sabato 28 gennaio 2012

Recensione: I Numeri per Agire – Una nuova strategia per sconfiggere la povertà

“I Numeri per Agire – Una nuova strategia per sconfiggere la povertà”, titolo originale: ”Le Développement humain – La Politique de l’autonomie”, di Esther Duflo, editrice Feltrinelli, traduzione Massimiliano Guareschi, iSBN 978-88-07-10468-8.
Il libro affronta un tema interessante che è quello di trovare metodi e soluzioni efficienti ed efficaci per risolvere, o almeno attenuare, il problema della povertà. L’Autore si concentra su alcuni studi e casi pratici riguardanti paesi in via di sviluppo e relativi a progetti per il miglioramento dei servizi legati all’istruzione e alla sanità; inoltre, parte del libro verte su di un’analisi del problema della corruzione e dei risultati ottenibili attraverso il decentramento amministrativo, infine, una parte rilevante si occupa di dare una valutazione degli effetti e del funzionamento dello strumento del microcredito.
L’opera presenta spunti e riflessioni veramente interessanti e fornisce una seria indicazione riguardo alle metodologie da applicare per comparare, possibilmente ex-ante, la bontà di vari possibili programmi alternativi e per soppesare più correttamente il mix d’interventi da attuare. Il metodo si basa essenzialmente sull’attenta analisi della situazione ecologica e socio-economica locale, seguita da una fase di sperimentazione su un numero limitato di campioni. In questo modo è spesso possibile sviluppare degli interventi che non siano semplicemente traslati da altre esperienze simili condotte in altri paesi, ma che invece, partano da una seria valutazione delle esigenze e dalle caratteristiche di un certo territorio e della popolazione alla quale i servizi sono destinati. Dai risultati della campionatura è invece possibile, anche con budget relativamente limitati, verificare i risultati delle ipotesi sviluppate ed eventualmente, metterli in relazione con altre ipotesi alternative o contestuali d’intervento. Quanto emerge da questo tipo di approccio, è particolarmente rilevante in quanto, in più di un caso, viene dimostrata l’efficacia assoluta di certi interventi anche poco costosi e magari indiretti (bellissima la dimostrazione della relazione esistente fra profilassi contro i parassiti e frequenza scolastica!) rispetto ad altri programmi finanziariamente molto più impegnativi.
Molto bella è anche la seconda parte del libro, dove si analizzano alcuni casi di decentramento politico e amministrativo e si valutano gli effetti del ricorso a una maggiore partecipazione e coinvolgimento della popolazione. Vengono inoltre presentate alcune soluzioni per ovviare ai problemi cronici di assenteismo e di corruzione del personale pubblico e della polizia. Buona parte dell’opera è infine dedicata a una seria analisi e a un bilancio dello strumento del microcredito, del quale viene si riconosciuta l’importanza, ma la cui immagine, spesso troppo idealizzata e strumentalizzata, viene in parte ridimensionata a favore di un atteggiamento più realistico degli effettivi risultati conseguibili attraverso di esso e, non nascondendone anche i potenziali effetti distorsivi.

martedì 24 gennaio 2012

Recensione: I Nostri Antenati - Il Visconte Dimezzato; Il Barone Rampante; Il Cavaliere Inesistente

“I Nostri Antenati - Il Visconte Dimezzato; Il Barone Rampante; Il Cavaliere Inesistente”, di Italo Calvino, editrice Mondadori, ISBN: 88-04-41271-2.
I libri di Calvino a me piacciono sempre moltissimo. Per dirla tutta, nel caso dei tre racconti compresi in quest’opera, sarei propenso ad affermare che: “Il Barone Rampante” sia semplicemente bellissimo, mentre il “Cavaliere ” e il “Visconte Dimezzato”, seppur molto belli finiscano per essere un poco offuscati dalla splendente presenza del primo.

Da “Il Barone Rampante” (pag, 230):
… - C’est chez vous, mon cher Chevalier, qu’il y a ce fameux philosophe qui vit sur les arbres comme un singe? - E io, lusingato, non potei trattenermi dal rispondergli: - C’est mon frère, Monsieur, le Baron de Rondeau -. Voltaire fu molto sorpreso, fors’anche perché il fratello di quel fenomeno appariva persona così normale, e si mise a farmi domande, come: -Mais c’est pour approcher du ciel, que votre frère reste là-haut? - Mio fratello sostiene -, risposi, - che chi vuole guardare bene la terra deve tenersi alla distanza necessaria - , e il Voltaire apprezzò molto la risposta. - Jadis, c’ètait seulement la Nature qui créait de phénomènes vivants - , concluse; - maintenant c’est la Raison - …

Sappiamo, fin dalle prime pagine del racconto che Cosimo, il protagonista vivrà sugli alberi fino alla fine della sua esistenza conservando quel suo magnifico “punto di vista” privilegiato che, personalmente anch’io ho sinceramente apprezzato ed invidiato. E tuttavia, mi rimane il dubbio che, almeno in qualche caso, forse per lui sarebbe stato auspicabile accettare qualche compromesso e, pragmaticamente, ma anche umilmente, rinunciare ad un po’ di coerenza per “scendere con i piedi per terra”…

sabato 21 gennaio 2012

Recensione: Il Senso Religioso

“Il Senso Religioso”, di Luigi Giussani, editrice Rizzoli, ISBN: 978-88-17-04590-2.
Posto che, come si vedrà, il giudizio riguardo a questo libro non è positivo, sento necessario premettere che spesso incontro un po’ di difficoltà con questo tipo di letture e forse non sono un soggetto particolarmente indicato per darne un giudizio obiettivo. Pertanto, se da una parte ammetto di avere probabilmente una natura, forse irrecuperabile, distratta e poco recettiva verso un certo tipo di letteratura, dall’altra, e almeno in questo caso, mi avvalgo esplicitamente del “Diritto del lettore” che mi consente di definire soggettivamente deludente e poco utile il contenuto di quest’opera. Detto ciò, proverò a motivare più concretamente questo giudizio negativo cominciando, forse un po’ paradossalmente, a elencare i punti condivisibili e quindi, per me percepiti come positivi. Mi tocca, infatti, evidenziare come abbia incontrato parecchi aspetti riguardo ai quali mi sembra di poter concordare con l’Autore. Ad esempio, anch’io sono convinto che sia una necessità e spesso un’esigenza ineludibile dell’essere umano quella di porsi e di cercare di risolvere le grandi domande che si originano a seguito del “Mistero” legato alla nostra natura di esseri viventi razionali e consapevoli, alludo quindi agli interrogativi riguardo al nostro destino, al senso della vita, al nostro ruolo nel mondo e riguardo all’esistenza di un principio causale originario, entità superiore generatrice, senziente, ordinatrice ed anche immanente alla quale imponiamo il nome di “Dio”. Tutto sommato, condivido anche l’approccio dell’Autore che spinge a perseguire e a perfezionare il nostro agire a la nostra ricerca partendo dall’analisi della realtà presente e valendosi dello strumento della “Ragionevolezza”, riguardo a questo, ho anche colto e apprezzato l’ironia dello stesso nello stigmatizzare alcune forzature del pensiero tipiche di alcune correnti filosofiche che producono, in taluni casi, delle conclusioni che si pongono in antitesi con l’evidenza dei fatti. Di nuovo, è comune lo stimolo ad analizzare e a dare un significato, quantomeno personale, a concetti astratti eppure particolarmente rilevanti per l’essere umano e per la società civile come quelli di “Felicità”, “Verità”, “Giustizia” e, “Libertà”. Concordo poi con l’Autore anche riguardo a una certa avversione verso le spinte e le ideologie rivoluzionarie, alle quali preferisco un ben meno cruento sentiero riformista e progressista che possibilmente si accordi con la “Tradizione” e con il patrimonio culturale che essa rappresenta. Anch’io ammiro la rigorosa disciplina personale che porta al dominio delle emozioni fino all'estremo ideale dell’atarassia e concordo pure con Giussani riguardo alla probabile incapacità dell’uomo, essere per sua natura dotato di un elemento “Sensibile”, di mantenere stabilmente questa condizione. Infine, potrei persino aggiungere che mi ha fatto piacere scoprire nell’Autore un senso di ammirazione nei confronti del concetto di “Anarchia”, ideale che io, nella mia particolare interpretazione che questo termine rende possibile, tengo in grandissimo conto; in questo caso però, devo anche rimarcare che le nostre personali conclusioni divergono notevolmente. Dopo aver fatto l’elenco di tutti questi punti di possibile contatto con l’Autore, che per giunta emergono lungo tutto l’arco dell’opera e non solo in parti di essa, diventa forse necessario affermare che la condivisione di singoli, seppur numerosi aspetti non porti necessariamente a comporre infine lo stesso quadro d’insieme e anzi, è proprio caratteristica dei ragionamenti più insidiosi il cercare di spacciare per vero un intero ragionamento cercando di far leva su singole affermazioni indubbiamente corrette. Pertanto, forse adesso sarà più chiaro come, fra gli aspetti che non mi sono piaciuti, vi sia innanzitutto lo stile, che è si semplice e diretto, ma che mi appare in sostanza quello d’imbonitore o di un abile ammaliatore e risulta convincente solo in apparenza. Il ragionamento si svolge scimmiottando in molte parti il linguaggio scientifico e attraverso la continua commistione di argomentazioni logiche e di passaggi demandati al “Sentimento”, oppure al “Buon senso”. Tale modo di esporre gli argomenti a me appare sospetto e non porta alla scoperta di alcun elemento utile a favore della religione o a supporto dell’esistenza di un principio originale identificabile con Dio. Detto ciò, provo nuovamente a giustificare e a mitigare il giudizio pensando che Giussani, probabilmente, abbia scritto quest’opera soprattutto per avvicinare i giovani. A essi l’Autore si rivolge con un notevole entusiasmo e sfoderando un innegabile carisma e indubbie capacità dialettiche, ma anche armato dell’esperienza e delle malizie del buon insegnante. Egli cerca di infondere indubbiamente sicurezza, certezza e fervore, ma a me, che giovane non sono più, le sue argomentazioni non appaiono per niente conclusive. Finirei dicendo che in fondo ho imparato ad amare i miei dubbi e a tenerli in debita considerazione. Tale impostazione, mi sembra, mi distingue nettamente dalla mentalità dell’Autore che sembra identificare nel “Dubbio” un fattore di stasi (non a caso fortemente inviso ai giovani!) quando invece io lo coltivo come strumento di analisi e di prezioso ausilio moderatore nel sovrintendere all’etica comportamentale del mio ”Agire”.

domenica 15 gennaio 2012

Recensione: Ventesimo Secolo, l’età della violenza – Una nuova interpretazione del novecento

“Ventesimo Secolo, l’età della violenza – Una nuova interpretazione del novecento”, titolo originale: “The War of The World”, di Niall Fergusson, editrice Mondadori, traduzione di Donatella Laddomada, ISBN: 978-88-04-58394-3.
E’ forse opportuno premettere che il titolo dell’edizione italiana non mi è sembrato dei più azzeccati e, a parer mio, risulta fuorviante in quanto lascia intendere che l’Autore abbia voluto svolgere una trattazione che copre l’intero periodo del Novecento quando invece il libro si concentra sulla prima metà del secolo riservando solo uno spazio relativamente esiguo alle vicende e al quadro storico successivo. Il titolo originale, invece: “The War of the World” rende comprensibile molto meglio il pensiero dell’Autore e l’”Architettura” dell’opera. Nail Ferguson vuole esplicitamente richiamare il quasi omonimo romanzo di fantascienza scritto dall’inglese Herbert George Wells (1866 – 1946): “The War of the Worlds” e reso famosissimo dall’adattamento radiofonico diretto da Orson Welles e trasmesso negli Stati Uniti il 30 Ottobre del 1938. Il romanzo originale, scritto alla fine dell’Ottocento racconta di un’invasione aliena che ha il proposito di sterminare la popolazione terrestre per impadronirsi del pianeta. Di conseguenza, gli invasori marziani compiono efferati e deliberati atti di distruzione, violenza e crudeltà nei confronti dell’intera popolazione terrestre, perlopiù composta di civili inermi. Vengono così anticipati gli scenari di estrema violenza, di guerra totale e di sterminio pianificato che caratterizzeranno moltissimi conflitti dello scorso secolo, e in particolare, la Seconda Guerra Mondiale. Partendo da queste immagini l’Autore si domanda il perché il Novecento, soprattutto nella sua prima metà, si sia caratterizzato come uno dei secoli più sanguinosi della nostra Storia, tanto più che il medesimo periodo si pone come straordinario anche in termini di progressi scientifici, tecnologici, economici, sociali ed etici. Il risultato di queste riflessioni è un libro estremamente interessante che prende in considerazione in maniera convincente quell’intreccio di concause che fecero da detonatore a queste esplosione di violenza e che ancora adesso, spesso risultano alla base dei conflitti: l’ossessione per la purezza razziale (il “Meme” della razza), l’estremizzazione dei sentimenti e delle tensioni nazionalistiche e degli antagonismi ideologici e religiosi, la crisi e collasso di consolidate strutture politiche e territoriali a carattere multirazziale e multietnico, la distribuzione del potere e delle risorse economiche fra le varie classi sociali, gruppi o etnie all’interno della società, il ruolo distruttivo delle crisi e della volatilità economica, l’impatto delle barriere e delle restrizioni commerciali, il tentativo di controllo di particolari settori o risorse strategiche, la diffusione di teorie scientifiche ed economiche errate; tutto questo spesso costituisce il terreno di cultura ideale sulla quale prospera la pianta dell’odio. A tutto ciò, secondo l’Autore, viene anche a inserirsi il progressivo declino relativo dell’Occidente, che comincia a manifestarsi a partire dai primi anni del secolo e che diventa manifesto a seguito della progressiva ascesa dell’impero giapponese. Sarà dunque questa miscela esplosiva a precipitare le nazioni occidentali, i loro alleati e antagonisti nella spirale di violenza che l’Autore chiama la “Guerra dei cinquant’anni” o, la “Guerra del Mondo” i cui effetti e le cui conseguenze sono ancora visibili e percepibili oggigiorno.

mercoledì 11 gennaio 2012

Recensione: Elogio del Moralismo

“Elogio del Moralismo”, di Stefano Rodotà, editrice Laterza, ISBN: 978-88-420-9889-8.
L’Autore è professore di Diritto Civile presso l’Università della Sapienza di Roma ed è un noto esperto di problematiche concernenti il tema della “Tutela della privacy”. A tutto ciò si aggiunge il fatto di avere partecipato intensamente alla vita politica nazionale per buona parte della propria esistenza militando prima nelle file partito radicale per poi operare in veste di parlamentare PCI/DS/PDS per quattro legislature ricoprendo incarichi di rilievo. Dato il suo notevole curriculum politico e personale e avendo egli vissuto in prima persona e da protagonista, l’intenso e delicato momento politico che ha sancito il passaggio fra la “Prima” e la “Seconda” Repubblica, Rodotà è assolutamente autorevole e credibile nel sensibilizzare il lettore verso il tema della questione morale. E’ bene rilevare che Il titolo del libro può indurre a pensare che i contenuti possano essere un po’ prevedibili e scontati perché sicuramente molti potenziali lettori sono già ampiamente convinti della necessità di un maggior rigore nei confronti delle nostre rappresentanze politiche. Sarebbe però una leggerezza perdere l’occasione di soffermarsi sulle acute analisi dell’Autore che spiegano la genesi del malcostume politico italiano e le ragioni della scarsa volontà di tutti i partiti di farsi portavoce della “Questione morale” e di porla come tema necessariamente prioritario. Rodotà ci insegna che è nella cultura personale e politica di ogni cittadino che devono svilupparsi gli anticorpi che aiuterebbero a selezionare una migliore rappresentanza politica e pone l’accento sull’importanza che il giudizio morale degli elettori deve svolgere nei confronti dell’opera di prevenzione del malcostume politico e personale di modo che questo sia sanzionato prima ancora che possa trasformarsi in comportamenti scorretti o in veri e propri reati. Da esperto del settore, Rodotà ci ricorda che il rappresentante politico deve, per il bene della Democrazia, avere un’aspettativa di privacy ridotta nei confronti dei cittadini i quali hanno il pieno diritto di giudicare anche i suoi fatti e comportamenti privati; riafferma l’estrema importanza della “Forma” e persino dell’”Apparenza” a tutela dei valori del sistema sociale, contro le logiche del qualunquismo e del disfattismo.

domenica 8 gennaio 2012

Recensione: Il profumo dei limoni - tecnologia e rapporti umani nell'era di facebook

“Il Profumo dei Limoni – Tecnologia e Rapporti Umani nell’Era di Facebook ”, di Jonah Lynch, editrice Lindau, ISBN: 978-88-7180-922-9.
L’Autore nella sua qualità di sacerdote cattolico, educatore ed esperto informatico cerca di approfondire alcuni degli effetti che, tramite l’uso esteso della tecnologia tendono a influenzare l’evoluzione dei rapporti umani. Ne viene fuori un saggio scorrevole e interessante, che cerca di instradare a un uso intelligente ed equilibrato delle nuove opportunità di comunicazione offerte dall’evoluzione tecnologica, senza però omettere di illustrare alcuni dei potenziali pericoli che, un po’ fatalmente, si accompagnano alla rivoluzione digitale.
L’Autore, da una parte si pone come un tecno-entusiasta che sembra saper come cogliere le grandi possibilità in termini di comunicazione, informazione e svago offerte dalla televisione, dai social networks, da internet, da Skype, dall’email e dal cellulare, dall’altro ci mette in guardia contro i rischi di omologazione, di violazione della privacy, della dipendenza e persino della progressiva deprivazione sensoriale che possono scaturire da un uso eccessivo e improprio di questi medium. Interessanti i riferimenti agli studi delle neuroscienze che dimostrano come questi strumenti non siano per niente neutrali rispetto all’individuo che ne fa uso e anzi tendono essi stessi a modificare fisicamente i legami neurali del nostro sistema nervoso, i comportamenti, i contenuti e la nostra stessa percezione della realtà. Appaiono poi molto saggi gli ammonimenti che ci invitano a “staccare”ogni tanto, a crearci spazi di quiete, di meditazione, d’irreperibilità e soprattutto che ci spingono a godere pienamente e non solo virtualmente della realtà e dei rapporti umani avvalendoci di tutti i cinque sensi. Riguardo a questo, “il profumo dei limoni” è un’immagine che possiede una grandissima forza evocativa …... almeno per quelli che l’hanno sentito almeno una volta.