lunedì 31 maggio 2010

Recensioni: Morte agli italiani

Morte agli italiani- Il massacro di Aigues Mortes 1893, Enzo Barnabà, Infinito edizioni.

Nell’estate del 1893 ad Aigues Mortes nel sud della Francia i lavoranti italiani delle saline vengono attaccati e massacrati dai loro colleghi francesi e dalla cittadinanza inferocita. Il bilancio della giornata sarà di una decina di morti e di un centinaio di feriti. Il libro racconta nei dettagli la genesi e lo svolgimento del massacro evidenziando come le ragioni vadano ricercate nell’eterno conflitto fra poveri che mette costantemente in confronto lavoratori locali e residenti da una parte e immigrati dall’altra. Gli ingredienti sono dunque i soliti: Gli immigrati che rubano il lavoro e deprimono i salari, lo stereotipo dello straniero che non si integra, che tende a sovvertire regole e comportamenti consolidati, che viene portato a delinquere più della media, che si piega al ricatto degli imprenditori locali accettando paghe e condizioni da fame. Il libro è scorrevole, colpisce il fatto che la maggior parte delle vittime siano piemontesi e comunque del nord d’Italia, gente allora considerata della peggior specie, sporca, incivile e dal coltello facile come dire: marocchini? Albanesi, moldavi oppure rumeni?
Il fatto adesso è semi-dimenticato, ma allora destò molto scalpore contribuendo ad inasprire la guerra doganale fra Italia e Francia e rischiando di precipitare le due nazioni in un conflitto armato. Le proteste conseguenti accelerarono la caduta del governo Giolitti già coinvolto negli scandali della Banca Romana e determinarono l’ ascesa di Crispi che ricompose in maniera irrispettosa delle nostre vittime (rifiutando persino i risarcimenti promessi) la vertenza con la Francia che da parte sua insabbiò il più presto possibile la vicenda concludendola con uno scandaloso processo il cui esito fu l’assoluzione dei pochi colpevoli identificati. Fra le conseguenze dell’eccidio impressionante fu la rivolta di Napoli, cominciata come protesta anti francese e poi mutata in sommossa popolare contro la povertà, le condizioni di lavoro dell’epoca, ma soprattutto degenerata a causa dell’atteggiamento irresponsabile delle forze di polizia. Per domare l’insurrezione spontanea fu necessario far intervenire circa 25.000 militari e dichiarare lo stato d’assedio.

giovedì 27 maggio 2010

Recensione: Il Cigno nero

“Il Cigno nero come l’improbabile governa la nostra vita” di Nassim Nicholas Taleb, edito dal Saggiatore.
Il Cigno nero è l’evento imprevedibile ed inaspettato, il “caso” che sconvolge in termini positivi o negativi la vita di singoli o di intere comunità, che non rientra nei canoni della norma e che porta cambiamenti dai quali non ci si può sottrarre. L’autore ci spiega come fatti del genere non siano affatto rari ed anzi accadano (sempre diversi) continuamente. Regolarmente sono stati dei “cigni neri” i motori del cambiamento che avviene spesso in maniera caotica ed imprevedibile procedendo più per balzi che attraverso processi regolari e preordinati. Un aspetto interessante del libro riguarda la spiegazione della nostra vulnerabilità agli eventi imprevisti, che risulterebbe dovuta alla nostra propensione ad effettuare delle previsioni rifacendosi all’analisi di dati disponibili e pertanto “datati” e tramite i quali abbiamo la pretesa di trarre indicazioni affidabili riguardo all’evoluzione di situazioni future che invece finiranno spesso per essere condizionate dall’imprevedibile. L'autore stigmatizza anche la nostra propensione a ricercare spiegazioni “a posteriori” per ricomprendere gli eventi reali nelle nostre ipotesi e rappresentazioni mentali e per incanalare i fatti nel nostro disegno di quello che riteniamo possibile e realizzabile; ancora, viene irriso il nostro ostinarci a ritenerci inseriti in una realtà che riteniamo ampiamente dominabile e che invece ci vede irrimediabilmente soggetti ai capricci della Fortuna alla quale proprio per queste nostre caratteristiche psicologiche ci esponiamo oltre misura. Mirabile ed illuminante la “parabola del tacchino” che illuso dalle sue stesse abitudini finisce per essere sorpreso dal suo tragico destino nei giorni antecedenti la festa del Ringraziamento (ma se volete sapere tutta la storia leggete il libro!). Risulta anche molto convincente l’ironica opera di demolizione dell’operato di pensatori, nobel, sedicenti esperti e consulenti (soprattutto finanziari) tutti presi nella costruzione di complicati modelli statistici e matematici previsionali che finiscono sempre per non reggere a qualche evento inaspettato. L’autore ci invita quindi ad essere scettici ed elastici ed in un certo senso a fidarci dell’istinto, della fortuna che aiuta gli audaci e che favorisce quelli che comunque continuamente "cercano" e si “danno da fare”. In fine ne viene fuori una morale quasi confortante, quella che ci mette in guardia dalla sicumera e dalla pseudo-scienza dei potenti e di chi comunque pretende di poter imbrigliare il futuro.

giovedì 20 maggio 2010

Mercati finanziari - Dio salvi la Germania

L'iniziatriva del Cancelliere tedesco Merkel di introdurre divieti riguardo alle vendite allo scoperto di titoli di Stato e di alcune tipologie di titoli azionari è stata accolta con un'ondata di ribassi dalle varie piazze finanziarie; gli operatori ed in particolare (sembra) gli hedge funds non hanno gradito l'intervento. Nel frattempo le autorità tedesche hanno preannunciato altri interventi tendenti a sanzionare con maggior vigore quei Paesi che disattendono alle indicazioni (da rivedere) del Patto di Stabilità. Da sottolineare anche come il Governo tedesco abbia agito in autonomia e di "sorpresa", senza soffermarsi molto a concertare con gli altri membri recalcitranti le politiche da attuare dando così un chiaro segnale di leadership e monito politico. Personalmente io sono favorevole all'interventismo tedesco finalizzato proprio a colpire da un lato la speculazione e dall'altro i fautori della finanza allegra, ma soprattutto teso a dimostrare con fermezza la volontà di salvare l'euro e l'Unione nonché di riaffermarne il ruolo politico. Anche la volontà di rafforzare il controllo pubblico sull'economia e sulla finanza va nella direzione per me auspicabile. Pertanto: "Dio salvi la Germania" e "tre hurrà per la Sig.ra Merkel!".

venerdì 7 maggio 2010

Recensione: Il buio oltre la siepe

Di Harper Lee, edizione Feltrinelli isbn 9788807804595
La storia descrive la vita nel profondo sud degli USA fra gli anni 30 e 40 narrata attraverso gli occhi di "Scout" la giovanissima figlia di Atticus Finch, un avvocato dell'Alabama incaricato della difesa d'ufficio di un negro accusato di violenza sessuale. Il libro è famosissimo pertanto poco posso aggiungere se non che personalmente l'ho trovato molto bello e scorrevole. Bellissima la figura di Atticus, professionista serio, onesto, flemmatico quanto determinato nel perseguire un ideale di vera giustizia senza distinzioni.

Considerazioni sulla crisi della Grecia

La crisi della Grecia, che rischia di contagiare anche altri paesi europei Italia compresa, ha radici profonde ed è un forte segnale di come l’Europa e forse l’Occidente nel complesso non sembri in grado di avviare le riforme sociali, politiche ed economiche per arginare quella che sembra un’inesorabile decadenza nei confronti delle sempre più agguerrite economie asiatiche. Eppure sembra abbastanza facile capire il come queste economie emergenti abbiano messo in crisi i settori economici più deboli e come progressivamente queste tensioni comincino anche a farsi sentire nei confronti dei comparti tecnologicamente più avanzati che sembravano più al riparo da questi fenomeni di erosione. Da anni le nostre classi politiche ed imprenditoriali non investono seriamente ne nella tecnologia ne nella ricerca di base ed ancora di meno sull’istruzione scolastica, abbiamo quindi progressivamente perduto l’unico vero vantaggio che avevamo e che potevamo continuare a mantenere nei confronti dei paesi emergenti e che era costituito dal nostro primato culturale e tecnologico. Nel frattempo nulla si è fatto per modificare seriamente le nostre società, non si è riusciti a rendere realmente efficiente il welfare ne si è riconosciuta la grande importanza dello stesso per garantire degne opportunità e pace sociale per tutti, soprattutto abbiamo pensato ad esso solo come ad un peso e non ne abbiamo riconosciuto il grande valore distintivo nei confronti delle altre culture ed anche di altre società evolute, come ad esempio gli Stati Uniti, soprattutto ci siamo rifiutati di offrirlo come modello auspicabile anche alle altre nazioni in via di sviluppo. Abbiamo evitato di affrontare seriamente un processo di riequilibrio economico fra le generazioni premiando i vecchi e penalizzando i giovani, coccolati da una parte, ma lasciati nell’ignoranza e deresponsabilizzati dall’altra, intruppati in un eterno ciclo scolastico sempre meno formativo e sempre più indirizzato a svolgere il ruolo di sinecura per operatori, amministratori e professori o ridotto a ghiotta opportunità imprenditoriale per i privati, ma che soprattutto fa arrivare già anziani in un mondo del lavoro per altro precario. Ci siamo progressivamente allontanati da un modello fiscale progressivo ottenendo una sempre maggiore polarizzazione della ricchezza, penalizzando le imposte sui redditi da lavoro rispetto alle imposte patrimoniali di successione o sulle rendite. Abbiamo permesso la nascita di multinazionali sempre più indipendenti dal controllo degli Stati e nel contempo non siamo riusciti a dotarci di opportuni contrappesi politici in grado di contrastarne lo strapotere. Abbiamo delegato le nostre scelte ad una classe politica inefficiente, ignorante, individualista e predatrice fin troppo rappresentativa della “media” dei vari Paesi e che semplicemente non sembra nemmeno in grado di capire il contesto storico, sociale ed economico nel quale stiamo vivendo e che candidamente ignora qualsiasi senso dello Stato e di responsabilità verso la società civile che sarebbe invece chiamata a rappresentare. Abbiamo persino soffocato nel nome dei risparmi e della competitività la svolta ambientalista che, non solo cominciava a produrre effetti positivi in termini di qualità della vita sui nostri territori riducendo inquinamento e le patologie collegate, ma che poteva anche essere una nuova vocazione economica e tecnologica sulla quale l’Occidente avrebbe potuto instaurare un durevole primato. Siamo quindi noi la genesi delle nostre crisi, determinata dalla nostra rinuncia ad accettare di operare in sistemi di tipo mutualistico o cooperativistico, ormai convinti che solo il cosiddetto settore privato sia la panacea dei nostri problemi e che progressivamente riporta risorse, produzioni e servizi a situazioni ottocentesche. Non sappiamo proporre sistemi economici alternativi a modelli basati su indicatori legati al credito ed al consumo e sempre di più ci affidiamo ad architetture finanziarie incomprensibili ai più ed alla fine sempre inefficaci se non genuinamente truffaldine; infine, non teniamo conto della sempre maggiore competizione nella lotta al controllo delle risorse non rinnovabili. Se continuiamo di questo passo e non daremo una svolta decisa al nostro modo di vivere e di pensare non ci saranno alternative ad un più o meno rapido declino. La Grecia offre un banco di prova interessante, che però sembra destinato a confermare l’applicazione delle solite ricette basate solo sui tagli del welfare ed in sintesi sull’abbattimento del tenore di vita dei ceti medi. Da una parte ci si trova nella necessità di eliminare sprechi e privilegi ormai anti storici, dall’altra sarebbe necessario esaminare attentamente le istanze della piazza che preme per una diversa ripartizione degli oneri dei sacrifici. Nel contempo cresce il rischio di contagio ad altri Paesi e sale il costo dell’intervento concertato all’interno dell’UE……