domenica 9 giugno 2013

Recensione: Il mondo che nasce – dieci scritti per la cultura, la politica, la società


"Il mondo che nasce – dieci scritti per la cultura, la politica, la società” di Adriano Olivetti, a cura di Alberto Saibene, edizioni di Comunità, ISBN: 978-88-98220-02-1. 

Si tratta di una bella antologia che raccoglie alcuni degli scritti di Adriano Olivetti e che riesce a restituire, almeno in parte, il pensiero poliedrico e innovatore dell’Autore.
Adriano, figlio dell’imprenditore Camillo fondatore dell’Olivetti, occupò il posto del padre alla guida dell’azienda eporediese dopo la fine della seconda guerra mondiale fino alla morte, avvenuta nel 1960. Egli riuscì a trasformare l’azienda di famiglia in una multinazionale di eccellenza tecnologica. Molto importante fu però anche il suo impegno sociale che, seguendo l’esempio paterno, si manifestò nello sviluppo di una politica di relazioni di lavoro all’avanguardia e nella valorizzazione del territorio del Canavese e della città di Ivrea.
L’Olivetti fu la prima azienda italiana a realizzare la settimana di quaranta ore; inoltre, fu istituito un valido sistema di casse assistenza per le cure mediche, il sostegno dei redditi, l’indennità di maternità e venne realizzato un vasto programma di edilizia residenziale per impiegati e operai, asili nido, biblioteche e circoli culturali.
Centrale nel pensiero dell’imprenditore fu l’opera di promozione della cultura, l’applicazione di moderni studi urbanistici e la valorizzazione dell’ambiente di lavoro e del territorio circostante; mentre dal punto di vista politico e sociale egli teorizzò un modello di sviluppo armonioso incentrato sul concetto di “Comunità”, da contrapporsi sia agli eccessi del capitalismo sia a quelli del comunismo. Intorno all’idea di comunità, intesa come un’unità omogenea territoriale, economica e culturale, Adrano Olivetti incentrò la sua esperienza politica che lo vide all’avanguardia negli studi e nelle proposte incentrate sul federalismo e sul decentramento amministrativo.

Nonostante alcune parti datate e un po’ retoriche, stupisce la modernità del pensiero e i chiari obiettivi di responsabilità sociale e territoriale che l’Autore addossa alla “fabbrica” e alla figura dell’imprenditore, siamo ad anni luce da un concetto di gestione parassitaria (stile Ilva o Eternit, per intendersi) improntata sul mancato rispetto del territorio, degli abitanti e delle maestranze, mentre emerge un intelligente modello basato sulla valorizzazione e integrazione delle risorse locali e del rapporto città-campagna.    

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