giovedì 30 giugno 2016

Brexit: qualche riflessione sul caso scozzese


In aggiunta alla gravità del fatto in sé, il Brexit sta ponendo fortemente il problema della Scozia che, in maniera compatta ha scelto il “Remain” per tutti i collegi elettorali (in questo distinguendosi anche dal caso nord-irlandese!). Questo fatto rischia di rendere ancora più complicata una vicenda che ha già ampie possibilità di agire in senso destabilizzante.

In particolare, adesso si rischia un pericoloso cortocircuito: la Scozia, allo stato attuale, per rimanere nella UE dovrebbe rendersi indipendente, oppure, per salvaguardare la sua posizione, si dovrebbe trovare una soluzione per mantenere all’interno della Comunità l’intero Regno Unito, contravvenendo però la volontà popolare e l’esito democratico delle elezioni.

A mio avviso, la seconda soluzione non dovrebbe essere percorsa per nessun motivo, soprattutto perché non conviene neanche a noi “Unionisti”. A questo punto, violare il responso popolare, anche trovando appigli legali per farlo, creerebbe ulteriore risentimento e esporrebbe la costruzione europea agli attacchi di tutte le forze politiche nazionaliste. Politicamente quindi, non è solo giusto rispettare la decisione del popolo britannico ma, piuttosto, è utile preoccuparsi dei possibili contraccolpi che ne potrebbero derivare qualora si cercasse di agire in senso contrario che,  “de facto” se non “de jure”, creerebbe pericolosi precedenti per la democrazia stessa. C’è poi da aggiungere che l’autopunizione che dovrà subire il popolo britannico potrebbe essere salutare per tutti (noi) e, un po' opportunisticamente, potrebbe essere un buon stimolo per rivitalizzare il processo politico pro-unitario.

Neanche la prima soluzione, però, è auspicabile e, soprattutto, non può essere attivamente promossa o supportata dalla UE che, non può rischiare di essere accusata di fomentare la disgregazione dei propri vicini.

Per salvare “capra e cavoli, dunque, secondo il mio parere, il Regno Unito deve essere allontanato dalla Comunità, ma dall’altra è necessario fare tutti gli sforzi per rimanere inclusivi nei confronti di chi ha dimostrato in maniera così compatta e manifesta la sua lealtà nei confronti dell’Unione. Dunque, per la Scozia ci si dovrebbe cercare di inventare qualcosa di nuovo che non implichi, almeno formalmente la secessione e che ne permetta la permanenza in seno alla UE. Penso che la soluzione non possa che passare attraverso un accordo con Londra che, anch’essa dovrebbe essere interessata a salvare le apparenze di un Regno Britannico “Unito” che, oramai è a forte rischio di disintegrazione. Tale scappatoia dovrebbe basarsi su un processo che preveda l’attenuazione dei legami politici fra Scozia e Inghilterra grazie ad un processo di “devolution” che allarghi i poteri del parlamento di Edimburgo e che, eventualmente, preveda maggior impermeabilità territoriale fra i due territori britannici.

In sintesi, in qualche modo, seppur metaforicamente, sarà un po’ necessario ricostruire il Vallo di Adriano, in questo caso, però i legionari dovranno essere schierarsi dall’altro lato del limes.

domenica 26 giugno 2016

Recensione: Esodo – storia del nuovo millennio


“Esodo – storia del nuovo millennio”, di Domenico Quirico, edizioni Neri Pozza, ISBN 978-88-545-1163-7.
Quirico sceglie di descrivere il fenomeno migratorio attraverso una serie di brevi istantanee scattate in alcuni fra i punti di snodo che meglio lo rappresentano: i porti di partenza dei migranti sulle coste turche e tunisine, i colli di bottiglia davanti ai “muri” di Melilla e delle frontiere balcaniche, i campi d’accoglienza italiani o francesi, i luoghi di partenza, dispersi nel mezzo del Sahel, fin oltre la fascia equatoriale dell’Africa, nel mezzo del Medio Oriente dilaniato dalle guerre civili e prostrato dalla povertà.
Attraverso la descrizione, le interviste, le esperienze dei migranti, delle loro famiglie e delle comunità che li hanno finanziati e che, spesso, ne hanno appresa la morte e/o il fallimento, il fenomeno viene efficacemente umanizzato; ricondotto ad esperienze, emozioni, ragioni e spiegazioni che riguardano singoli individui, ognuno con la propria storia, e non a una folla inquieta o, peggio ancora, ad un’orda pericolosa.
Quirico è commuovente, come lo sono i casi e le persone che egli descrive, ma la componente emozionale, però,  è anche il punto debole dell’opera, perché la colloca entro i due estremi entro i quali è sempre affrontato il problema. Da una parte c’è chi paventa la fiumana, che guarda ai numeri, che vede solo la “foresta”, semina odio e paura e vorrebbe interventi drastici per arginare il flusso migratorio; dall’altra ci sono i buonisti, quelli, che, enfatizzando l’aspetto umano, che tracciano paralleli con la nostra storia, invitano candidamente all’accoglienza e all’altruismo (o almeno, a ridurre l’egoismo) vedendo in ogni uomo un singolo “albero”. Essi, in fondo come gli altri, non forniscono argomentazioni convincenti per affrontare un fenomeno che semplicemente non può essere solamente arginato, ma gestito e incanalato attraverso strategie di breve e di lungo periodo, con interventi presso i luoghi di arrivo, ma anche di partenza, con umanità, ma anche attraverso politiche interne e relazioni esterne che necessitano di chiarezza, senso di giustizia, ma anche di determinazione.
Forse dopo Brexit, l'Europa potrebbe proprio ripartire da qui, attraverso la formulazione di una visione veramente unitaria per affrontare uniti questo fenomeno.

venerdì 24 giugno 2016

BREXIT !!!!


La scelta degli inglesi per il Brexit è certamente una cattiva notizia. Sicuramente lo è per i britannici in toto che, a parer mio, scelgono di ancorarsi al passato anziché provare a collaborare insieme agli europei “continentali” per migliorare il futuro di tutti ma che, soprattutto, rischia di dilaniare il Regno Unito riportandolo territorialmente ad una situazione medioevale, posto che, il voto ha esacerbando le opposte posizioni di scozzesi e nord irlandesi rispetto a quelle del resto degli inglesi.

Certamente non è una buona notizia nemmeno per l’economia e per i mercati finanziari che, già traballanti e alla ricerca disperata se non di un rilancio, ma almeno di un po’ di stabilità, sicuramente non troveranno giovamento da questa ennesima turbolenza foriera di troppe incognite e variabili.

Paradossalmente, invece, potrebbe non essere una notizia totalmente cattiva per il resto d’Europa, perché, diciamolo senza troppa diplomazia, spesso gli inglesi in tema di europeismo hanno remato più contro che pro!
In ogni caso ... tutti noi però sappiamo che l’Europa sia ben lungi dall’essere perfetta e siamo consci che la costruzione politica e sociale dell’Unione è stata fin ora troppo sacrificata sull’altare delle sole esigenze economiche e finanziarie. Nessun cittadino europeo vede troppo di buon occhio il fatto di relegare l’Unione al semplice ruolo di fabbricatore di leggi farraginose o come ente esclusivamente preposto alla salvaguardia e alla libera circolazione degli interessi finanziari delle élite e pertanto, questo scossone, potrebbe essere l’occasione per riaprire veramente il dibattito politico e attuare una stagione di riforme che riconsegni veramente l’Europa politica e sociale agli europei.

 ... Perché l’Europa è bellissima, anche solo come idea! E' bello respirarla, sentirla sulla pelle, prendere l’aereo e il treno senza chiedersi e senza quasi sapere se stai passando una linea di confine oppure no, per arrivare in altri luoghi dove, comunque, puoi andare in giro tranquillo sentendoti un po’ a casa, circolare sereno sentendoti un cittadino tutelato dalle leggi, circondato da istituzioni alle quali, in fondo, ti puoi rivolgere ed affidare con fiducia mentre, alla pari con gli altri, poi godere del piacere e dei vantaggi della nostra libertà, cultura e civiltà che solo qui, e lo dico senza vergogna, esistono veramente e hanno la possibilità di resistere e prosperare!

martedì 21 giugno 2016

Torino 2016 - la caduta


Torino, 20 giugno 2016. E così la cittadella infine è caduta di fronte all’assalto del “turco”. Eppure il cielo oggi è azzurro e tutto è tranquillo. Dov'è l'imperatore nelle sue vesti cremisi?
Pochi se lo aspettavano, i più, ovviamente attendevano il solito tenace assedio, ma alla fine pure, la solita vittoria degli assediati, magari sul filo di lana, forse aprendo l’ultimo barile di polvere, ma con la conferma che, ad onta dei critici, le mura erano salde, i comandanti capaci ed esperti, le truppe motivate. E invece no! Come fu per Costantinopoli, i tempi cambiano e se nulla viene fatto, infine le vecchie mura crollano, si viene travolti, si cade come antichi alberi, da fuori ancora apparentemente vigorosi, ma ormai minati all'interno.
Non c’erano giovani a difendere i bastioni e molti un po’ meno giovani hanno disertato alla chetichella, uno a uno attraverso un segreto e sotterraneo gocciolio. Alcuni, più pragmatici, forse già calcolato che si, forse con il turco si può ben trattare...
Questa volta, come sempre in fondo, non sono bastati i vecchi crociati stanchi.

Ma caduto l’impero la vita continua, vedremo se il nuovo vento ottomano saprà far meglio della cara vecchia, appiccicosa e polverosa afa.

In ogni caso, non sarebbe la prima volta che una svolta sia partita da qui.

martedì 7 giugno 2016

Comunali 2016: Torino, un'analisi personale


Sul tema delle elezioni amministrative, mentre si parla molto dell’exploit del M5s, mi sembra che si stia dando poca enfasi al fenomeno dell’astensione. A Torino, le percentuali di votanti è scesa sotto il 60% (57,17%) rispetto al già non lusinghiero 66,53% della precedente tornata. Di fatto, quindi, l’insieme degli eletti rappresenterà poco più del 50% dei cittadini e il sindaco che verrà, anche facendo riferimento al più votato (e al di là del risultato del ballottaggio), otterrà il suo incarico sulla base di una rappresentanza che non arriva al 25% dei potenziali elettori del primo turno (quello che conta!). Se questa è democrazia! Certo, il fenomeno dell’astensionismo è in crescita un po’ ovunque, ma nessuno sembra realmente interessato a cercare di arginare il fenomeno, tanto c’è la comoda scusa del qualunquismo.

Tra l’altro, secondo la mia opinione, il successo del Movimento è frutto esattamente di due fenomeni convergenti: da una parte, l’opposizione, volente o nolente si sta catalizzando intorno all’unico soggetto politico che comincia a far prospettare reali possibilità di successo (e forse di cambiamento), dall’altra, l’astensionismo erode i voti dei partiti tradizionali molto di più di quanto anche il PD, per sua parte, sia disposto ad ammettere. In altre parole, non sono solo i candidati di destra allo sbando che disertano le urne, ma anche la fascia meno conservatrice della compagine di centro-sinistra.

Attenzione, non sto parlando di nostalgici dell’estrema sinistra, ideologia ormai chiaramente relegata al ruolo di reperto archeologico, ma di potenziali sostenitori DEM alla “Sanders” (ormai anch’egli sull’orlo della squalifica!) che, ben lontani da spinte utopiche e/o rivoluzionarie, invocano un cambio di paradigma, un ritorno a forme di riformismo sostenibile ma magari non necessariamente conformi ai dogmi e ai “paletti” imposti dall’establishment sia di “destra” che di “sinistra”, ormai, per altro, poco distinguibili fra loro.

Io penso che a Torino non sia un caso che oggi l’M5s sia divenuto il primo partito, conquistando una tradizionale cittadella della sinistra. Senza voler togliere nulla alla figura di Piero Fassino, egli mi sembra distante, anche solo per “raggiunti limiti d’età” dall’archetipo dell’eroe cittadino con la miccia in mano capace di fermare da solo l’invasore. E qui viene il punto! Il PD, da vero partito conservatore, ha puntato nuovamente sull’”uomo in grigio”, forse affidabile, ma sicuramente un po’ opaco. Forse il PD avrebbe dovuto trovare un’alternativa più giovane, dinamica e vivace da contrapporre alla “frizzante” ma anche rassicurante figura di Chiara Appendino, ma questo sembra esattamente il problema dei partiti tradizionali: mancanza di talenti, di iniziative di carisma e, mi sembra pure, di idee.

mercoledì 1 giugno 2016

Recensione: Il Grande Disegno


“Il Grande Disegno”, titolo originale: “The Grand Design”, di Stephen Hawking e Leonard Mlodinow, traduzione di Tullio Cannillo, edizioni Mondadori, ISBN 978-88-04-61001-4.
Mentre viene ripercorso il tortuoso processo di sviluppo della conoscenza scientifica che ci ha portato ad elaborare l’attuale nostra visione dell’ambiente fisico e, più in generale, dell’universo, si fa il punto sugli studi che si sforzano di ricomprendere in un’unica spiegazione le “forze” che dominano la nostra fisica, o meglio, la nostra realtà:
- La gravità;
- l’elettromagnetismo;
- la forza nucleare debole;
- la forza nucleare forte.
Mai come oggi, forse per la prima volta dagli albori dell’umanità, si intravvede realmente la possibilità di arrivare ad una teoria scientifica che incorpori e sintetizzi tutte queste leggi e che, conseguentemente, possa spiegare tutta la realtà fisica sottesa ai nostri sensi o meno, passando dal ’”molto piccolo” (è il caso di parlare d’infinitesimo?), fino al “molto grande” (o infinito?).
In questo quadro ci si sofferma sui grandi contributi derivanti dagli studi della fisica quantistica che, se da una parte hanno permesso di compiere grandi passi avanti riguardo alla comprensione della realtà “molto piccola” (fisica atomica e sub-atomica), dall’altro, hanno anche creato un certo “subbuglio” e direi anche “disagio”, soprattutto di matrice esistenzialista e filosofica, scalfendo il granitico determinismo predittivo che sembrava sottendere la fisica newtoniana. La fisica quantistica, infatti, ha ormai sdoganato concetti mentalmente scomodi come il principio di “indeterminazione” (Heisemberg) o quello di “somma delle storie” (Feynman) e altri ancora che, almeno apparentemente, sembrano lasciare la realtà in balia del “caso”, concetto che a molti ricorda “l’assenza di scopo”.
Quasi Inevitabilmente, quando si parla di determinismo scientifico, casualità e caos o delle teorie che riguardano le origini dell’universo, si finisce per intavolare discussioni riguardo il nostro destino, per mettere in discussione la centralità e la finalità della razza umana e infine, per tirare in mezzo Dio e il suo eventuale disegno! Forse troppo se si è genuinamente alla ricerca di risultati concreti …
In sintesi, ho trovato che questo libro, grazie anche allo stile divulgativo, semplice e scorrevole che lo contraddistingue, risulti sicuramente valido per approfondire la nostra conoscenza della fisica moderna. Diversamente però ad altra letteratura relativa a questi temi, esso ha, a mio avviso, il difetto di venire un po’ appesantito dal mescolamento di temi scientifici, filosofici e teologici, dei quali non se ne sente assolutamente il bisogno e che appaiono più che altro come un rovello interiore dell’Autore.