martedì 26 settembre 2017

Recensione: Le revenu de base – une idée qui pourrait changer nos vie - il reddito di base, un'idea che può cambiare la nostra vita

“Le revenu de base – une idée qui pourrait changer nos vies”, di Olivier Le Naire e Clémentine Lebon, Actes Sud/Colibris, ISBN 978-2- 330-07241-4.

Breve saggio in francese su di un argomento che sta lentamente facendosi spazio fra le diverse proposte di politica sociale e assistenziale.

Gli Autori, prendendo a prestito una delle tante definizioni create dai comitati promotori,  definiscono il “reddito di base” (o “reddito universale”, “reddito di cittadinanza”, …) come: “ … un diritto inalienabile, incondizionato, cumulabile con altre rendite, distribuito da una comunità politica a tutti i suoi membri, dalla nascita alla morte, su base individuale, senza controlli né esigenza di contropartita, il cui ammontare e le relative modalità di finanziamento sono determinate democraticamente”.

L’idea del reddito di base è in corso di maturazione ormai da parecchio tempo e, secondo il parere di molti sostenitori, persino da secoli, posto che, forse con un po’ di fantasia, più di un accenno a questo argomento può ritrovarsi nel pensiero e nelle opere di filosofi e pensatori del passato (gli Autori citano, fra altri esempi, “Utopia”, opera cinquecentesca del filosofo Thomas Moore).

Comunque la si pensi a riguardo, quantomeno è ben più certo e documentato che tale idea trovò un certo spazio di dibattito nel corso della rivoluzione francese (ad esempio ad opera di Thomas Paine).

Al di là di queste curiosità storiche, bisogna comunque riconoscere che le discussioni legate al reddito di base siano un tema che rientra ormai spesso nel dibattito politico; basti pensare al fatto che esso costituisce un punto del programma politico del Movimento Cinque Stelle in Italia, di movimenti di sinistra come “Podemos” in Spagna e proposte in questa direzione emergono da diverse forze politiche e movimenti europei (ad es. in Olanda e Finlandia); in Svizzera tale emolumento è stato recentemente oggetto di un referendum consultivo, mentre in Alaska viene corrisposto da alcuni anni ai residenti un “dividendo” a fronte dello sfruttamento delle risorse petrolifere estratte n loco che, almeno in parte, richiama la definizione del reddito di base; esso, infine,  è stato oggetto di sperimentazione in alcuni Paesi in via di sviluppo e negli USA.

Tema interessante non solo perché, un po’ prosaicamente, tocca la sfera della materialità e, in particolare quella dei redditi, della loro redistribuzione e della fiscalità, ma anche perché allarga da subito la discussione ad aspetti che abbracciano la sfera dei diritti, le libertà, l’equità, la dignità e suggeriscono una possibile modalità per rendere questi concetti effettivamente un po’ più attuabili.

Il reddito di base può anche costituire un promettente (o rischioso, secondo i detrattori) terreno di esperimento sociale; infatti, risulta subito chiaro che l’introduzione di questo emolumento, soprattutto nel caso in cui esso fosse di una certa consistenza, causerebbe un vero e proprio cambio di paradigma alla nostra società civile, mettendone in crisi gli assetti istituzionali, ideologici e gerarchici che la reggono, promuovendone, invece, di altri; basti pensare ad alcune delle nostre consolidate credenze, per esempio, relativamente al dogma della centralità, necessità e sacralità del “valore” lavoro.

Anche se risulta abbastanza chiaro come gli autori siano favorevoli alla misura e ne perorino attivamente il dibattito, il saggio si presenta agevole e intelligente ed anche relativamente equilibrato nel lasciare spazio a dubbi e perplessità. Personalmente ho trovato deboli le argomentazioni del capitolo quattro che si occupa dei modi in cui, il reddito di base potrebbe essere finanziato, ma a questo proposito, sono gli stessi autori che si soffermano a sottolineare la criticità di questo aspetto del dibattito!


Da accogliere e diffondere il messaggio portante del libro: “promuovere l’idea, discuterne l’applicazione, sperimentarla con gradualità e prudenza”.