domenica 25 febbraio 2018

Recensione: Serie "Berlin"


Serie “Berlin”, di Fabio Geda e Marco Magnone, edizioni Mondadori:
-          I fuochi di Tegel, ISBN 978-88-04-65772-9
-          L’alba di Alexanderplatz, ISBN 978-88-04-66089-7
-          La battaglia di Gropius, ISBN 978-88-04-66488-8
-          I lupi del Brandeburgo, ISBN 978-88-04-67462-7
-          Il richiamo dell’Havel, ISBN 978-88-04-67987-5

La serie è ambientata nella Berlino della seconda metà degli anni settanta del novecento; in un’epoca in cui esistevano due Germanie, quella “Federale” e quella “Democratica”, e due Berlino: “Est” e “Ovest”, divise da un muro che separava due mondi diversi e due culture altrettanto distinte (lo dico per i nostri figli, non per noi “baby boomers” che abbiamo vissuto tutto ciò!).

Un virus mortale si diffonde incontrollato e uccide tutti gli adulti ma risparmia i ragazzi (almeno fino a che rimangono tali!), che devono arrangiarsi a sopravvivere senza i “grandi”, con le loro sole forze, in una città abbandonata e in rovina dove la natura ha ripreso il controllo dell’ambiente urbano. Per tirare avanti si uniscono in gruppi, vere micro società in miniatura, ognuna con la sua cultura, le sue regole, i suoi riti i suoi leader, le sue dinamiche di vita e di potere.

L’idea non è proprio nuova; per la cronaca, mi ricordavo di averla già incontrata in gioventù in uno dei primi episodi di Star Trek (da una rapida ricerca su internet, pare trattasi di “Miri”, uno degli episodi della prima stagione storica!); ho anche un vago ricordo di una serie tivù degli anni settanta (“I sopravvissuti”) che parla, appunto delle traversie di un gruppo di persone che lottano per sopravvivere in un mondo post pandemia … in questo caso però, la malattia non era stata selettiva nei confronti di ragazzi e adulti! … a parte ciò, l’ambientazione mi è comunque apparsa ben realizzata, interessante e originale.

In sintesi, fino ad adesso (primi cinque libri della serie) il ciclo risulta abbastanza ben riuscito ed interessante, temo però che tenda a conformarsi ai nuovi format e quindi tirare troppo per le lunghe (ho ancora da smaltire la sindrome da “Trono di Spade”!), invito quindi gli Autori alla saggezza e alla moderazione … perché è bene che, ad un certo punto le cose finiscano.

sabato 17 febbraio 2018

Recensione: Il tramonto del liberalismo occidentale


“Il tramonto del liberalismo occidentale”, titolo originale: “The Retreat of Western Liberalism”, di Edward Luce, traduzione di Chiara Melloni, edizioni Einaudi, 978-88-06-23640-3.

Ottima analisi dei mali dell’Occidente, pessimista, rassegnato, smarrito nel rimpianto della progressiva perdita della propria egemonia, incapace di rinnovare i propri modelli culturali nonché di vederli effettivamente realizzati al proprio interno e, sempre meno credibile nel proporli alle altre culture.

L’Autore, rifiutando lo snobismo e le facili spiegazioni di un certo tipo di pensiero di matrice “liberal” e/o di sinistra, si chiede cosa ci sia dietro all’ondata montante dei movimenti populisti e della progressiva crescita del consenso dell’opinione pubblica verso forme di esercizio autoritario del potere. Egli quindi si sforza di capire le ragioni di debolezza delle nostre istituzioni democratiche, la crisi di fiducia nei partiti e la rabbia crescente del cosiddetto “ceto medio”.

Chiaro che il risultato dell’analisi non riserva grandi sorprese e, effettivamente, l’Autore elenca una serie di cause e ragioni abbondantemente già richiamate da altri; nonostante ciò, però, né esce a mio avviso un eccellente lavoro di sintesi che vale la pena di leggere.


lunedì 12 febbraio 2018

Museo Egizio di Torino: iniziativa a favore di chi parla arabo. Quanta stupidità da parte di chi cavalca la polemica


Oggi vedo questo articolo su Repubblica

http://torino.repubblica.it/cronaca/2018/02/11/news/torino_la_minaccia_di_fd_i_qundo_saremo_la_governo_cacceremo_il_direttore_dell_egizio_-188627758/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T1

Vale la pena di ascoltare quanto dice Il direttore del museo egizio di Torino Cristian Greco che si affaccenda “… a costruire percorsi per avvicinare le persone ad un patrimonio così importante, che siano studenti, anziani, famiglie, innamorati e anche chi parla arabo” (vedi articolo).

Non so giudicare complessivamente l’operato di questo signore, più che altro per colpevole disinteresse da parte mia, ma non vedo nulla di male in tutte queste iniziative (compresa quella che si riferisce ai visitatori di lingua araba … tanto per chiarire!) che non sono altro che un modo per avvicinare il più possibile la gente alla cultura.

Bellissimo il punto dell’intervista che si riferisce all’iniziativa attuata dal Metropolitan negli anni venti del novecento a favore degli italiani!

Dovrebbe far riflettere.

Chi attacca questo signore in nome della torinesità o, più in generale, della nostra italianità non ha il mio sostegno.

mercoledì 7 febbraio 2018

Recensione: Sovietistan – Un viaggio in Asia Centrale


“Sovietistan – Un viaggio in Asia Centrale”, titolo originale: “Sovjetistan. En reise giennom Turkmenistan, Kasakhstan, Tadsjikistan, Kirgisistan, og Usbekistan”, di Erika Fatland, traduzione di Eva Kampmann, edizioni Marsilio, 978-88-317-2783-9.

Spesso, poco si sa dell’Asia Centrale e dei Paesi che attualmente per lo più la ricomprendono: Turkmenistan, Kazakistan, Tagikistan, Kirghizistan e Uzbekistan, tutte repubbliche ex-sovietiche. Nell’immaginario di molti quello è sempre stato un territorio di passaggio, liquido e poco definito, del quale, in sintesi, si conosce e trapela quasi nulla; vuoto quanto vasto. Forse fanno eccezioni alcuni nomi come: la Via della Seta, l’esotica Samarcanda (… a proposito, si trova in Uzbekistan!), il lago d’Aral (quel che ne resta è diviso fra il Kazakistan e l’Uzbekistan!) oppure il mitico fiume Oxus (l’Amu Darya), guadato dall’esercito di Alessandro Magno lanciato alla conquista dell’Asia. Ben più spesso però, è assai difficile farsi venire in mente quali possano essere i nomi delle principali città di questa vastissima regione o, riuscire ad aver un’idea della collocazione, delle caratteristiche geografiche, dei popoli, delle risorse e dei confini di ognuno di questi Paesi.

E dire che molti di loro stanno acquisto una crescente importanza geopolitica in virtù delle ingenti risorse che controllano o, anche solo, in funzione della loro posizione geografica. Ciò, tra l’altro, li ha posti inesorabilmente al centro dei grandi eventi che hanno caratterizzato la storia asiatica recente (si pensi ad esempio, alle guerre Afghane) e, in maniera forse più sottile ma pervasiva, ne ha fatto soggetti co-protagonisti di una moderna versione del “Grande Gioco”.

Ecco quindi che giunge provvidenziale questo splendido resoconto di viaggio della giornalista Erika Fatland che mischiando elegantemente storia, politica, cultura, curiosità e colore locale finisce per dissipare un po' del mistero che avvolge queste terre e, soprattutto, ci riporta alla consapevolezza dell’importanza di quella che è da sempre la cerniera o, forse meglio, la cinghia di trasmissione del continente Euro-Asiatico.