venerdì 29 dicembre 2017

Recensione: Se questo è un uomo

“Se questo è un uomo”, di Primo Levi, edizioni Biblioteca di Repubblica, ISBN 84-8130-458-1.

L’Autore, attraverso una nota opera autobiografica racconta la propria esperienza di internato ebreo nel lager nazista di Auschwitz.

Questo libro, giustamente assurto alla fama di capolavoro, non ha bisogno di ulteriori commenti, né è necessario ricordare le atrocità compiute in quel campo di sterminio per immedesimarsi nelle traversie patite dall’Autore.

Una cosa però forse vale la pena di rimarcarla; questa è la seconda volta che leggo questo libro. Mi era stato propinato come lettura obbligatoria a scuola e, come tale, non mi aveva lasciato né ricordi, né impressioni; anzi, il suo messaggio centrale mi era in qualche modo sfuggito, diluito nel fiume delle immagini e delle situazioni drammatiche, ma soprattutto, perché filtrato attraverso una chiave di lettura che enfatizzava le particolarità del momento storico e stendeva un velo di retorica buonista e di facile dietrologia relativamente ai fatti narrati.

Invece, il vero messaggio dell’Autore, forte e agghiacciante, a mio avviso, emerge chiaramente nella sua opera e, nel caso uno avesse ancora il dubbio, esso viene esplicitato dallo stesso nel capitolo dei “I sommersi e i salvati”. In esso si spiega come si potevano identificare fin da subito i prigionieri che avrebbero avuto qualche chance di sopravvivenza rispetto a quelli che sicuramente avrebbero finito per soccombere. Ebbene, in questi “vincenti”, veri campioni di natura darwinista non c’è nessuna caratteristica che una società “normale” e, supposta “civile” classificherebbe come “positiva”, anzi, essi appaiono quasi l’antitesi dei nostri modelli morali … eppure, essi si salvano! Mentre gli altri, quelli che ancora si illudono che abbia senso seguire le regole (quelle del campo soprattutto, che assurdità!), che si affidano alla fede in Dio o nel prossimo … soccombono, perché in un mondo di risorse limitate i pochi si sorreggono necessariamente solo a danno dei tanti.
Terribile lezione questa che toglie ogni illusione riguardo alla reale tenuta e valore di tutto ciò che noi riteniamo elevato: la morale, la religione, la solidarietà, la certezza della bontà di fondo della natura umana, l’ordine sociale e ogni altro concetto che sia al di fuori della nostra mera e pura capacità di sopravvivere da soli e, spesso, a danno di altri.

In conclusione, per chi è passato attraverso esperienze come quella dell’Autore, le nostre società e le normali convenzioni sociali devono apparire come sottili veli di illusione pronti a lacerarsi di fronte a delle serie minacce che minino la possibilità di sopravvivenza dei singoli; in tali situazioni, tutto il castello delle nostre certezze cade per lasciare spazio al solo istinto di sopravvivenza e di sopraffazione.
Cosa ci può essere di peggio rispetto all'avere acquisito una tale consapevolezza?