martedì 24 settembre 2019

TAV: ... e infine la Talpa uscì!

https://www.corriere.it/politica/19_settembre_23/tav-ecco-tunnel-che-non-c-era-primi-nove-chilometri-af19a13e-de38-11e9-b3ae-814cb7847a2b.shtml

La talpa della TAV​ infine spuntò! Mostrando a tutti, se per caso ancora era il caso di ribadirlo, che la TAV non solo si farà, ma che la si sta già facendo e anzi, in molti suoi punti è, se non finita, assai a buon punto.

Ecco quindi che il simpatico "animaletto" irrompe (si fa per dire) nella nostra fantapolitica come "deus ex machina"; un po' come succedeva nella peggiore commedia antica, dove le trame troppo arzigogolate venivano risolte in questo modo, attraverso questo escamotage incoerente.

Cosa ci racconta questa storia? ... quello che già sappiamo, ovvero che la nostra classe politica, al di là del colore e dell'ideologia non sa né decidere, né dirigere. Ed è capace di rimanere in questo stato di impotenza per decenni mentre ... le cose accadono da sole!
Questa è la cosa grave: "Che le cose accadano da sole!" e quindi, continuando a non decidere, a cambiare idea ad ogni cambiar di vento, o peggio, a non avere proprio idee, a mentire agli elettori, si finisce per subire quegli eventi che, si avrebbe avuto il dovere di dirigere.

In questo caso si è trattato di una grande opera che, ad onta delle anche comprensibili opposizioni, vedrete che alla fine servirà! ... il problema è che, infine, non si potrà dire che è stata la società democratica italiana a volerne la costruzione! Al contrario, sono "altri" che hanno deciso, a torto o a ragione che a noi (e a loro) la TAV serviva.


Personalmente, penso che, in questo caso, in fondo "siamo caduti in piedi"; risulta però umiliante e frustrante constatare per l'ennesima volta che, come nazione, finiamo per essere nel bene o nel male "sotto tutela" (della UE, dei vicini, degli USA, dei "poteri forti" ...) mentre i nostri politici recitano la loro patetica e inutile commedia.

venerdì 6 settembre 2019

Recensione: Doge di Venezia - Enrico Dandolo e la nascita di un impero sul mare


“Doge di Venezia – Enrico Dandolo e la nascita di un impero sul mare”; titolo originale: “Enrico Dandolo & the Rise of Venise”; di Thomas F. Madden, traduzione di Sara Chiessi; edizione Bruno Mondadori, ISBN: 9788861 592919.

Un saggio che ricostruisce la figura di Enrico Dandolo, grande doge di Venezia, noto soprattutto per il suo contributo all'organizzazione e alla direzione della Quarta Crociata conclusasi nel 1204 con la presa e il sacco di Costantinopoli.

L’Autore riesce ad inquadrare molto bene le caratteristiche di questo personaggio, delle sue origini famigliari, dello sviluppo e trasformazione di Venezia, attraverso la sua trasformazione urbana, l’evoluzione e delle sue istituzioni e la regolamentazione dei rapporti fra Stato e Chiesa.

Dandolo, ben lungi dall'essere “l’anima nera” distruttrice di imperi dipinto da parte della storiografia, fu invece uomo che i contemporanei considerarono giusto, saggio, prudente, onesto e lungimirante ed è passato alla storia come uno dei più grandi, se non il “più grande”, doge di Venezia.

Tutto ciò sembra quasi incredibile pensando che egli assunse la più alta carica della Repubblica nel 1192 quando ormai era già molto avanti negli anni (più di ottant'anni) e afflitto da cecità; il che non gli impedirà non solo di dirigere con polso fermo una crociata che sembrava fin dall'origine votata al fallimento, ma neppure di svolgere un ruolo attivo e determinante sul campo di battaglia e nel successivo tentativo di riassesto dei territori ex-bizantini.

Al di là delle inevitabili critiche ed elogi che inevitabilmente si svilupparono intorno ad un personaggio di tanta levatura, certo è che, dopo il suo dogato, Venezia uscì totalmente trasformata, scalando i ranghi delle “Grandi Potenze” dell’epoca.

mercoledì 4 settembre 2019

Porti chiusi e coste aperte!



Il Corriere riporta una notizia abbastanza nota ma mai troppo enfatizzata; di fatto l’immigrazione illegale avviene perlopiù (80%) attraverso piccoli sbarchi clandestini. l'incidenza di questa modalità di infiltrazione è dunque significativamente maggiore rispetto a quanto, invece, gli ingressi dipendano dai casi enfatizzati dalla cronaca e relativi alle varie navi lasciate fuori dai porti.
Detto in altre parole, la politica dei “Porti chiusi” appare molto scenografica e mediatica ma ben poco efficace.
Con questo, non suggerisco necessariamente di “riaprire” i porti, ma faccio notare che il problema reale sta altrove.
Evidentemente non si hanno i mezzi e/o la volontà per controllare in modo efficace la permeabilità delle nostre coste e, pertanto, se l’obiettivo rimane quella di reprimere effettivamente il fenomeno, la nostra attenzione e risorse dovrebbe essere rivolta a come risolvere tale problema.