"Il
mondo che nasce – dieci scritti per la cultura, la politica, la società” di
Adriano Olivetti, a cura di Alberto Saibene, edizioni di Comunità, ISBN:
978-88-98220-02-1.
Si tratta
di una bella antologia che raccoglie alcuni degli scritti di Adriano Olivetti e
che riesce a restituire, almeno in parte, il pensiero poliedrico e innovatore dell’Autore.
Adriano, figlio dell’imprenditore Camillo fondatore dell’Olivetti, occupò il
posto del padre alla guida dell’azienda eporediese dopo la fine della seconda
guerra mondiale fino alla morte, avvenuta nel 1960. Egli riuscì a trasformare l’azienda
di famiglia in una multinazionale di eccellenza tecnologica. Molto importante
fu però anche il suo impegno sociale che, seguendo l’esempio paterno, si manifestò
nello sviluppo di una politica di relazioni di lavoro all’avanguardia e nella
valorizzazione del territorio del Canavese e della città di Ivrea.
L’Olivetti
fu la prima azienda italiana a realizzare la settimana di quaranta ore; inoltre,
fu istituito un valido sistema di casse assistenza per le cure mediche, il
sostegno dei redditi, l’indennità di maternità e venne realizzato un vasto
programma di edilizia residenziale per impiegati e operai, asili nido, biblioteche
e circoli culturali.
Centrale nel pensiero dell’imprenditore fu l’opera di
promozione della cultura, l’applicazione di moderni studi urbanistici e la
valorizzazione dell’ambiente di lavoro e del territorio circostante; mentre dal
punto di vista politico e sociale egli teorizzò un modello di sviluppo
armonioso incentrato sul concetto di “Comunità”, da contrapporsi sia agli
eccessi del capitalismo sia a quelli del comunismo. Intorno all’idea di
comunità, intesa come un’unità omogenea territoriale, economica e culturale, Adrano
Olivetti incentrò la sua esperienza politica che lo vide all’avanguardia negli
studi e nelle proposte incentrate sul federalismo e sul decentramento
amministrativo.
Nonostante
alcune parti datate e un po’ retoriche, stupisce la modernità del pensiero e i
chiari obiettivi di responsabilità sociale e territoriale che l’Autore addossa
alla “fabbrica” e alla figura dell’imprenditore, siamo ad anni luce da un
concetto di gestione parassitaria (stile Ilva o Eternit, per intendersi) improntata
sul mancato rispetto del territorio, degli abitanti e delle maestranze, mentre
emerge un intelligente modello basato sulla valorizzazione e integrazione delle
risorse locali e del rapporto città-campagna.
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