudizio. Il libro mi è piaciuto molto, è avvincente e scorrevole, l’autore riesce effettivamente a spiegare molto bene il contesto politico,economico e sociale in cui si trovava la Russia al momento dei fatti narrati, ma riesce anche a coinvolgere emotivamente il lettore nelle vicissitudini dei marinai coinvolti nell’ammutinamento. Nel libro emergono degli aspetti noti ma comunque interessanti, in altre parole come il ruolo di pochi elementi fortemente ideologizzati e dotati di un minimo di organizzazione fosse sufficiente ad influenzare la grande massa di marinai dubbiosi. Dall’altra emerge non solo lo stato di tremenda arretratezza che ormai caratterizzava l’autocrazia zarista, estremamente bisognosa di riforme politiche ed economiche, ma viene anche ben stigmatizzata l’inconsistenza e l’immobilismo della cosiddetta leadership intellettuale di area socialdemocratica che appare più che altro presa da inutili dibattiti, diatribe dottrinali e distinguo interni piuttosto che impegnata a svolgere un ruolo di organizzazione e di sostegno dei movimenti insurrezionali che invece emergevano spontaneamente a seguito dell’oggettiva situazione socio-economica e che spesso si coagulavano (come avverrà nel caso dell’ammutinamento) attorno alle figure di pochi disperati e/o coraggiosi soggetti. Si ha dunque l’impressione che effettivamente i moti popolari avessero luogo nonostante e non grazie ai proseliti di questi personaggi che poi alla fine finirono per acquisire in Russia le leve del potere. Condivido infine le ultime battute dell’autore che si duole del fatto che uomini come i marinai della Potemkin, che cercavano la libertà e una vita migliore, trovarono la morte in una lotta rivoluzionaria dalla quale scaturì una Russia che avrebbe avversato tali ideali in maniera altrettanto radicale di quella contro la quale essi stavano combattendo.

mercoledì 1 settembre 2010

Recensione: Tortuga

“Tortuga”, di Valerio Evangelisti, edizioni Mondadori, ISBN 978-88-04-58338-7. Dopo aver letto “La vera storia del pirata Long John Silver” di Larsson, mi ero messo, senza successo, alla ricerca della “Storia della pirateria” di Defoe, nell’attesa di reperirlo in libreria mi sono ricordato di questo libro acquistato tempo fa ed abbandonato in attesa di lettura nella pila dei libri da leggere. Il romanzo tratta degli ultimi giorni dei fratelli della costa, i corsari basati a Tortuga ed al servizio della corona francese, diventati “scomodi” dopo la stipula della pace fra Francia e Spagna. La storia s’incentra su Rogerio de Campos, un ex gesuita che viene catturato ed arruolato a forza come nostromo dal pirata Lorencillo e da questi avviato al mestiere di pirata. La trama del romanzo non ha a mio avviso una grande consistenza, ma l’autore riesce invece a rendere molto bene l’ambiente della pirateria, con le sue strane regole, magari feroci ma anche genuinamente democratiche e perfino “moderne” e che finiscono per affascinare e coinvolgere anche il protagonista del racconto. Complessivamente la storia finisce per essere divertente e interessante.

Recensione: Khyber Pass

"Khyber Pass, Una storia di imperi ed invasioni", di Docherty Paddy, Edizioni Il Saggiatore. Focalizzando il punto di vista sullo strategico passaggio che adesso divide l'Afghanistan dal Pakistan e che, di fatto, apre la strada alla valle dell'Indo, il libro racconta in breve il succedersi d’imperi e invasioni che si sono avvicendate dal periodo precedente all'impero achemenide per giungere fino ai giorni nostri. Lo spazio riservato a ogni rivolgimento, alle sue cause e alle sue conseguenze è forzatamente limitato, pertanto il libro è da una parte interessante perché fornisce una visione d'insieme del "continuum" storico relativo a quell'area, mentre dall'altra lascia un po' con l'amaro in bocca. Su una serie di punti in particolare l'opera sembra particolarmente riuscita, l'autore riesce a trasmettere l'importanza strategica e culturale dell'area e a fare emergere i profondi e storici legami che da sempre sussistono fra quelle terre e la nostra cultura. Quelli, infatti, non sono luoghi alieni, ma fin dai tempi di Alessandro Magno costituiscono un naturale luogo di contatto e scambio fra Oriente ed Occidente.