lunedì 5 dicembre 2022

Rensione: "Diversi – Le questioni di genere viste con gli occhi di un primatologo"

 

"Diversi – Le questioni di genere viste con gli occhi di un primatologo”, titolo originale “Gender Through the Eyes of a Primatologist”, di Frans de Waal, traduzione di Allegra Panini, edizioni Raffaello Cortina; Isbn 978-88-3285-437-4.

Frans de Wall, primatologo di fama mondiale discute di differenze di sesso e genere partendo dalle osservazioni scientifiche sugli animali. Il panorama è amplissimo, seppur incentrato soprattutto sui mammiferi, e privilegiando soprattutto i soggetti della sua specializzazione, le scimmie antropomorfe.

Il risultato è un Saggio bellissimo e divertente, pieno di aneddoti, esempi e ironia, che bacchetta in egual modo gli opposti estremi degli schieramenti pro e contro le teorie di “genere” riportando tutti sulla Terra. Intanto, ci ricorda che la natura di solito propone un “continuum” e raramente, nella realtà, le situazioni si risolvono negli estremi e limitandosi ad un “bianco o nero”; le differenze fra sessi esistono e sono presenti fin dalla nascita, ma la natura ama la variabilità e quindi sono presenti innumerevoli casi in cui gli animali maturano “scelte” di genere o mettono in atto comportamenti apparentemente non coerenti con le mere scelte riproduttive. L’Autore smonta il preconcetto che vede gli animali come soggetti “programmati” imprigionati in ruoli ineludibili e a comportamenti finalizzati alla sola propagazione della specie. Come per noi umani, spesso gli animali “scelgono”.

Come noi umani, essi sono empatici e sono sensibili alle esigenze altrui, adottano ed accudiscono i loro simili ma, in casi non infrequenti, dedicano le loro “attenzioni” anche a soggetti appartenenti ad altre specie; sviluppano caratteri e umori altamente soggettivi e spesso assumono ruoli di solito più prevalenti in soggetti del sesso opposto; praticano il sesso come collante sociale, per divertimento e/o a scopo consolatorio e non solo a fini riproduttivi (anzi, riguardo al nesso sesso/riproduzione, vengono ritenuti abbastanza inconsapevoli!). Riguardo alle scelte del partner sessuale sono spesso “promiscui” e, a questo proposito, la natura presenta tutta la variabilità di scelte sessuali e partner che il genere umano solo adesso comincia ad accettare.

Un vero spasso, soprattutto perché l’Autore, adottando un punto di vista positivo e liberale del mondo animale, si sofferma spesso a mettere il dito nella piaga sulle nostre spesso marcate incoerenze, ambiguità e inibizioni.

mercoledì 23 novembre 2022

Recensione: L’avvocato dell’atomo

 "L’avvocato dell’atomo”, di Luca Romano, edizioni Fazi; Isbn 9791259672148.

Il dibattito sull'energia nucleare sembrava arrivato ad un punto definitivo dopo gli incidenti di Cernobyl (Ucraina 1986) e Fukushima (Giappone 2011). Per le opinioni pubbliche, soprattutto occidentali, sembrava ormai scontato un percorso che sanciva il progressivo abbandono di queste tecnologie, almeno limitatamente al tema della fissione e mostrando ancora qualche apertura per le applicazioni della sola fusione nucleare, per altro ancora lontano da una fase effettivamente applicativa.

In realtà il dibattito fra gli “addetti ai lavori” è rimasto nel tempo abbastanza vivace e i programmi sul nucleare civile sono tutt'altro che fermi e, anzi, in molti casi sono in piena espansione.

Più in generale, l’avanzamento delle nuove tecnologie, soprattutto sul tema della sicurezza, gli effetti della guerra in Ucraina sul prezzo dei combustibili fossili e, in modo forse meno evidente (ma più incisivo nel lungo termine), gli accordi internazionali e i programmi nazionali finalizzati alla riduzione delle emissioni di gas serra gli effetti, stanno convincendo anche i Paesi più refrattari (es. Italia e Germania) a riaprire il dibattito, mentre alcuni Paesi già convintamente “nuclearisti” (es. la Francia) hanno già avviato un profondo programma di rinnovamento del loro “parco” nucleare producendo effetti anche nel mondo della finanzia (es. riacquisto del colosso elettrico EDF da parte dello Stato francese).

In questo contesto “fa notizia” la posizione del partito Verde finlandese che ha di recente svoltato pubblicamente   in favore della tecnologia nucleare (la Finlandia sta per mettere in funzione una nuova centrale a fissione!):

https://www.repubblica.it/venerdi/2022/11/21/news/finlandia_verdi_energia_nucleare-375389772/

 In questo contesto, il libro in oggetto si pone l’obiettivo di suscitare il dibattito presso l’opinione pubblica nostrana, traumatizzata più che in altri luoghi dalla paura dell’atomo.

Il libro sembra essere in grado effettivamente di rispondere punto per punto a tutte le obiezioni verso l’applicazione di queste tecnologie e lo fa in maniera spesso ironica e divertente fornendo una ragguardevole mole di dati a sostegno delle proprie tesi.

Personalmente, sono stato un soggetto facile da convincere alla chiamata alle armi per la causa dell’atomo (ancora ragazzo, avevo votato contro i referendum nella tornata elettorale del 1987) ma devo ammettere che questo libro brillante e divertente ha contribuito a farmi passare dalla posizione di timido e pauroso appoggio (condizionato dalla cattiva informazione relativamente agli effetti degli incidenti sopracitati!), ad una adesione più convinta e serena.

Ho un debito di riconoscenza verso mio figlio (ventenne) nel convincermi a leggere questo Saggio (che pensavo fosse un po’ una stupidaggine, visto il titolo non troppo rigoroso e accattivante!); lo considero un segno che la nuova generazione sembra avere una visione meno condizionata e strumentalizzata verso questi argomenti. ... e a questo proposito, studiatevi la parte del libro che parla in specifico delle sinergie fra la tecnologia nucleare e le altre fonti rinnovabili 😊!

 Oggi sono convinto che la costruzione di una decina di nuove centrali nucleari in Italia sarebbe un buon investimento di lungo periodo e dovrebbe costituire un obiettivo e un programma di una qualsiasi parte politica che volesse accreditarsi seriamente riguardo al tema energetico. In particolare, stigmatizzo come questa posizione rischi di essere appannaggio soprattutto delle destre (che sono uscite recentemente sul tema durante le passate elezioni politiche di questo autunno), mentre i partiti progressisti siano ancora molto timidi (per non dire codardi!) rispetto a questi temi.

lunedì 26 settembre 2022

QUALCHE RIFLESSIONE SUL DOPO ELEZIONI

Beh! Peccato non aver scritto questo post prima, sarebbe infatti stato di una certa consolazione sapere che le previsioni che facevo si sono perfettamente realizzate.

In sintesi (come previsto, ma questo era facile!), la destra ha stravinto per la larga affermazione di Fratelli d’Italia dopo una campagna elettorale che ha visto Giorgia Meloni come protagonista assoluta che ha completamente offuscato alleati ed avversari; dunque, c’è una sola vincitrice, lei!  Alla fine, tocca pure farle i complimenti, brava! In un contesto di affermazioni opache e di equilibrismi assai precari lei, invece, ha detto chiaramente la sua e, evidentemente, ha convinto.

A lei i miei migliori auguri ... e speriamo, fra tutti, di cavarcela! Visto che, in fondo, siamo tutti sulla stessa barca.

 Gli altri, a parte il Movimento 5 Stelle, che sotto la guida di Conte ha dimostrato di essere ancora forza vitale e, soprattutto, santo patrono delle distribuzioni “a pioggia”, sono invece tutti dei perdenti.

Non parliamo della Lega di Salvini che è stata trascinata a fondo dal suo leader, ormai chiaramente percepito, presumibilmente anche da molti dei suoi colonnelli e supporter, come un, buffone inaffidabile e, in più, prezzolato o quantomeno fortemente influenzato dalla Russia di Putin (che proprio, ad oggi, non gode di grande stima).

Forza Italia non ha chiaramente più nulla da dire, è stata svuotata dalle sue poche personalità di un certo spessore e si sta spegnendo per il progressivo processo di senescenza che caratterizza il suo leader e il suo elettorato.

I grandi artefici della loro stessa sconfitta sono però, in primo luogo il PD (per il quale, a malincuore ho in“utilmente” votato!) e, secondariamente, Azione di Calenda (e Renzi). Solo alleandosi, superando le differenze (non troppe, al vero, al netto dei meri formalismi) e reciproci asti avrebbero potuto avere una chance per queste elezioni, il bello è che lo sapevano benissimo, ma hanno preferito litigare come “checche isteriche” (mi si scusi la definizione poco inclusiva e certamente "non corretta"!) buttando a mare le già esigue possibilità di vittoria e le basi future come raggruppamento stabile e veramente rappresentativo della maggioranza silenziosa.

Fra le due coalizioni le vere responsabilità sono però diverse e, alla fine, tocca ammettere che sia il PD di Letta il massimo artefice del solito suicidio dell’area moderata (smetterò di definirla di “sinistra” perché proprio non è tale!) e della nascente, e già morta in culla, area “liberal” chiaramente di centro (e forse anche un po’ di “sinistra”). A mio avviso, il peccato mortale del PD è dei suoi leader e quello di essere chiaramente dei soggetti bisognosi di psicoterapia non riuscendo ancora ad accettare il loro ruolo di agenti politici di centro (e al più, moderatamente di sinistra) assegnatogli dalla Storia e rincorrendo ancora i velleitari sogni rivoluzionari della gioventù e le scomode alleanze degli ultimi barricaderi di estrema sinistra, carismatici e convincenti come la mummia di Lenin in decomposizione a Mosca nonché, ammettiamolo, dal loro punto di vista coerentemente,  in disaccordo su qualsiasi punto di programma che un medio elettore del PD ritenga ormai ragionevole.

In sintesi, il PD ancora non capisce che il suo elettorato è oramai di sua natura “borghese”, neanche troppo liberal e persino un po’ conservatore, soprattutto su una serie di temi spinosi quali, ad esempio, l’ordine pubblico e l’immigrazione e magari solo un po’ più aperto del suo omologo un po’ più destrorso, seppur distrattamente, su temi come l’omosessualità e le droghe leggere; in ogni caso, certamente non disposto a sfilare al Gay Pride se non per puro ed istintivo afflato festaiolo magari carburato da uno spritz di troppo, non ostile ma non disposto ad immolarsi per il DDL Zan, ma soprattutto, pronto  a tornare comunque solidamente ancorato a capisaldi più pragmatici come l’europeismo, l’economia, le finanze e la politica fiscale. Un soggetto che magari si divide fra la lettura di Repubblica e, non incoerentemente (dal suo punto di vista), del Corriere della sera ma che, all'occasione posa gli occhi sul Sole 24 ore, ma anche sul Post. Per dirla con una definizione che sicuramente aggraverebbe i problemi psicologici dei suoi leader, l’elettore medio PD, al netto del progresso sociale avvenuto nel frattempo, potrebbe collocarsi perfettamente nell'area che, al tempo della “prima repubblica” era occupata dal penta partito e persino dalla sinistra DC! ... in ogni caso ad anni luce da tentazioni neo-maoiste, staliniste, leniniste, ecc., ecc.

L’elettore PD è quindi un pantofolaio come il sottoscritto o, nei migliori casi, un giovane con la testa sul collo che pensa si futuro ecologico del pianeta ma soprattutto a quello lavorativo in Italia e vorrebbe tanto evitare di andare a lavorare in Germania (almeno per la dieta!) e che, se lo può permettere, fa volentieri l'Erasmus e che, pertanto, alla sua compagine elettorale chiede lungimiranza, moderazione, serietà, assennatezza e rigore quando serve; tutti valori che dunque, in sintesi, sono assolutamente sovrapponibili a quelli dell’area di centro-destra a sconto di qualche differenza, grande a parole e piccola nella sostanza su alcuni temi “pruriginosi” dei quali si fa spesso bandiera ma che, in fondo in fondo, non costituiscono veramente gli aspetti che interessano la maggioranza di suddetti elettori.

mercoledì 24 agosto 2022

Recensione: The Game

 

"The Game”; di Alessandro Baricco; edizioni Einaudi; Isbn 9788858429778.

In questo saggio Baricco racconta l’avvento dell’era digitale ricostruendo tutti i passaggi principali che, dai primi personal computers, passando per i primi videogames e pc, ci hanno portato all’avvento di internet, del web, degli smart phone, dei social e di big data e di tutto ciò che ormai amiamo e temiamo e che raggiungiamo comodamente e forse anche un po’ pericolosamente attraverso i nostri cellulari.

Egli ci spiega che la società connessa in cui viviamo è non solo il risultato di un cambiamento tecnologico rispetto al mondo analogico, ma una vera e propria nuova civiltà, il frutto di una rivoluzione che, fin dagli albori e nei progetti dei suoi precursori, ispiratori, ideologi e, soprattutto, sviluppatori doveva porsi in antitesi e in alternativa col modo di pensare novecentesco. Il risultato è una società dinamica, fluida, disintermediata, veloce e, se vogliamo, estremamente competitiva e selettiva dove tutto sembra un videogioco e chiunque può essere attore; dove tutto è comodo ed accessibile e ad ognuno è concesso “navigare”. In questo mare però solo pochi “gamers”, i più abili, si muovono con la dovuta padronanza che permette loro di raccogliere ricchi “jackpots” e di vivere da protagonisti.

The Game è, come i nostri mari reali, un luogo che pretende di essere l’apoteosi della libertà dove si è sempre e per forza marinai, spesso mercanti, alcune volte pirati, non raramente naufraghi! Mare in cui, non sempre si riesce a navigare a vele spiegate ma nel quale, come minimo, bisogna quantomeno imparare a nuotare.

Io appartengo ad una generazione che ha visto tutte queste cose “... che voi umani”, che è nata senza telefonino e senza pc, che ha programmato in basic con le prime calcolatrici Sharp, che ha giocato veramente a “Space invaders” o a tennis con il Commodore 64, che ha scritto la tesi con i primi programmi di video scrittura (quello che usavo io mi sembra si chiamasse “Olitest” e da decenni è stato consegnato alla storia; era dell’ormai sostanzialmente defunta Olivetti!), che usava direttamente i comandi DOS, che ha visto la nascita di internet, dei browsers, del web, dei cellulari e degli smartphones; leggendo questo libro ho ripercorso tutto questo e mi sono divertito perdendomi nei ricordi! Peccato solo per alcuni concetti ripetuti un po’ troppe volte ...

domenica 7 agosto 2022

Corriere della sera: TASSE, GLI ITALIANI NON SONO OPPRESSI DAL FISCO: LA METÀ VIVE «A CARICO» DEGLI ALTRI

 

Splendido articolo di Alberto Brambilla sul Corriere dell Sera:

https://www.corriere.it/economia/opinioni/22_agosto_07/tasse-italiani-non-sono-oppressi-fisco-meta-vive-a-carico-altri-0b809296-118c-11ed-987b-bc2e15ee3b43.shtml

L’Autore attacca la politica sul tema della fiscalità e comincia il suo articolo in questo modo: “Ma che cosa si aspettano dal futuro gli italiani? Evidentemente tanto, drogati da promesse e spese insostenibili.”.

Poi ci ricorda un po’ di storia ricostruendo gli spostamenti di parti rilevanti dell’elettorato nelle più o meno recenti tornate elettorali sulla base delle promesse dei politici, rivelatisi per lo più, insostenibili per i conti pubblici, o peggio, quando realizzate, largamente responsabili del dissesto degli stessi. Cita quindi in successione: Renzi, 5 stelle, Berlusconi e Lega; campioni del reddito a “pioggia”, delle pensioni facili e nemici delle imposte patrimoniali.

Fatto ciò, comincia la parte più interessante dell’articolo, quella che, riferendosi agli italiani tartassati sostiene : “... pensano (preciso io: “gli italiani”) di essere oppressi dalle tasse e invece la stragrande maggioranza di loro non solo non paga nulla ma è anche beneficiaria di tutti i servizi gratis, a partire dalla sanità

A supporto delle sue tesi, cita il MEF: “Il Mef ci dice che quelli che fanno una dichiarazione dei redditi sono circa 41 milioni ma quelli che pagano almeno 1 euro di Irpef sono 30 milioni” e aggiunge: “... ergo metà degli italiani vive «a carico» di qualche altro. Dieci milioni di contribuenti pari a 14,48 milioni di abitanti vivrebbero, in base alle loro dichiarazioni, per un intero anno con meno di 3.750 euro lordi; altri 8,1 milioni dichiarano redditi tra 7.500 e 15.000 euro, pari in media 651 euro al mese; altri 5.550.000 guadagnano tra i 15 e i 20 mila euro lordi l’anno (meno di mille euro al mese!). Riassumendo, i contribuenti delle prime due fasce di reddito sono 18.140.077, cioè il 43,68% del totale dei dichiaranti pari a 26,13 milioni di abitanti. Tutti insieme pagano solo il 2,31% dell’intera Irpef cioè circa 4 miliardi, cioè ben 153 euro l’anno. Per il solo servizio sanitario di cui beneficiano gratuitamente, costano ad altri cittadini «volonterosi» ben 50,4 miliardi l’anno.”. 

Dopo qualche altro dato l’autore chiude con la seguente serie di domande retoriche: “Possibile che la politica non riesca a dire la verità agli italiani e cioè che viviamo molto al di sopra delle nostre possibilità, che è tutto gratis: sanità, scuola, la gran parte dei servizi degli enti locali (dopo che Berlusconi ha eliminato l’Imu), l’acqua e così via; che tra Stato centrale e enti locali vengono elargiti ogni anno oltre 180 miliardi in aiuti e sussidi tutti esentasse (in nero) che ovviamente creano altra evasione Irpef e Iva? Possibile che non sappiate che gli italiani non sono così poveri perché spendono oltre 130 miliardi per giochi e lotterie, che siamo al secondo posto in Europa per possesso di animali da compagnia e al primo posto per prime e seconde case, automobili, telefonia, abbonamenti a pay-tv. Non è ora di finirla con questa politica inetta?

Tutto quanto, a mio parere condivisibile e, tuttavia interessante, perché sembra voler sbandierare una verità che a molti fa comodo ignorare; gli evasori non sono solo i ricchi ma pure (forse prevalentemente) i “poveri” (o sarebbe meglio chiamarli gli “invisibili” al fisco?).

È noto che l’evasione fiscale nel Bel Paese è massiccia (quanto trasversale) e il lavoro nero è sì una piaga ma si basa spesso sulla mutua convenienza di datore di lavoro e lavoratore (almeno quando questi incassa il reddito di cittadinanza)

Su una cosa però Alberto Brambilla si illude certamente; un programma elettorale finalizzato a spiegare la situazione e privo di promesse sarebbe magari onesto ma certamente non porterebbe molti voti 😊.

sabato 16 luglio 2022

Recensione: Sentire e conoscere – Storia delle menti coscienti

 

"Sentire e conoscere – Storia delle menti coscienti”; di Antonio Damasio; titolo originale: “Feeling & Knowing – Making minds Consciscious”; Traduzione di Isabella C. Blum; edizioni Adelphi; Isbn 978-88-06-459-3655-5.

In questo breve e sintetico Saggio, l’Autore, esperto di neuroscienze, cerca di sintetizzare alcuni concetti fondamentali legati al funzionamento della mente cosciente.

Molto interessante il discorso evolutivo e le distinzioni fra il concetto di “essere”, “sentire” e “conoscere” nonché l’individuazione dell’omeostasi, nel senso chimico e fisiologico, quale concetto che viene posto alla base delle “scelte” degli esseri viventi di ogni tipo, siano essi unicellulari e dotati di quella che l’Autore chiama “intelligenza non esplicita”, oppure più “evoluti” e dotati di “coscienza” e che, in estrema sintesi, sono caratterizzati da apparati sensoriali atti a “mappare” più efficientemente l’ambiente circostante. Fondamentale, in questo contesto, nel percorso evolutivo che porta dall'intelligenza senza mente degli esseri” semplici” all'intelligenza cosciente degli esseri umani, il riconoscimento del ruolo del sistema nervoso, nonché della capacità del cervello, a questo collegato, di costruire, ricordare/richiamare e astrarre “mappe” spaziali e/o sensoriali dell’ambiente circostanze.

Una bellissima sintesi che svela la bellezza e le potenzialità della mente umana ma che, dall’altro, seppur riconoscendone l’eccezionalità, ne evidenzia anche i limiti e ne sottolinea gli obbiettivi di base, intrinsecamente legati alla necessità di “sopravvivere”. Ciò, fra le altre cose, ci riconcilia con le esigenze di base di tutti gli altri esseri viventi, anch'essi, a loro modo “intelligenti” e spinti dai medesimi nostri bisogni.

lunedì 27 giugno 2022

Qualche considerazione sulla sentenza della Corte suprema USA che elimina il diritto d'aborto

La sentenza della Corte Suprema USA che elimina il diritto costituzionale all'aborto rovesciando la sentenza Roe vs Wade è, per molti versi, “devastante”.

Anche se, obiettivamente, si tratta di un ritorno al medioevo che lascia molti milioni di cittadini in balia di legislazioni statali particolarmente retrograde, non alludo qui all'aspetto morale in sé della questione che, ovviamente e soprattutto su questo tema, ammette posizioni molto diverse e anche molto rigide sull'argomento, ma alle modalità e, se vogliamo, alla sede in cui una decisione di tale portata è stata presa. Una cosa, infatti, è l’opinione del semplice “uomo della strada”, tutt'altra cosa, quella del supremo organo giurisprudenziale del Paese.

Il vero problema “istituzionale” quindi è che, compiendo tale scelta, la Suprema Corte si è sostanzialmente delegittimata agli occhi della Nazione perdendo il suo carattere di imparzialità. È chiaro, infatti, come la sentenza della Corte sia stata soprattutto politica (nonché programmatica) e ciò è grave se si tiene conto che il supremo organo giuridico dell’Unione non è elettivo e che i membri della Corte sono eletti a vita su stretta indicazione del Presidente degli Stati Uniti.

Che dire ... contenti loro! Diciamo che, per fortuna, questa volta non sono magagne di casa nostra e, dal nostro punto di vista di europei (almeno di quelli civilizzati) possiamo permetterci di guardare la cosa dall'alto in basso nel vedere la deriva di un organo di tutela di quello che dovrebbe essere il faro della democrazia, ormai scaduto ad arena ideologica, quasi fosse uno dei nostri peggiori Parlamenti.

Dall'altra parte, posto che sicuramente questa sentenza finirà per avere effetti anche presso le nostre sponde ringalluzzendo il morale degli elementi più retrogradi, sarà bene tenere la guardia alta.

Nel frattempo, per pure spirito polemico, potremmo suggerire agli americani di ritrasferire da noi la Statua della Libertà (:-)), in fondo, sembrerebbe che ormai faccia una migliore figura lì da dove è partita rispetto a dove è collocata adesso!

martedì 21 giugno 2022

Russia: gli effetti dell'"operazione militare speciale" e il futuro dei rapporti di Mosca con l'Occidente in un articolo di Fjodor Lukjanov

 Dopo tanta propaganda fra le parti, finalmente un articolo di fonte “russa” che vale la pena di leggere:

 https://www.repubblica.it/esteri/2022/06/17/news/lukjanov_mosca_puntera_su_cina_e_india_e_morta_lidea_di_uno_spazio_comune_con_lue-354395912/

Scritto da Fjodor Lukjanov, direttore della ricerca del Valdai Discussion Club, think tank vicino al Cremlino, nonché presidente del Consiglio per la politica estera e la difesa e direttore di Russia in Global Affairs; fornisce finalmente una spiegazione abbastanza equilibrata degli effetti della cosiddetta “operazione militare speciale” sulla base del punto di vista dell'"altra parte".

 In sintesi, secondo l’Autore, la mossa del Cremlino:

-    - Certifica la fine dei tentativi di Mosca di integrarsi con l'Occidente sulla base dei modelli culturali di quest’ultimo. La Russia ha quindi esaurito la fase, cominciata con la caduta del Muro, dove si prospettava la sua omologazione ai valori culturali ed economici promossi da Stati Uniti ed Europa. Per il futuro, si prevede un progressivo ri-allacciamento dei rapporti fra le parti ma su basi legate essenzialmente a ragioni di opportunità economica reciproca.

-     -  Rende necessaria una ricerca di maggiore integrazione con Cina e India soprattutto sul piano economico.

In questo contesto non è chiaro quali saranno i nuovi equilibri geopolitici che ne scaturiranno a medio termine.

Sempre secondo l’Autore, risulta difficile fare previsioni riguardo all'assetto geografico delle zone contese che si determinerà dopo un eventuale cessate il fuoco con l’Ucraina; egli pensa però che, difficilmente, i territori occupati dalla Russia possano poi essere restituiti all'Ucraina. 

Personalmente, ho trovato questa analisi “onesta” e realistica.

venerdì 10 giugno 2022

Recensione: Le Benevole

 "Le Benevole”; di Jonathan Littel; titolo originale: “Le Bienveillantes”; Traduzione di Margherita Botto; edizioni Einaudi; Isbn 978-88-06-18731-6.

Si tratta di un romanzo che vede come protagonista Maximilien Aue, nato in Alsazia (Francia) ma di padre tedesco che, proprio grazie al suo dualismo culturale e al suo bilinguismo dimostrerà di riuscire a muoversi con disinvoltura sia in Francia sia in Germania cogliendo le opportunità e le scappatoie che, nei momenti critici, gli offriranno entrambi i Paesi.

Maximilien all'inizio del romanzo si presenta; dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, sotto una falsa identità, si è trasferito nel nord della Francia dove dirige con successo una fabbrica di merletti, è sposato e conduce una tranquilla e agiata esistenza borghese; ormai è in età avanzata ed è intento a scrivere le proprie memorie dove descrive, senza alcun senso di colpa il suo ruolo nella Guerra e il suo passato giovanile di nazista, pesantemente immischiato nella macchina omicida della “Soluzione Finale”.

Maximilien durante la guerra ne ha letteralmente passate di “cotte e di crude”; si è unito alle SS e ha partecipato alla campagna del Caucaso entrando nelle famigerate Einsatzgruppen, i corpi speciali incaricati della ricerca e della eliminazione di ebrei, zingari e comunisti; poi ha combattuto a Stalingrado, uscendone ferito e decorato; infine ha ricevuto incarichi strettamente correlati alla verifica dell’efficienza dei campi di sterminio e del trasporto degli ebrei a partire dai Paesi occupati dall'esercito tedesco. In ragione di questa esperienza egli è entrato in contatto con moltissimi dei principali personaggi implicati con il nazismo (ad esempio, Speer) e con i gerarchi direttamente implicati nella soluzione finale (ad es. Himmler, Eichmann, Kaltenbrunner, Heydrich, Frank e tanti altri), fino ad incontrare lo stesso Hitler che finirà per “decorarlo” nuovamente (beh! Riguardo a questo punto non voglio rovinarvi la sorpresa!) in un momento appena precedente al suo suicidio e alla resa definitiva della Reich tedesco.

In virtù di questo suo ruolo da protagonista egli descrive come testimone diretto i fatti atroci della campagna orientale, dell’olocausto e della Soluzione Finale, ma non mostra alcun pentimento per il suo ruolo svolto. In questo suo atteggiamento, dove egli si vede fondamentalmente come un normale esponente del suo tempo, della sua cultura e della sua classe sociale, nonché diligente e fedele esecutore dei compiti assegnatigli, va un po’ a convergere con la difesa che farà Eichmann del suo operato nel processo che lo vedrà coinvolto in Israele nel dopoguerra dopo la cattura ad opera del Mossad.

Il pregio del romanzo è dunque proprio quello di mostrare chiaramente il potenziale lato oscuro di ogni essere umano, quello già evidenziato in fondo nella “banalità del male” di Hannah Arendt, ovvero quell'insieme di mancanza di scrupoli, cinismo, arrivismo, servilismo, tatticismo, perbenismo, conformismo, codardia e miopia che, ben più della pazzia, spiega, a posteriori, il coinvolgimento delle persone “normali” nei più efferati fatti storici e che può trasformare e far scivolare ognuno di noi in un obbediente carnefice o almeno, e più banalmente, in un patetico, consapevole e acritico “yes man”.

A questo proposito, tra l’altro e a mio parere, l’Autore compie un mezzo passo falso perché, alla fine, diciamolo, il personaggio di Maximilien finisce per risultare tutt'altro che “banale” e “normale” (almeno secondo i miei canoni!)  e, pertanto, il messaggio: “tutti possiamo trovarci nella situazione di comportarci in modo decisamente riprovevole” rischia di perdersi un po’ a causa di quella che definirei una certa hýbris dell’Autore (anche lui preda delle Erinni?). Egli alterna fasi del romanzo dove descrive in modo mirabile luoghi e fatti reali e/o del protagonista ricostruendoli in modo meraviglioso e storicamente ben documentato, a fasi oniriche e intemperanze di vario tipo, sempre del protagonista, che, dopo un po’, risultano un po’ eccessive e financo francamente noiose.

In altre parole, se l’Autore avesse tagliato qualche centinaio di pagine di deliri vari, questo romanzo non sarebbe stato solo molto bello e illuminante, ma persino e decisamente un capolavoro.  

sabato 4 giugno 2022

Recensione: Coffeeland – Storia di un impero che domina il mondo

 

"Coffeeland – Storia di un impero che domina il mondo”; di Augustine Sedwick; titolo originale: “Coffeeland – One Man’s Dark Empire and the Making of Our Favorite Drug”; Traduzione di Daria Cavallini; edizioni Einaudi; Isbn 978-88-06-24734-8.

Il Saggio è incentrato sulla figura e sulle fortune di James Hill, di origini inglesi, trasferitosi in El Salvador sul finire dell’Ottocento. Hill, istallatosi sulle pendici vulcaniche di Santa Ana, si voterà alla produzione del caffè diventando il capostipite di una delle più ricche dinastie di produttori e protagonisti della vita politica ed economica del Paese.

L’Autore mescola le vicissitudini economiche e politiche della famiglia Hill con la spesso sanguinosa storia del Paese e parallelamente descrive la crescente fortuna di questa famosa bevanda e dei cambiamenti sociali e culturali che essa ha indotto mano a mano che se ne diffondeva il consumo a livello planetario; il tutto, mettendo però anche in rilievo gli effetti fortemente negativi legati alle caratteristiche del mercato internazionale di questa “commodity”, dominato dal ruolo del grandi grossisti, della distribuzione e dei torrefattori, nonché caratterizzato da vertiginose oscillazioni di prezzo.

Impressionante anche l’effetto distorsivo operato da questa monocultura sulla società, sull'economia e sulla politica dei paesi produttori; la storia di El Salvador, delle sue forti diseguaglianze sociali, della sua violenta instabilità politica può essere quasi tutta spiegata dal ruolo del caffè e dalla necessità di piegare la più parte della popolazione alle logiche di sfruttamento della sua coltivazione intensiva.

Recensione: Catastrofi – Lezioni di Storia per l’Occidente

 

"Catastrofi – Lezioni di Storia per l’Occidente”; di Nial Ferguson; titolo originale: “Doom”; Traduzione di Aldo Piccato e Gabriella Tonoli; edizioni Mondadori; Isbn 978-88-04-74260-9.

Il saggio di Nial Ferguson si sofferma sull'analisi della natura dei “disastri”, siano essi incidenti dovuti a “errori umani”, scelte politiche o a eventi naturali, soffermandosi sugli effetti della loro “gestione”, o meglio, più spesso, della “mala gestione” degli stessi.

L’Autore, tra l’altro, parlando delle catastrofi di natura pandemica analizza il comportamento delle autorità (e delle persone) riguardo all'epidemia di Covid, in pieno svolgimento durante la scrittura del Saggio. Non solo cerca di venire a capo delle varie differenze che hanno caratterizzato le scelte dei principali governi ma effettua anche una comparazione con i comportamenti tenuti dalle autorità durante l’epidemia di febbre spagnola degli anni Venti e di influenza asiatica sul finire degli anni 50 del Novecento.

Alla fine, almeno a mio parere, per l’Autore, i grandi fallimenti lasciano un po’ tutti colpevoli; le autorità politiche, innanzitutto, cronicamente ignoranti rispetto alle lezioni della Storia e quindi, mai previdenti; ma anche i vari settori della burocrazia (non necessariamente “statale”), malati di supponenza, conservatorismo, conformismo e lassismo, non vengono risparmiati; fino ai singoli individui, quasi mai migliori di chi li rappresenta. In questa analisi, risulta interessante la riflessione che l’Autore fa sul ruolo delle “reti” come “agenti” capaci di limitare o amplificare gli effetti dei disastri.

E’ interessante una delle sintesi e dei messaggi dell’Autore, proprio una sorta di parziale giustificazione a favore di governanti inetti (o anche solo sfortunati!) che tende a mettere in luce come, difficilmente, i disastri siano “veramente” causati dall’operato di un singolo decisore (parafrasando Tolstoj, l’Autore allude a Napoleone per la sua disastrosa campagna di Russia), ma più spesso, le responsabilità siano “diffuse” e un po’, per dirla in sintesi, dipendano dal fatto che tutti (o almeno molti) membri di una “organizzazione” (sia essa uno Stato, un Ente o una Società privata) si “sforzino” di non vedere i problemi e, magari si attivino proprio per occultarli.

A sentire Nial Ferguson, in pratica, c’è quasi da pensare che in molti casi possa anche andare peggio!

Lettura interessante anche se, forse non il meglio di questo Autore arguto e prolifico che, comunque, incuriosisce sempre e non annoia mai.