lunedì 23 agosto 2010

Recensione: La vera storia del pirata Long John Silver

“La vera storia del pirata Long John Silver”, di Bjorn Larsson, edizioni Iperborea, ISBN 978-88-7091-075-9. Il romanzo racconta la vita del pirata co-protagonista, insieme a Jim Hawkins, de “L’isola del Tesoro” di Stevenson e fatto cavallerescamente sparire da questi alla fine del romanzo. Larsson ci fa ritrovare l’ormai anziano, ricco e impenitente pirata intento a vergare le proprie memorie dal suo rifugio in Madagascar, dove si è ritirato dopo l’infruttuoso tentativo di recupero del tesoro di Flint.
Il libro mi é stato consigliato da mia moglie Luisa, che evidentemente ben mi conosce, con le seguenti parole: “E’ un romanzo che ti piacerà, ma non so se dovresti leggerlo!”. Dopo una presentazione così ambigua e invitante, mi sono ovviamente precipitato a farlo e prima di averlo finito mi sono reso conto di quanto il suo giudizio fosse azzeccato. In effetti, Il libro è semplicemente bellissimo! Ed è ben introdotto dall’istruttiva ed intelligente prefazione, il problema semmai (e questo mia moglie l’aveva previsto) è che sono rimasto contagiato dallo spirito anarchico e ribelle che permea il racconto.
Larsson riesce a mantenere intatto l’intrigante fascino del personaggio, Silver non appare mai come un eroe, mai viene idealizzato e anzi appare realisticamente in accordo con la professione che si è scelto, un pirata egocentrico amante della libertà, asociale ma dotato di un eloquio convincente e di un forte carisma da leader naturale, gradasso, presuntuoso, anticonvenzionale e anticonformista risulta insofferente verso ogni forma di autorità, gerarchia ufficiale, ordine sociale e costrizione. In ogni caso comunque si distingue dalla massa per l’intelligenza, una certa cultura e per un originale tipo di pragmatica temperanza. In ogni caso nella sua immaginata autobiografia egli si descrive persino più cinico, opportunista e privo di scrupoli di quanto poi traspaia dai suoi gesti, dai quali invece emergono uno spirito guascone ed anche una certa istintiva generosità che finisce per prevalere sulla sua, per altro solo millantata, fredda razionalità.
A Silver manca qualcosa per essere considerato un eroe, ma soprattutto per essere felice o anche solo appagato, il suo problema sta forse proprio nel suo amore eccessivo nei confronti della vita e nel suo concetto troppo estremo di libertà che gli preclude l’accettazione di qualsiasi principio d’interdipendenza con gli altri esseri umani; a lui manca un metro, un’etica, un credo o un’ideologia per giustificare in qualche modo la propria esistenza e le sue azioni, alla fine tutte le sue invidiabili gesta appaiano a lui stesso vuote davanti al prevedibile oblio ed alla solitudine; ed è per questo che infine il vecchio pirata si decide a scrivere le sue memorie ed ad inviarle a Jim Hawkins, davanti alla morte Silver decide di salvare la sua essenza, i suoi ricordi dal grande Nulla che per lui costituisce la fine dell’esistenza.
E’ chiaro che nei fatti Silver vorrebbe lasciare una traccia di se; a riprova di ciò, durante tutto il racconto egli tiene un comportamento ambiguo, da una parte, infatti, mette in atto stratagemmi e sotterfugi per nascondere le tracce della sua vita e per mimetizzarsi: si protegge le mani per evitare che vengano segnate dalla vita di mare, cancella il suo nome dai registri dell’ammiragliato, impedisce a Defoe di citare il proprio nome nella sua storia della pirateria, ma poi, in più di un episodio non sa resistere al bisogno di rivendicare pubblicamente il suo nome ed il suo ruolo, ed è sempre così che si mette nei guai!
Per me una chiave di lettura illuminante del carattere del personaggio e della sua incapacità di capire di completarsi come essere umano e come leader è rintracciabile nelle fasi finali del romanzo, in una conversazione fra il pirata e il fedele ex schiavo sakalava Jack, che proprio da questi è stato affrancato insieme ad altri membri della stessa tribù. Silver rievoca con nostalgia gli ultimi anni di attività piratesca al seguito di Flint e pensando di condividere gli stessi sentimenti con il compagno si stupisce che questi ne abbia un opinione totalmente diversa:
[Silver] “Credevo che vi trovaste bene a bordo.” Dice Silver parlando a Jack ed alludendo allo stesso ed ai compagni ex schiavi della stessa tribù; questi risponde:
[Jack] ”Stavamo meglio che nelle piantagioni. Ma noi non siamo come te.”. Ed è da questo punto in poi che emerge un aspetto interessante riguardo al tema della libertà, il dialogo infatti continua:
[ Silver] “No”, ho esclamato con una risata, nonostante tutto. “Mi sono reso conto che non ne esistono molti, come me.”
[Jack] “Volevo dire noi sakalava e voi pirati. Noi abbiamo una terra e siamo un popolo. Di queste cose, voi ve ne infischiate, come dicevi sempre tu.”
[Silver] “Perché non ve ne siete andati, allora, se era quell’inferno che dici?”
[Jack] “Non era l’inferno. Non era niente.”
[Silver] “Niente?”
[Jack] “Si, non c’era anima.”
[Silver] “Non c’era anima? E la libertà? Avere tutto il tempo che si vuole davanti a sé. Non avere problemi, lasciare passare i giorni senza fretta. Diventare ricchi e poter fare di se stessi quello che si vuole, alla fine. Non è anima, questa? O come altro la chiameresti?”
[Jack] “Non si può avere un’anima, se si è soli. Non si è niente.”
[Silver] “Non eravamo soli a bordo. Eravamo in centotrenta.”
[Jack] “Non insieme. Noi sakalava combattevamo l’uno per l’altro. Voi, per voi stessi. Ognuno per sé. Quanti sono morti, quell’anno? Come si chiamavano? Da dove venivano? Dove volevano andare? Non ha nessuna importanza, come diresti tu. Quelli che morivano venivano dimenticati il giorno dopo. Erano morti per una buona causa, dicevi. La tua! No, voi eravate soli, mai insieme. Che anima c’è in questo?”


[Silver] “Non ho mai capito, cosa intendete per anima.”, ho aggiunto.
[Jack] “No”, ha risposto Jack.
[Silver] “Eppure hai continuato a chiamarmi fratello.”
[Jack] “Si. Siamo fratelli. Tu non hai bisogno di me. Io posso fare a meno di te. Ma abbiamo bisogno l’uno dell’altro.”
Ma nonostante tanta chiarezza Silver continuerà a non capire ne le parole di Jack, ne tanto meno le motivazioni della sua discreta ma profonda lealtà.
Ultima sorpresa di questo splendido romanzo è costituita dall’epilogo, aperto a più morali ed interpretazioni. A me piace pensare che Larsson sia stato indulgente e abbia adottato lo stesso metro di Stevenson dando al vecchio pirata una via di uscita rocambolesca e una seconda possibilità per andarsene in pace.

Nucleare iraniano: qualche spunto di riflessione

L’entrata in funzione della centrale nucleare iraniana segna un passo importante sia per la politica sia per l’economia di quel Paese. Dal punto di vista politico si tratta di un importante risultato per il regime che ne esce rafforzato sia sul fronte interno che su quello internazionale. Questa, se vogliamo, non è esattamente una buona notizia né per i Paesi occidentali, né per l’opposizione interna che sta faticosamente lottando per ottenere delle riforme. Invece, riguardo alla valutazione degli impatti economici, soprattutto se valutati in un’ottica di lungo periodo, bisognerebbe forse cercare di essere maggiormente indulgenti nel tentativo di giustificare le scelte del regime di Teheran. Riguardo alla vicenda del nucleare iraniano si è infatti sempre enfatizzato l'aspetto legato ai programmi militari, trascurando invece di analizzare le eventuali ragioni che renderebbero questa scelta ragionevole per perseguire scopi civili. Se si parla dei primi è indubbio che questi possano costituire un pericolo per la comunità internazionale, per altro, volendo accogliere anche il punto di vista iraniano, costituirebbero anche una garanzia ed un forte elemento di dissuasione nei confronti di eventuali aggressioni esterne, rischio per loro tutto sommato da non sottovalutare. Quando invece si parla dei programmi nucleari a scopi civili è abbastanza facile arrivare alla conclusione che questi siano effettivamente di una certa importanza per lo sviluppo a lungo termine del Paese. La valutazione dell’impatto di tali scelte dovrebbe partire dall’osservazione dell’attuale situazione dei giacimenti d’idrocarburi in Iran e soprattutto della loro prevedibile evoluzione nel prossimo futuro, tenendo conto anche dello sviluppo dei consumi interni. Ora l’Iran si pone fra i grandi esportatori sia di petrolio che, in prospettiva, di gas naturale, ma i giacimenti di greggio del Paese stanno cominciando a giungere in una fase matura e richiederebbero interventi per garantirne la conservazione, tra i quali ad esempio, i processi di ri-gassificazione che finirebbero per distogliere parte dello stock di gas naturale dal quantitativo esportabile o destinabile al crescente fabbisogno interno per la produzione di energia. Da qui l’esigenza di trovare alternative energetiche per garantire lo sviluppo interno senza possibilmente dirottare una quota crescente della produzione petrolifera ai consumi nazionali. In conclusione, se si vuole evitare di guardare solo alle implicazioni politiche, propagandistiche ed ideologiche che sottendono alla decisione di rincorrere la tecnologia nucleare, la scelta di soddisfare parte del fabbisogno prospettico di energia per il tramite di un programma nucleare non appare poi tanto incomprensibile o irragionevole.

giovedì 5 agosto 2010

Nuovi scontri sulla frontiera libanese

Ieri sulla frontiera fra Libano e Israele si è ripreso a sparare, oggi fortunatamente la situazione è tranquilla, ma il breve scontro ha lasciato sul terreno alcuni morti da entrambe le parti. Leggendo gli articoli de La Stampa emerge chiaramente quanto queste vite siano state inutilmente sprecate. Secondo la cronaca, lo scontro è stato provocato da uno sconfinamento di minore entità da parte degli israeliani al quale è corrisposta una reazione a mio avviso esagerata da parte dell’esercito libanese che ha causato un morto fra i soldati israeliani. Immediata la reazione israeliana con conseguenti vittime fra i soldati libanesi, fra i quali è stato anche ucciso un giornalista. Anche questa volta si è dunque ricreato il solito macabro copione che vede improvvise escalation a seguito di provocazioni ed errori tutto sommato “modesti” (rispetto al contesto almeno!). Io penso che, ben sapendo cosa sarebbe successo, chi ha aperto il fuoco per primo abbia commesso una leggerezza imperdonabile se non un vero e proprio atto criminale

mercoledì 4 agosto 2010

Recensione: Caterina - Diario di un padre nella tempesta

"Caterina - Diario di un padre nella tempesta", di Antonio Socci, Rizzoli editore.
Non leggo sempre i libri che mi vengono regalati, spesso infatti non incontrano i miei gusti o i miei interessi e questo potrebbe essere sicuramente uno che di questi casi. La trama del libro, alla quale mi sento solo di accennare, racconta una storia vera e descrive la durissima prova a cui deve far fronte l’autore posto di fronte alla tragedia del coma della giovanissima figlia Caterina. Il libro parte descrivendo il dramma iniziale e il successivo faticosissimo percorso che ha accompagnato il progressivo miglioramento delle condizioni dell’inferma e vuole essere un esplicita testimonianza della potenza della fede religiosa. Detto così in maniera volutamente asciutta è un po’ cinica il libro dovrebbe apparire come dovrei vederlo io, penso infatti che esistano centinaia di libri così, storie vere o opere di fantasia, fatti narrati di indicibili sofferenze, di smarrimento, di lotta, di speranze e di …. Miracoli! Mai letto uno ovviamente! Ma come ben si sa l’eccezione conferma la regola. Ammetto quindi che parlare di quest’opera in qualche modo mi mette in difficoltà e mi imbarazza ma nel contempo, posto che mesi fa mi sono preso l’impegno di “recensire” tutti i libri che leggevo, sforzarmi di scrivere qualcosa anche su questo lo considero un atto dovuto nel rispetto del compito che mi sono assunto, una forma di lealtà e un modo per ringraziare chi me lo ha donato nonché, e sono piuttosto riluttante a riconoscerlo, una sorta di omaggio nei confronti dell’autore del quale ho apprezzato il coraggio e la fermezza. Soprattutto però devo confessare che ho letto il libro con lo spirito ed il sollievo di chi riceve una buona notizia. Per una strana serie di circostanze (troppo lunghe da spiegare! …. Tutto è nato da una discussione sul testamento biologico e sulla libertà che ho avuto con la mia amica Emanuela!) conoscevo le condizioni di Caterina perché avevo visitato il blog di Antonio Socci appena dopo l’incidente della figlia (che fosse “appena dopo” devo confessare che l’ho scoperto solo ora!). In breve, mi ero …… commosso?! … “Fatto coinvolgere” mi sembra un termine più appropriato! ... E avevo quindi continuato a chiedere notizie della sua sorte anche successivamente: “Ehi Emy come sta quella ragazza, quella degli occhi azzurri?” (Dalla foto in copertina scopro con un certo sconcerto che la bella Caterina ha gli occhi castani! …. Mi confondevo con il testo di una canzone pubblicata sul blog che ha lasciato il suo segno su più di un lettore). Ed eccola la “buona novella”! Giunge dopo circa 200 pagine di (per me faticosa) lettura. Caterina è migliorata, è uscita dal coma, a lei vanno i miei affettuosi auguri di un rapido e completo recupero!

Recensione: La cattedrale del mare

"La cattedrale del mare", di Ildefonso Falcones, edizioni TEA.
qui di seguito allego parte della trama tratta da Wikipedia: "La trama si svolge nel XIV secolo a Barcellona, città comitale catalana e nei suoi dintorni e narra la storia della vita del protagonista Arnau Estanyol, un servo della gleba, che fugge dal servaggio assieme al padre e lentamente scala la piramide sociale giungendo persino ad ottenere il titolo di Barone e di Console del Mare. Questa evoluzione, vissuta fra mille vicissitudini personali e storiche, non manca di suscitare invidie e disprezzo verso Arnau, il quale cade per tali motivi nelle grinfie dell'Inquisizione. Perno "fisico" della vicenda, la costruenda chiesa di Santa María del Mar, cui il protagonista contribuisce inizialmente quale trasportatore di pietre, ed infine come ricco banchiere".

Queste sono invece le mie impressioni! Non devo essere sensibile a questo genere di romanzi perché sinceramente a me questo libro non ha detto granché. Probabilmente sono stato caricato di troppe aspettative dalle tante recensioni positive e dalle informazioni riguardo al notevole numero di copie vendute (deduco quindi di stare andando un po’ controcorrente!) e di conseguenza mi aspettavo chissà che cosa. Poco male, l’ho comprato in edizione economica e l’ho letto sulla spiaggia e io raramente trascino sul bagnasciuga dei libri che sono sicuro di voler conservare! Scherzi ed ironia a parte, la vicenda è tutto sommato abbastanza avvincente seppure, a mio avviso, un po’ scontata e prevedibile, innervosisce solo un po’ il protagonista sul quale si abbattono più guai che su Remy (quello dei cartoni animati) o su Jean Valjean (“I miserabili”) messi insieme, ma questi non si piega! Curioso il destino delle eroine comprimarie, vengono tutte inesorabilmente stuprate, evidentemente all’epoca era una eventualità assai probabile, oppure …. il tipo menava un po’ jella (per altro spesso assicurata ad amici e famigliari degli eroi)! E va bene, fino ad ora non l'ho detta tutta! Alcuni aspetti sono genuinamente interessanti, il romanzo spiega in maniera divertente una parte della Storia della Spagna (si parla in particolare di Barcellona e della Catalogna della metà del 300), ma soprattutto racconta qualcosa della società medioevale, delle sue istituzioni politiche ed economiche, delle sue ingiustizie e diseguaglianze. Penso poi di condividere con l’autore il disprezzo per l’inquisizione che spunta fuori anch’essa nel romanzo e ci fa la solita meritatissima pessima figura. A titolo di curiosità, per chi ne avesse già sentito parlare, a degna rappresentanza dell’istituzione appare fra i cattivi anche l’inquisitore Nicholas Eymerich, questa volta decisamente relegato senza attenuanti fra le carogne impenitenti.