lunedì 28 aprile 2014

Recensione: Il Demone della Paura


“Il Demone della Paura”, di Zygmunt Bauman, editrice Laterza-La Repubblica, ISBN: 978-88-581-1195-6.
Il saggio è incentrato sulle paure dell’uomo moderno e sulla loro evoluzione in funzione dell’importanza che esse assumono nella percezione dei singoli e nell’immaginario collettivo.
 Il timore è da sempre presente nell’uomo e, fin dagli albori ne ha condizionato la spinta evolutiva e l’organizzazione sociale. Spesso, le paure sono diffuse, alimentate e amplificate attraverso l’opera, più o meno consapevole, dei mass media e, non di rado, esse si prestano a essere manipolate o sfruttate da parte di alcune istituzioni politiche ed economiche che trovano la propria funzione, giustificazione e/o il loro tornaconto nel sopperire a esse. Dall’altra parte, altrettanto frequentemente, sono proprio gli organi sociali e politici a farsi condizionare da timori reali e astratti e a contribuire al diffondersi si ansie, fobie e timori generalizzati.
Nel corso dell’opera l’Autore esegue una breve ricognizione dei nostri principali timori tracciando una mappa della loro evoluzione recente, ecco quindi che essi, in alcuni casi s’incarnano in forme umana in conformità a stereotipi, per esempio attraverso la figura del terrorista e/o del criminale; spesso, a loro volta, associati all’immagine dell’immigrato, personaggio alieno per definizione e, pertanto, automaticamente sospetto agli occhi degli autoctoni. Altre volte, emergono e prevalgono altre forme di ansia, ad esempio legate alla globalizzazione e a tutti i suoi effetti negativi sulla sfera economica e occupazionale e, ancora, tutti i timori legati alla salute originati, dal terrore della diffusione di malattie e contagi (es. Sars, Aids, pandemia pseudo “spagnola”) o, dal nostro modo di vivere (es. tumori, prione di “mucca pazza”, obesità, bulimia e anoressia) o, all’opposto, dal diffondersi di pseudoscienze o di cattiva informazione (es. i timori, spesso ingiustificati nei confronti dei vaccini) o, ancora, le fobie legate alla contaminazione di cibi e bevande.
L’evoluzione nel modo di sentire la paura si riflette ed anche si genera dal diverso approccio che l’essere umano ha nei confronti di sé e degli altri. Il ripiegamento verso forme sempre più evidenti d’individualismo non fa che aumentare la nostra propensione a sviluppare forme sempre più diffuse di ansia legate alla percezione della nostra fragilità e insicurezza e che trova un riscontro nelle mode, produce un forte impatto sulla politica e, secondo l’Autore, si avverte anche attraverso l’evoluzione dell’urbanistica. Riguardo a questo aspetto particolare Bauman ci fa notare quanto sia cambiata la nostra percezione della città vista come insieme. L’agglomerato urbano nasce spesso ed essenzialmente come risorsa difensiva nei confronti dell’ambiente esterno, per definizione, selvaggio e quindi pericoloso. Con il crescere dell’urbanizzazione, della congestione e della fluidità delle città, aumenta, invece, la sensazione che il pericolo ormai provenga soprattutto dall’interno e, di conseguenza, la città non viene più considerata come un luogo sicuro, mentre, nel frattempo, s’innalza il senso di mutua alienazione fra i cittadini. Questo si riflette nel trend in espansione che sopperisce alla crescita della domanda di sicurezza individuale che, ormai è sfruttata e reclamizzata attivamente attraverso la creazione di dotazioni atte a garantire la privacy, l’inviolabilità e l’impermeabilità dei luoghi.
Un saggio piacevole da leggere e con spunti interessanti, ma che, a causa del ridotto numero di pagine, non approfondisce abbastanza gli argomenti trattati.

venerdì 18 aprile 2014

Recensione: Destra e Sinistra - Significati di una distinzione politica


“Destra e Sinistra”, di Norberto Bobbio, editrice Donzelli, ISBN: 978-88-6843-039-9.
Si tratta della re-edizione pubblicata in occasione del ventennale della prima uscita del saggio, apparso, appunto, per la prima volta nel 1994 (e ripubblicato con varie aggiunte già nel 1999 e nel 2004, visto il grande successo avuto presso il pubblico).
 Le riflessioni del filosofo torinese uscirono in prossimità delle elezioni politiche, le prime tenute secondo quanto previsto dal “Mattarellum” che modificava il sistema puramente proporzionale introducendo il maggioritario. Com’è noto, le elezioni segnarono la discesa in campo e l’affermazione di Silvio Berlusconi e della sua nuova creatura politica, il movimento/partito di Forza Italia, che vinse le elezioni.
In questo contesto storico e politico di grande trasformazione dove, dentro e fuori dal nostro Paese, ci si confrontava con gli effetti della caduta della “Cortina di ferro” e con il collasso dell’”Arci-nemico” dell’Occidente, l’Unione Sovietica e dei principali regimi comunisti a essa alleati, l’Autore risponde alle obiezioni di chi ritiene superata la storica contrapposizione fra destra e sinistra. Questi sono anni che vedono una grande trasformazione dei partiti ex-comunisti che, salvo piccole frange estreme, danno l’impressione di voler convergere sempre di più verso il “Centro”, nel tentativo di adeguarsi al clima apparentemente vittorioso di un sistema capitalistico che sembra destinato a rimanere l’unico arbitro della situazione sociale. Sono gli anni in cui appaiono opere di saggistica di grande successo che tendono a negare la ragione per mantenere un focus sulle differenze fra ”Destra – Sinistra”; ad esempio, nel 1992 è pubblicata “La fine della Storia” di Francis Fukuyama, (all’interno del saggio è contenuto un commento di Bobbio riguardo a questa pubblicazione); mentre nel 1996 uscirà una delle opere più rappresentative del nuovo ciclo interpretativo della storia: “Lo Scontro delle Civiltà” di Samuel P. Huntington che sminuirà l’importanza dell’economia e delle ideologie come cause dei conflitti futuri e che, invece, enfatizzerà più le ragioni di differenza culturale lungo quelle aree geografiche che egli chiama “linee di faglia”.
Bobbio non nega il cambiamento dei tempi, ma ritiene che la differenza fra destra e sinistra continuerà ad avere senso e a essere presa come riferimento in politica. Egli spiega le sue motivazioni cercando nel frattempo di definire oggettivamente le ragioni della distinzione che contrappongono i due termini della diade. Secondo la sua opinione, detta distinzione va ricercata soprattutto sul diverso significato e sull’importanza che, i soggetti proclamatisi di una o dell’altra fazione, danno ai termini “Libertà” e, soprattutto “Eguaglianza”.
Come il solito, la dissertazione si svolge in tono rigoroso, pacato e, se vogliamo, anche un po’ pedante, cioè secondo lo stile tipico del filosofo, sempre estremamente preciso, mai aggressivo né, tantomeno esaltato.
Veramente una buona lettura.

mercoledì 2 aprile 2014

Recensione: Nebbia


“Nebbia”, di Ivano Mingotti, editrice Ded’a, ISBN: 9788896121917.
La storia si svolge a Beaumont, un piccolo villaggio semi isolato fra le montagne, poche decine di case, una sola strada che lo collega a una vallata. La vita a Beaumont è quella tipica dei paesini, tutti si conoscono, tutti sanno tutto di tutti e le giornate tirano avanti una dietro l’altra, lente, noiose e ripetitive. Pure il clima non aiuta, Beaumont sembra sempre avvolta nella nebbia. Eppure in questo paese qualcosa non quadra tutto appare un po’ sfuocato e nello stesso tempo soffocante. Soprattutto, a Beaumont la gente sparisce nel nulla senza fare più ritorno, senza lasciare tracce e, stranamente, senza destare particolari emozioni nei compaesani a parte un certo rassegnato fatalismo.
Ci vorrà un evento straordinario per spingere alcuni dei protagonisti a cercare di chiarire il mistero di queste strane sparizioni e nel frattempo per spiegare la strana atmosfera surreale che aleggia sul paese e sui suoi abitanti.
Ho ricevuto questo romanzo in maniera un po’ casuale attraverso il network di Anobii; tra l’altro, devo ammettere che non sono particolarmente amante del genere thriller e, soprattutto, ultimamente leggo quasi esclusivamente opere di saggistica alternate a qualche classico della letteratura. Non mi ritengo quindi il soggetto più adatto per esprimere giudizi riguardo alla validità di questo romanzo che, probabilmente, non avrebbe attratto la mia attenzione in libreria. Fatta questa lunga e doverosa premessa, penso che l’Autore sia partito da un’ottima idea e che l’abbia poi sviluppata abbastanza bene. Alla fine il romanzo mi è piaciuto abbastanza, soprattutto perché mi è apparsa curiosa almeno quanto mi abbia lasciato perplesso, la scelta stilistica dell’Autore, coraggiosa ma, infine anche abusata. Il romanzo si svolge attraverso una serie di anafore senza fine, tanto da diventare fastidiose, frasi corte, ritmo sincopato, clima claustrofobico e ossessivo. Penso che questo tipo di effetto fosse desiderato dall’Autore ma, per me, ha esagerato e avrebbe dovuto alternare queste parti che, a piccole dosi sarebbero state molto efficaci, con altre di stile più classico dove, tra l’altro, egli avrebbe potuto dimostrare di saper descrivere davvero sia i luoghi sia i personaggi, entrambi lasciati, forse volutamente, senza spessore.

martedì 1 aprile 2014

Cronache di Torino: La caduta del "cittadino" Mussolini


Martedì 01 aprile 2014, a Torino Benito Mussolini non è più di casa, la sua cittadinanza onoraria datata 1924 è stata “cerimoniosamente” stralciata dal registro dei cittadini onorari per opera del nostro governo cittadino. La popolazione finalmente può dormire sonni tranquilli!
Si potrebbe affrontare il discorso nei confronti di quest’operazione politica da molti punti di vista, il primo, istintivo e forse qualunquistico sarebbe sicuramente porre la fatidica domanda: “Ma non avevano nulla di più urgente da fare?”, a me interessa però un altro aspetto, quello della Storia.
Tutti sanno, o dovrebbero sapere, chi fu Benito Mussolini; la Storia l’ha già abbondantemente giudicato mostrandone i tanti, terribili, errori compiuti ed anche, se uno si documenta abbastanza bene, rilevando quello che egli fece di buono. Alla fine, è noto come la bilancia del giudizio globale pesi notevolmente a sfavore delle opere e delle ideologie messe in atto da questo personaggio. Tutto però si può dire contro o a favore di lui tranne una cosa, e cioè, non si può negare che egli abbia occupato un posto rilevante nella storia mondiale e, in particolare, in quella del nostro Paese.
Proprio per questa ragione non ritengo giusto cercare di cancellare il suo ricordo in nessun modo. Semmai, la sua figura va spiegata alle nuove generazioni e, pertanto, più si lasciano inalterati i segni del suo passaggio più ci saranno occasioni per poterne parlare, sperando che il passato non sia obliato ma che, al contrario ci rimanga da monito per il nostro agire futuro.
Non penso quindi che né Torino, né tantomeno gli attuali torinesi debbano preoccuparsi o vergognarsi del conferimento a Mussolini della cittadinanza onoraria; alla fine, se vogliamo fare un parallelo, le nostre strade portano spesso i nomi di una casa reale che non fu sempre irreprensibile; anche questa, però, è la nostra storia, non abbiamo il diritto di rinnegarla, solo di spiegarla.
La decisione di insignire della cittadinanza onoraria l’allora versione incarnata del sempiterno “Salvatore della Patria” fu opera della solita élite compiacente e ossequiosa verso il potere. Oggigiorno, tutto ciò si configura come un semplice dato di fatto, un evento storico che, come altri rimane da capire e inquadrare nel giusto contesto. Oggigiorno più che altro, questi fatti costituiscono semplici curiosità. Sarebbe bene però che queste azioni non fossero cancellate o nascoste, semmai esse dovrebbero essere commentate, in modo che in futuro rimanga una traccia, un monito a non compiere i medesimi errori, a frenare eventuali entusiasmi e infatuazioni del momento, magari verso altri personaggi apparentemente ammantati di luce ma destinati a cadere anch’essi in disgrazia.
Dormi in pace cittadino Mussolini, la macchia che hai lasciato sul nostro libro emerito non è la peggiore che ti porti sulla coscienza, per me anzi, eri più utile in quell’elenco che fuori da esso.
Che rimanga memoria di tutto questo, che sia salvato tutto, che si restaurino persino le scritte che ancora si ostinano ad apparire attraverso gli intonaci dei muri delle case agli ingressi dei nostri paesi; in modo che i nostri figli s’interroghino e ci interroghino nel vederle, perché sappiano cosa avvenne e quale fu il vero epilogo di “sparate” come “Vincere o Morire!”.