domenica 21 ottobre 2012

Uomini con il coltello in tasca

Sono sempre più colpito dalla lettura di molti fatti di cronaca. Il copione sembra sempre lo stesso anche se cambiano leggermente i contesti; un insulto, una manovra sbagliata, un urto accidentale, un’occhiata troppo intensa, un rifiuto, un amore respinto ed ecco che salta fuori una lama e finisce a coltellate, spesso non una, decine. Poi la solita lagna:”ho perso la testa!”. Questo è appena successo a un ragazzo che ha ferito gravemente la sua giovane ex fidanzata e ucciso la sorella che cercava di difenderla. Io mi chiedo però: ”Ma come? Come puoi dire di aver perso la testa? Non può succedere così!”. Certo può accadere che un litigio finisca in tragedia, in fondo, riconosco questa possibilità, sono, infatti, imprevedibili i frutti dell’ira. Semmai sono allibito riguardo al fatto che ci si accanisca su un soggetto fragile, un anziano oppure, appunto, una donna, ma a parte ciò, si sa che l’insidia si nasconde dietro una spinta avventata che provoca una brutta caduta, l’urto accidentale di uno spigolo, uno schiaffo istintivo, un pugno violento che sfonda il torace o il setto nasale … persino un’arma impropria raccolta per strada o nella cucina di casa, anche quello ci può stare, quella è fatalità! Seppur magari scatenata anch’essa da un eccesso malato, quello è “perdere la testa”, andare oltre a quanto ci si era proposti di fare.
Invece una coltellata no! Li c’è un’arma di mezzo e, dietro la scelta di girare armati c’è un intero sistema di pensieri, un universo sbagliato e un abisso di debolezza che non può essere scusato così facilmente. Nel momento in cui uno si mette in tasca un’arma, si accompagna al gesto il proposito di usarla. La testa quindi la si perde lì, nel momento in cui si sceglie di vivere da vili.



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