martedì 31 luglio 2012

Recensione: Il Sé viene alla mente – La costruzione del cervello cosciente

“Il Sé viene alla mente – La costruzione del cervello cosciente”, titolo originale: “Self Comes to Mind – Constructing the Conscious Brain”, di Antonio Damasio, traduzione di Isabella C. Blum, edizioni Adelphi, ISBN 978-88-459-2671-6.

Nel corso dell’opera, l’Autore, professore di neuroscienze, psicologia e neurologia ci porta alla scoperta della mente umana cercando di elaborare una tesi scientifica riguardo alla natura della “Coscienza”. Essa viene intesa, in primo luogo come “consapevolezza di sé”, del proprio corpo e della propria esistenza, ma in rapide escursioni viene anche presa in considerazione la sua accezione più elevata di faro etico e morale del nostro modo di agire.

Il Libro, veramente molto bello, per quanto oggettivamente impegnativo in termini di attenzione richiesta al lettore, cerca di dare delle risposte ad alcuni dei temi scientifici e filosofici più affascinanti che possano impegnare le nostre meditazioni: Da dove viene la coscienza? Come si è formata? In quale area del corpo o del cervello risiede? Quanto è enucleabile, contrapponibile o inscindibile dalla mente razionale? Perché ci siamo evoluti così?
Seguendo un filo logico rigorosamente razionale e portando a supporto delle proprie tesi tutti gli indizi scientifici accumulati in anni di ricerche, l’Autore ci guida attraverso un viaggio fra le varie aree nevralgiche del cervello e del sistema nervoso, spiegandone per quanto è noto le rispettive funzioni e relazioni. Parallelamente è portata avanti una tesi che, attraverso il concetto di ”Omeostasi” (termine che spiega la naturale tendenza degli organismi viventi ad autoregolare a livelli ottimali le proprie funzioni vitali), traccia una linea della tendenza evolutiva che dagli organismi “Organizzati” più semplici e basati sulla nostra singola cellula citoplasmatica (che comprende anche i neuroni!) porta alla formazione di esseri sempre più complessi. Secondo l’Autore, la “Mente” sarebbe uno dei risultati messi a punto dall’evoluzione e funzionale all’obiettivo di esprimere e dirigere la volontà delle innumerevoli cellule specializzate costituenti un corpo, ai fini di perseguire la ricerca e il mantenimento dell’omeostasi delle singole componenti e dell’intero organismo. La mente cosciente, capace di memoria storica, di empatia emozionale e di capacità di previsione e astrazione, sarebbe un’ulteriore evoluzione, frutto della capacità degli esseri complessi di valutare secondo una più profonda scala temporale un sistema di ricompense che sfugge al concetto stesso di materialità e, entro certi limiti, anche a quello di percezione strettamente sensoriale. Meravigliosa è veramente la mente umana, che fornisce a noi la possibilità di provare emozioni ricavandole dalle nostre esperienze, dalle nostre aspettative, ma anche da astrazioni pure e semplici e che ci consente di avvicinarci alla conoscenza delle altrui sensazioni mimandole attraverso le nostre capacità empatiche.

Un ulteriore aspetto rende veramente interessante questo Libro, ed è quello dello studio delle conseguenze delle malformazioni e delle degenerazioni cerebrali. La perdita permanente della coscienza è condizione veramente terribile; peggiori però, a mio avviso, sono quelle condizioni in cui essa permane imprigionata in un corpo che non può più agire liberamente come avviene nei cosiddetti casi di sindrome locked-in. Tali situazioni impongono serie riflessioni etiche e di natura giuridica sui concetti di responsabilità, di bene, di male e di esistenza.

mercoledì 25 luglio 2012

Recensione: Shantaram

“Shantaram”, di Gregory David Roberts, traduzione di Vincenzo Mingiardi, edizioni Neri Pozza, ISBN 978-88-545-0057-0.

Il protagonista del libro, giovane studente di filosofia e attivista politico, eroinomane e separato dalla moglie, nel 1978 viene condannato per una serie di rapine a mano armata. Nel 1980 fugge da un carcere di massima sicurezza australiano e si unisce a una banda di bykers, anch’essi rapinatori, poi, consigliato da un suo vecchio insegnante, decide di smettere la vita del bandito di strada e ripara in India a Mumbay. Qui la sua vita cambierà, mettendo in piena evidenza quel carattere di profonda umanità che le negative esperienze precedenti avevano offuscato e che gli farà guadagnare il nome di Shantaram, in marathi: “Uomo della pace di Dio”. Greg, ribattezzato Lin dall’amico indiano Prabaker, s’integrerà completamente nella società multietnica della città e nella cultura indiana; imparerà a parlare fluentemente l’hindi e il marathi, vivrà in un villaggio della provincia agricola e negli slum, dove si farà conoscere e amare aiutando la gente e approntando uno studio di pronto soccorso, trafficherà con i turisti e con la piccola delinquenza e infine si affilierà a una famiglia mafiosa della città. Qui, sotto la tutela di Abdel Khader Khan, capo della famiglia, ma anche carismatica figura di guru e filosofo, Lin svolgerà un ruolo di rilevo nel campo della falsificazione dei documenti e del contrabbando, proverà le galere indiane e parteciperà al conflitto afghano rimanendo ferito; soprattutto però sarà profondamente influenzato e cambiato dall’etica e dalla filosofia mistica del suo mentore e padrino.
Il libro è un’opera di fantasia che s’ispira alle vere esperienze dell’Autore, Gregory David Roberts che, nella realtà ha effettivamente vissuto gli episodi essenziali raccontati nella trama del romanzo. L’opera appare impegnativa, essendo di più di mille pagine, eppure personalmente ho trovato che sia scorsa veloce e senza annoiare mai. La raccomando volentieri per la lettura.
A titolo di curiosità. Avevo sentito parlare di questo romanzo fin dal 2008, quando, per coincidenza ho avuto una breve esperienza di lavoro proprio a Mumbay. Anche se ovviamente il contesto della mia breve permanenza non è assolutamente paragonabile con quanto, viene narrato nel libro, a lettura ultimata devo convenire con l’Autore riguardo ai molti aspetti positivi degli indiani e riguardo allo strano fascino che esercita questa metropoli piena di contrasti che convivono, apparentemente pacificamente, a stretto contatto. E poi,… ma quanto sono incredibili le piogge monsoniche in una città di tale fatta!?

lunedì 23 luglio 2012

Recensione: Le Mani sulla Banca – Il caso Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo

“Le Mani sulla Banca – Il caso Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo”, di Carlo Benigni, edizioni Donzelli, ISBN 978-88-8036-723-5.

Ecco cosa può capitare ad un lettore curioso ed onnivoro quando si mette a girovagare fra gli stand dei piccoli editori alla Fiera del Libro! Questo titolo, comunque interessante, penso di averlo letto solo io, l’Autore e (spero) l’editore!

Il libro tratta di fatto che si potrebbe definire “marginale” ma che è particolarmente significativo per illustrare il rapporto non sempre trasparente che sussiste fra le fondazioni bancarie e le banche stesse delle quali le fondazioni sono azionisti di riferimento. I fatti riguardano la Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo e la Banca Regionale Europea, società controllata dal gruppo Ubi Banca (fra i cinque maggiori in Italia), ma della quale la fondazione è azionista di riferimento, detenendo il 25% della partecipazione.
I fatti raccontati dall’Autore risalgono al 2010 e possono essere riassunti come segue: nonostante gli ottimi risultati conseguiti dall’istituto di credito, nel marzo 2010 la fondazione delibera la sfiducia nei confronti del presidente della Banca Regionale Europea i cui mandati di presidente della banca e di membro del consiglio di gestione del gruppo sono in scadenza. La decisione è particolarmente inattesa e, secondo l’Autore, spiazza il milieu economico della provincia di Cuneo essenzialmente per le seguenti ragioni:
1) Pochi giorni prima la Fondazione, con decisione presa all’unanimità, aveva proposto la riconferma del presidente uscente per entrambe le cariche.
2) La fiducia del mondo imprenditoriale verso il dirigente uscente è pressoché unanime, stante anche i lusinghieri risultati economici raggiunti dall’istituto.
3) Non emerge nessun fatto oggettivo comportamentale o gestionale che possa apparentemente giustificare un così radicale mutamento di giudizio da parte della Fondazione.
Nei giorni successivi non giungono spiegazioni esaurienti che giustifichino l’accaduto (ma appena dopo esploderà la polemica con tanto d’interrogazioni parlamentari!), in compenso però, trapelano delle informazioni che fanno sospettare un possibile conflitto d’interesse riguardante alcuni membri della Fondazione e una possibile infrazione del codice etico dell’istituzione da parte degli stessi. Si viene a sapere, infatti, che l’azienda di proprietà del presidente della Fondazione versa in gravi condizioni economiche ed è appena stata rifinanziata grazie all’intervento di una società che fa capo al presidente del collegio sindacale della Fondazione. A molti quindi non appare casuale che, proprio il “cavaliere bianco” assuma una delle due cariche vacanti, quella di membro del consiglio di gruppo e di conseguenza fioccano le polemiche, posto che, la decisione presa dalla Fondazione appare clamorosamente configurabile come uno scambio di favori se non proprio come un vero e proprio indennizzo per l’impegno finanziario profuso.
Questa la sintesi della vicenda e il succo del libro che, nello stile del giornalismo investigativo, alla fine non fa altro che riassumere la vicenda presentando il quadro della storia e i vari interventi degli organi d’informazione e le esternazioni dei politici, dei notabili e degli imprenditori locali.
Si potrebbe cinicamente pensare, posto che siamo abituati a ben peggiori misfatti, che in fondo si tratti di una vicenda provinciale di ben poca importanza (anche se riguarda le vicende di un primario gruppo bancario nazionale!), tanto più se si nota, ed è bene sottolinearlo, come in fondo non sia stato commesso nessun reato. Infatti, il mancato rinnovo di una carica (anche non motivato) rientra fra gli atti assolutamente legittimi da parte degli azionisti di una società, mentre il conflitto di interessi (difficile da provare!) e l’eventuale infrazione del codice etico della Fondazione rientrerebbero fra i fatti “privati” da appurare al suo interno nell’interesse dell’istituzione (che però è rappresentata e governata dagli stessi potenziali “rei colpevoli”!). Tuttavia, di là dalla vicenda, il libro ha il pregio di portare all’attenzione il problema mai risolto dei rapporti fra gli istituti di credito e le Fondazioni che su di essi esercitano ancora un notevole controllo. Nelle intenzioni del Ministro Amato, promotore della legge che le istituì nei primi anni novanta, le Fondazioni dovevano essere istituzioni temporanee funzionali alla privatizzazione delle banche e avrebbero dovuto esaurire velocemente la loro funzione di veicoli verso il mercato uscendo dal loro ruolo di controllanti di quella quota, allora ed ancor oggi rilevante delle banche italiane, pena divenire (com’è successo!) delle anomalie. Il mondo politico però, non si è fatto sfuggire l’occasione di impadronirsi di uno strumento che ha un potere economico e decisionale rilevante e che, soprattutto, è terreno di lottizzazione e fonte di cariche e sinecure lautamente remunerate. Pertanto, il ruolo delle Fondazioni nel settore bancario è lungi dall’essere divenuto irrilevante, ma anzi, è divenuto mano a mano sempre più strategico come crocevia per le lobby e i gruppi di interesse, magari persino rigorosamente bipartisan, ma comunque affratellati dal desiderio di sfruttare un patrimonio che, a rigor di logica, apparterrebbe alla collettività.

domenica 22 luglio 2012

Recensione: Il Canto della Rivolta

“Il Canto della Rivolta”, titolo originale: “Mockingjay”, di Suzanne Collins, traduzione di Simona Brogli, edizioni Mondadori, ISBN 978-88-04-62188-1.

Ultima parte della saga degli Hunger Games. Katniss, la giovane protagonista, con la complicità dei ribelli e di alcuni tributi, evade durante l’edizione commemorativa degli Hungers Games alla quale è stata costretta a partecipare con i superstiti delle edizioni precedenti. Si rifugerà al Distretto tredici, che non solo non è stato distrutto, come da sempre sbandierato dalla propaganda di Panem, ma che anzi si è organizzato in una società sotterranea molto strutturata e gerarchica che però, purtroppo, ricorda in maniera molto inquietante qualche forma di totalitarismo asiatico. L’intenzione del presidente Coin, l’ambizioso leader del distretto è quello di servirsi di Katniss a scopi propagandistici per supportare la rivolta che ormai è esplosa in tutti i distretti. La protagonista finirà, seppure con una certa riluttanza e stravolgendo in parte le regole del gioco, per prestarsi a tale disegno. L’epilogo della vicenda si compirà a Capitol City, dove ancora Katniss sarà determinante per fare fallire sia le trame del presidente Snow che quelle, altrettanto pericolose, della Coin.
Il terzo libro, nonostante qualche incoerenza e alcune forzature (abbattere cacciabombardieri a suon di frecce, seppur potenziate, è francamente troppo, per chi ne ha visto volare anche solo uno!), risulta molto più bello del secondo e quasi allo stesso livello del primo. Anche la protagonista nel corso dell’opera, seppur magari in maniera non subito evidente, “cresce” diventando più adulta e consapevole sia del proprio ruolo sia delle proprie responsabilità verso il futuro della propria Nazione. Lo dimostrerà nelle scelte finali, dove mettendo insieme ragionamento e intuito prenderà la decisione giusta per evitare un nuovo futuro di tirannide e, a livello personale, scioglierà con sensibilità e saggezza i nodi dei suoi dilemmi amorosi. Seria la scelta dell’Autore che non propone un semplice “E vissero felici e contenti”, ma che lascia percepire per chi è uscito dalle devastazioni e dai lutti di una guerra un ben più realistico percorso di recupero post traumatico che curerà le ferite, ma ne lascerà visibili le cicatrici nel corpo come nello spirito.