lunedì 29 ottobre 2012

H 312 – L’handicap del sistema Italia: Sintesi di uno studio de La Stampa in collaborazione con la fondazione David Hume relativo alla produttività delle imprese italiane.

Oggi su La Stampa è stata pubblicata la sintesi di un’indagine che aveva come oggetto uno studio sulla produttività delle imprese italiane.


http://www.lastampa.it/2012/10/29/economia/l-handicap-dell-impresa-italia-YyANHjgzpqFIEyybfxjgcO/pagina.html

Tale studio è stato riassunto dall’esposizione dell’indice “H” (come “handicap”) che vorrebbe provare a misurare quanto sarebbe l’utile netto di un’impresa italiana se, conservando lo stesso tipo di organizzazione, al posto di operare sul territorio nazionale, essa fosse dislocata in un altro paese europeo. Andando subito al risultato, supponendo un utile netto pari a “100” ottenuto in Italia, l’indice “H” inteso come valore medio varrebbe nel resto d’Europa “312”. Vale a dire che la stessa impresa all’estero guadagnerebbe circa il triplo. L’indagine evidenzia anche che, se si guarda a una minoranza di singoli paesi (Germania, Belgio, Svezia e Danimarca), la nostra impresa guadagnerebbe meno di “100” (rispettivamente: 89, 51, 39 e addirittura registrerebbe una perdita in Danimarca, -36), ma, al contrario, nel resto d’Europa i risultati sarebbero molto migliori, con un vantaggio che va, dai “110” se si operasse in Francia, che passa a “214” nel Regno Unito e a “295” in Spagna, per finire con gli stellari “703” dell’Estonia! Personalmente, però, rimango colpito dai punteggi di: Slovenia (390), Polonia (595), Repubblica Ceca (609), Slovacchia (618) che non a caso sono state terreno di accoglienza nel recente passato di massicce delocalizzazioni d’imprese italiane. Manca purtroppo una comparazione con la Romania, per la quale mi aspetterei, anche in questo caso, di vedere apparire i numeri più alti della forchetta.

L’aspetto assolutamente interessante che emerge dall’indagine riguarda il costo del lavoro che è chiaramente scagionato come principale responsabile delle relativamente cattive performance del “Bel Paese”. A questo proposito, quindi, sarebbe utile cercare di capire il perché se ne parla tanto, posto che, se da una parte viene riconosciuto un problema riguardante il “cuneo fiscale” (delta fra il costo del lavoro e la retribuzione netta), dall’altra é anche detto chiaramente che le retribuzioni sono comunque oggettivamente più basse di quanto potrebbero essere in riferimento al resto dell’Europa. L’Italia, comunque, dal punto di vista delle retribuzioni nette si colloca esattamente all’interno della media, mentre pesa semmai il costo di tutti gli altri beni e servizi diversi dal lavoro che interessano la produzione. In questo caso, solo operando in Danimarca un’azienda italiana sarebbe danneggiata peggiorando i costi del 4,8%, nel resto d’Europa invece si otterrebbero benefici consistenti, ad esempio, operando in Francia o Germania si conseguirebbe una riduzione dei costi intorno al 7,5%.

Dai dettagli dello studio (apparso in otto puntate sul quotidiano) emergono invece i veri fattori che zavorrano le imprese italiane. L’analisi ne pone in evidenza alcuni che sono i “soliti noti”: Alto costo dell’energia e pessima qualità delle infrastrutture, inefficienza del sistema del credito sia sul lato dell’erogazione sia riguardo ai tempi d’incasso (e che tra l’altro vede primeggiare proprio la pubblica amministrazione fra i debitori meno virtuosi!), l’alto livello di tassazione che grava sulle imprese, le inefficienze burocratiche e i relativi extra-costi, il cuneo fiscale delle retribuzioni.

Se ne trae quindi un quadro a tinte fosche, ma che, a ben vedere, può anche essere visto come un’opportunità e indurre a un cauto ottimismo, perché traccia una possibile scaletta di interventi che potrebbero essere posti in essere dimostrando dove e come sia possibile ottenere significativi aumenti di produttività a seguito di scelte percorribili. Molto dipende dall’attuazione di scelte politiche ed è comunque consolante sapere che l’opera di razionalizzazione rientra nelle possibilità di una leadership realmente intenzionata a percorrere un sentiero di riforme che diano efficienza al nostro sistema paese allontanando lo spettro del declino.

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