giovedì 10 marzo 2016

Recensione: Disuguaglianza – Che cosa si può fare? (Inequality. What can be done)


“Disuguaglianza – Che cosa si può fare?”, titolo originale: “Inequality. What can be done?” Anthony B. Atkinson, traduzione di Virginio B. Sala, editore Raffaello Cortina, ISBN: 978-88-6030-788-0.
La disuguaglianza di reddito e di opportunità, dopo un periodo di calo relativo avvenuto per buona parte del novecento è di nuovo in crescita quasi dappertutto. La svolta, nei paesi industrializzati è avvenuta, un po’ ovunque, a partire dagli anni ottanta del medesimo secolo e a partire da allora, il fenomeno appare inarrestabile e quasi “naturale” perché ritenuto intrinsecamente legato alla globalizzazione.
La crescente polarizzazione della ricchezza è ormai un fattore ampiamente visibile e misurabile attraverso indicatori specifici quali il noto e forse abusato coefficiente di Gini. Questo fenomeno è pertanto oggetto di ampi dibattiti politici, non solo relativamente al tema scontato dell’equità, ma soprattutto, perché non sono pochi quelli che ne temono le ripercussioni negative sulla vita democratica e sulla stabilità e coesione delle nostre società civili.
Nel corso dell’opera, l’Autore sviluppa un’analisi pragmatica e intelligente che, unisce sia aspetti teorici, sia proposte pratiche e che, in un certo senso, si integra alla perfezione con un altro saggio di recente grande successo mediatico, “Il capitale nel XXI° secolo” di Thomas Piketty.
Atkinson mette insieme una precisa analisi storica e statistica dei fattori che hanno inciso e possono modificare il livello della diseguaglianza e cerca di dimostrare, secondo il mio parere, con successo, che la montante sperequazione non è un fenomeno ineluttabile legato a fattori esogeni incontrastabili. Secondo l’Autore ad essa ci si può e ci si deve opporre, e tale risultato può essere ottenuto attraverso l’applicazione di specifiche politiche redistributive.
Buona parte del saggio è quindi dedicato ad illustrarne alcune attraverso una precisa ricetta di politica socio-economica costituita da una serie di proposte, soprattutto di natura fiscale, tra di esse interdipendenti ma non necessariamente da applicare “in toto”. Devo ammettere che non tutte mi hanno pienamente convinto, ma aggiungo che, nel complesso, mi sono, invece trovato d’accordo con il quadro generale, le tesi e gli obiettivi espressi dall’Autore.

venerdì 4 marzo 2016

Recensione: Mai avere paura – vita di un legionario non pentito


“Mai avere paura – vita di un legionario non pentito” di Danilo Pagliaro e Andrea Sceresini, editrice ChiareLettere, ISBN: 978-88-6190-711-9.
L’Autore è un militare, volontario nella Legione Straniera francese e prossimo alla pensione dopo aver svolto un servizio più che ventennale nel corpo.
Egli racconta la sua esperienza.
Si parte quindi dalle spiegazioni di una scelta, quella dell’arruolamento in legione, che è, sicuramente anticonformista, ma che nulla ha a che fare con l’esaltazione, il “machismo”, o peggio, con uno spirito da guerrafondaio, ma forse, più con l’irrequietezza d’animo dell’Autore, da sempre, per sua ammissione, attirato dall’idea della divisa e cresciuto nel culto dello “spirito di servizio”.
Lo scrivente si sofferma a descrivere le modalità dell’arruolamento in legione, ivi compresa la prassi dell’”identité déclarée” (identità dichiarata) che permette alle reclute di liberarsi, almeno momentaneamente, del proprio passato per mettersi completamente al servizio della Francia; poi si passa a parlare dell’addestramento che egli considera duro ma “giusto”, perché finalizzato a mettere preventivamente in luce i limiti fisici e psicologici delle reclute acciocché non emergano con possibili conseguenze tragiche nel corso della vita operativa. Molto però ruota intorno alla descrizione dello spirito di corpo e di comunità che anima i legionari, sentimento attivamente promosso dalla struttura stessa del corpo che si pone l’obiettivo esplicito di accogliere la recluta in una sorta di famiglia allargata, e di occuparsi di lei anche dopo il termine del servizio attivo.
Insomma, nella legione l’Autore ha trovato la sua ragione di essere e lo dichiara chiaramente con una certa fierezza.
Brevi passi illustrano anche il suo impegno operativo, perché è bene non dimenticare che la Francia e, in particolare il corpo della legione, sono stati impegnati intensamente in molti teatri operativi negli ultimi venticinque anni: Balcani, Centrafrica, Congo, Camerun, Costa d’Avorio, Comore, Mali, solo per citarne alcuni.
In sintesi, io ho trovato questo libro interessante, secco, sincero e asciutto, scevro di fronzoli e vanagloria. Certo, non un’opera d’arte della letteratura … ma questo era nelle aspettative!

Sottolineo che l’avevo scelto sperando di trovare una descrizione un po’ più approfondita dell’impegno della legione in terra africana, teatro che sarà sempre più importante nei prossimi decenni ai fini della cosiddetta “sicurezza globale” (che poi sarebbe essenzialmente la “nostra” di europei!). Da questo punto di vista, il testo risulta piuttosto scarno e deludente, perché l’Autore non si dilunga sui particolari del suo impegno operativo (immagino, anche per una sorta di senso del “pudore”) né in particolari analisi di tipo strategico o geopolitico. In ogni caso, questa supposta mancanza (più un errore di valutazione da parte mia, ammetto!) non inficia assolutamente il contenuto di questa interessante testimonianza che scorre veloce senza mai annoiare.