venerdì 7 giugno 2019

Recensione: Il grande incendio. Come la Rivoluzione americana conquistò il mondo 1775-184

“Il grande incendio. Come la Rivoluzione americana conquistò il mondo 1775-1848”, titolo originale: “The Expanding Blaze. How the American Revolution Ignited the World, 1775-1848”, di Jonathan Israel, traduzione di Dario Ferrari e Sarah Malfatti, edizione Einaudi; ISBN: 978-88-06-23676-2.

Bellissimo saggio che mette in luce la grandissima influenza che ebbe la Rivoluzione americana su tutti i moti democratici avvicendatisi fra la fine del diciottesimo e la metà del diciannovesimo secolo e su tutte le carte costituzionali promosse nel medesimo lasso temporale.

In particolare, viene messo in rilievo l’apporto fondamentale che si deve all’influenza della corrente dell’illuminismo radicale (ad esempio: Condorcet, Paine, Jefferson, Franklin, …) che promuoveva un pensiero politico basato sulla visione rivoluzionaria incentrata sul concetto dei “diritti dell’uomo” e, conseguentemente, perorava forme di egualitarismo per la rappresentanza politica, costituzioni laiche e auspicava un forte impegno statale finalizzato all'elevazione culturale delle “masse”.

Ad esso, si contrapponeva non solo tutto il pensiero conservatore legato al modello tradizionale incarnato nell’”ancien régime”, ma anche la corrente illuminista più conservatrice (ad esempio: Burke, Adams, …) che infine, sostanzialmente prevalse a lungo, e che rigettava le istanze egualitarie orientandosi su modelli costituzionali e rappresentativi che si ispiravano alla Costituzione inglese del 1668, incentrata su di un sistema bi-camerale che, non solo limitavano drasticamente la rappresentanza popolare, ma che in più, riservava l’accesso ad uno dei rami del parlamento ai soli ceti privilegiati.

Interessante anche notare la progressiva involuzione del pensiero politico americano che vide infine il prevalere dell’ala conservatrice supportata dal bigottismo religioso legato al fenomeno del “secondo grande risveglio”; essa fu causato da una parte dalla pressione delle élite, desiderose di limitare la rappresentanza popolare al fine di salvaguardare proprietà e privilegi, e dall'altra, dalla crisi dell’illuminismo radicale (a sua volta vulnerato dagli eccessi del “terrore” della rivoluzione francese) apparentemente incapace, all'atto pratico, di stabilizzare i moti rivoluzionari mitigando le istanze delle sue frange più estremiste. Nell'esperienza americana, come fattore corrosivo delle idee progressiste non va sminuito il danno collaterale derivante dall'accettazione dell’inestricabile incoerenza di principio legata all'insostenibile compromesso sulla questione della schiavitù, che, ricordiamo, infine, nel corso della seconda metà dell’Ottocento rischierà di mandare in pezzi il Paese precipitandolo nel vortice della guerra di secessione degli Stati schiavisti.