"Ai
Lavoratori”, di Adriano Olivetti, edizioni di Comunità, ISBN: 978-88-98220-00-7.
“Tu puoi fare qualunque cosa tranne
licenziare qualcuno per motivo dell’introduzione dei nuovi metodi perché la
disoccupazione involontaria è il male più terribile che affligge la classe
operaia”. Questa frase, rivolta dal padre Camillo al figlio durante uno dei
processi di ristrutturazione concernente la fabbrica di Ivrea, riassume in
tutta la sua forza la particolare visione imprenditoriale che li caratterizzò
entrambi, incentrata sul concetto di responsabilità dell’impresa nei confronti
della propria comunità di appartenenza.
In questo breve
testo sono ripresi due discorsi indirizzati da Adriano Olivetti alle maestranze:
il primo pronunciato in occasione dell’inaugurazione dello stabilimento
Olivetti di Pozzuoli nel 1955, il secondo tenutosi a Ivrea nel 1954 in
occasione della cerimonia di consegna delle spille d’oro, l’onorificenza che
veniva distribuita ai lavoratori in occasione dei venticinque anni di attività
presso l’azienda.
In ambedue le
occasioni, viene affermato che il ruolo della fabbrica non è unicamente quello
di creare lavoro e ricchezza ma trova la sua giustificazione nell’opera di
elevazione della vita materiale ma anche spirituale della collettività presso
la quale essa è collocata. Questa è la ragione per la quale la stessa struttura
architettonica del luogo di lavoro deve essere studiata per essere a misura d’uomo,
sicura, accogliente ma anche “bella”, esteticamente integrata ed elemento di
valorizzazione del paesaggio.
Tutto ciò,
unito a una filosofia che premia la permanenza a lungo termine nell’azienda,
favorisce la crescita per percorsi interni, sanziona la ricerca del mero
profitto o della sua “massimizzazione” come unico criterio di “governance” e condanna l’eccessiva sperequazione
fra la quota dei profitti che deve essere retrocessa al personale a titolo di “indennizzo”
rispetto a quanto spetti alla dirigenza (niente megastipendi e superbonus!) o
agli azionisti.
Stiamo parlando di pensieri elaborati a partire dagli anni quaranta del novecento e che non possono non stupire tanto essi appaiano moderni e attuali.
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