venerdì 22 giugno 2018

Recensione: Amianto – Processo alle fabbriche della morte

“Amianto – Processo alle fabbriche della morte”, di Giampiero Rossi, edizioni Melampo, ISBN 978-88-89533-68-0.

Con una particolare enfasi posta sulle vicende dello stabilimento Eternit di Casale Monferrato (prov. Di Alessandria), il libro ripercorre la storia del processo intentato a Torino nel 2009 contro i vertici del gruppo aziendale, ritenuti responsabili della condotta volutamente inadeguata nell’opera di informazione e prevenzione contro i rischi dell’amianto.
La vicenda giudiziaria arriverà ad una prima conclusione nel corso del 2012 dove verrà emesso un pesante verdetto di condanna nei confronti dei convenuti, Stephan Schmidheiny e Louis De Cartier de Marchienne, per “disastro ambientale doloso e permanente”. Il processo avrà poi una coda successiva in Appello nel 2013 che porterà ad un’ulteriore aggravio delle pene nei loro confronti, ma si concluderà nel 2014 con una sentenza della Corte suprema di cassazione che annullerà sia le pesanti condanne, sia i risarcimenti previsti per le parti in causa per l’avvenuta prescrizione dei reati commessi.

Libro molto bello che racconta non solo la vicenda giudiziaria attraverso le vicende personali, spesso purtroppo tragiche, dei promotori della causa e dei loro famigliari ma che ripropone anche la storia e la parabola dell’eternit, la mescola di cemento e fibre di amianto brevettata nel 1901 per le sue caratteristiche e proprietà innovative poi però risultata micidiale per i suoi effetti collaterali sulla salute e per questo bandita in moltissimi paesi (in Italia la commercializzazione è cessata nei primi anni novanta).

Altra piccola pepita del Salone del Libro di Torino edizione 2018 nella parte dedicata ai piccoli editori (ma i “grandi” editori certi temi non li toccano mai?)!

NOTA:
Per chi fosse interessato alla vicenda in sé, penso che sia ancora in corso il processo cosiddetto “Eternit bis” avviato nei confronti di Stephan Schmidheiny. Louis De Cartier de Marchienne è invece morto nel 2013.


mercoledì 6 giugno 2018

Recensione: Un’Odissea. Un padre, un figlio e un'epopea


“Un’Odissea. Un padre, un figlio e un'epopea”; titolo originale: “An Odyssey. A Father, a Son, and an Epic”, di Daniel Mendelsohn, traduzione di Norman Gobetti, edizioni Einaudi, 978-88-06-23148-4.

Un anziano ex professore di matematica da sempre (anche) appassionato di discipline umanistiche decide di seguire il seminario universitario sull’Odissea tenuto dal figlio, ormai anch’egli maturo professore di letteratura greca.
Il figlio acconsente, seppure perplesso; conosce il carattere del padre: logico, spigoloso, rigoroso, cocciuto, trasandato e asociale, in sintesi … “Un duro” spartano burbero, fedele e un po’ goffo, nato e cresciuto nel Bronx fra le due guerre mondiali da una famiglia modesta e elevatosi socialmente grazie a tenacia e qualità intellettuali … quasi un’antitesi rispetto al “nobile”, più sfuggente, sfaccettato, non sempre coerente, spesso bugiardo Odisseo.
L’eroe omerico e l’anziano “guerriero” non sono fatti per amarsi a prima vista … “Non è un eroe!” sosterrà, infatti, più volte (spesso, a parer mio, non a torto) l’anziano signore nel corso del seminario.

Il corso si svolge fra i timori del figlio e le “piazzate” spesso imbarazzanti del padre, che, tra l’altro, tendono a far presa sui giovani studenti; procedendo, l’Autore, recupera episodi della propria infanzia e della vita del padre mentre si dilunga nella descrizione di diversi passi dell’opera omerica, dando al lettore la possibilità di riprendere arricchire e approfondire la propria conoscenza dell’Odissea con fatti, spiegazioni e curiosità di indubbio interesse.
Nel frattempo, risulta anche chiaro che, il figlio, prima quasi inavvertitamente, poi sempre più consciamente ha cominciato la sua personale Telemachia, il viaggio di riscoperta della figura paterna.

Al seminario segue una vera e propria crociera di padre e figlio nel Mediterraneo, sempre sulle tracce di Ulisse ovviamente.
In quel frangente la reciproca riscoperta si approfondisce e, incidentalmente, almeno per il sottoscritto che le ignorava, emergono da questa bellissima opera altre perle, quali ad esempio, la poesia “Itaca” del poeta Costantino Kavafis e “Ulysses” di Alfred Tennyson.

La scomparsa del padre, che avviene poco dopo la conclusione della crociera, non ferma e forse accentua nell'Autore il desiderio di svelare e, direi io, riconciliarsi completamente con la figura paterna; quindi, sempre sulla falsa riga della “vera” Odissea, egli continuerà le sue indagini presso i famigliari, gli amici e i conoscenti.

A mio avviso, l’Autore troverà infine tutte le sue risposte e l’impresa si concluderà con un successo che rafforzerà l’immagine di entrambi, padre e figlio.

Tutto molto bello!