domenica 28 ottobre 2012

Recensione: A Morte il Tiranno – Anarchia e violenza da Crispi a Mussolini

“A Morte il Tiranno – Anarchia e violenza da Crispi a Mussolini”, di Erika Diemoz, edizioni Einaudi, ISBN: 978-88-06-20691-8.

Fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del novecento, gli anarchici italiani furono considerati fra le più pericolose minacce terroristiche del momento. Attivi nella propaganda a difesa degli oppressi, presunti mandanti ed esecutori di attentati efferati che colpirono direttamente teste coronate e personaggi politici di spicco, essi impressionarono, affascinarono e terrorizzarono l’opinione pubblica con le loro gesta spregiudicate degne dei più fanatici degli accoliti, finendo per circonfondere la comunità anarchica internazionale di una profonda aura di mistero. Per decenni le polizie di mezza Europa tentarono di dipanare le “trame” anarchiche e andarono alla caccia della “Cupola” di quest’organizzazione che si voleva potente e impenetrabile come i vertici di una setta misterica. Le indagini, infine, non riuscirono a scoprire nulla di sostanziale, anche perché, effettivamente, non esistevano né vertice né struttura segreta. Esisteva invece un’inquieta, dinamica, variopinta e solidale collettività anarchica internazionale in mezzo alla quale, insieme a molto individualismo, ricorrevano alcuni carismatici esponenti di spicco. Attraverso questa comunità le idee libertarie circolavano le iniziative si moltiplicavano e i singoli “fatti” (così erano chiamati gli atti di protesta e gli attentati) venivano esaltati, perpetrati e spesso imitati.

L’Autore attraverso una mole notevole di documenti tratti dagli archivi della polizia, dagli atti processuali, da articoli di giornale e dalla corrispondenza privata, ci guida attraverso questo mondo illustrando efficacemente il clima socio-economico dell’epoca e raccontando la vita degli attentatori, spesso singoli disperati, e degli altri protagonisti, sia di parte anarchica sia di parte istituzionale.
Ho trovato personalmente interessante costatare in alcuni processi contro gli attentatori anarchici, il ruolo riservato alla scienza, allora incentrata sulle teorie lombrosiane, e mi ha colpito la sagacia di non pochi politici e studiosi all’epoca contemporanesi dei fatti che, correttamente, facevano risalire la violenza anarchica alle difficili condizioni di vita dei ceti popolari che caratterizzavano la penisola italiana e la congiuntura europea del periodo.

Per me, quindi, il libro è risultato curioso e interessante e, curiosamente, trovo che finisca per dimostrare, a onta dei mezzi a disposizione dei protagonisti e nel bene come nel male, la grande potenza, dedizione e spirito di rivalsa che sa ispirare l’ideale della libertà.

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