martedì 2 ottobre 2012

Recensione: Delitto e Castigo

“Delitto e Castigo”, titolo originale: “Prestuplénie i nakazànie”, di Fëdor M. Dostoevski, traduzione di Cesare G. De Michelis, edizioni La Biblioteca di Repubblica, ISBN: 88-89145-03-X.

 Per quanto mi riguarda il libro, ha pienamente confermato la sua fama di capolavoro. Certo, sono passati circa cento cinquant’anni dalla sua pubblicazione (uscì nel 1866) e, a parer mio, il romanzo accusa un po’ l’età per quanto concerne lo stile della narrazione e i dialoghi che, oggigiorno, appaiono un po’ irrealistici e troppo teatrali. Per certi versi poi, almeno per buona parte del romanzo, la trama sembra procedere lentamente, appesantita da una fitta presenza di dialoghi, spesso introspettivi, e inframmezzata di personaggi che, a prima vista, ma erroneamente, appaiono superflui. Eppure, a poco a poco, la storia conquista e cattura la piena attenzione del lettore in un crescendo di pathos veramente drammatico e innegabilmente appassionante che, almeno per ciò che mi riguarda, … inaspettatamente non arriva al finale che immaginavo!

 - Ma come? Ho pensato, eppure la trama è nota a tutti nei suoi termini generici! … L'operato di Dostoevskij e, in particolare, questo libro sono stati analizzati, spiegati, rigirati da legioni di studiosi e intellettuali, eppure, in modo inatteso, e forse è proprio questa caratteristica che fa di questo romanzo un capolavoro di successo anche ai nostri giorni, la narrazione lascia ancora al lettore la possibilità di dare un suo giudizio personale sulla vicenda. Nelle pieghe della trama la percezione delle diverse ragioni, delle motivazioni, delle cause e degli effetti sono in qualche modo variabili e, come in una buona ricetta, questi elementi possono, entro certi limiti, essere calibrati e mescolati in modo personale, traendone così un caleidoscopio d’insegnamenti diversi e adattabili. Qui, forse, sta Il bello di questa storia che, seppur incorniciata in un contesto definito, ognuno può leggere a suo modo cogliendone gli aspetti che più hanno colpito la propria fantasia. Ma torniamo alla vicenda …

 Siamo a Pietroburgo, dove un giovane, ex studente squattrinato, Rodion Romanovič Raskolnikov, pianifica e compie un omicidio a scopo di rapina uccidendo una vecchia usuraia. Il delitto, accuratamente meditato e preparato, nella pratica si volge in un disastro. L’assassino è costretto a sopprimere una vittima innocente, Lizaveta Ivanovna, mite sorella dell’usuraia e la rapina, sostanzialmente, fallisce a causa del panico e della fretta che s’impossessano dello sprovveduto artefice che, perduto completamente il suo sangue freddo, riesce a stento a dileguarsi con un bottino inconsistente. Segue per lo studente un profondo periodo di angoscia, rimorso e paranoia che finisce per gettare il protagonista in un completo stato di prostrazione fisica e psicologica. Lentamente egli giunge alla consapevolezza della sua incapacità di gestire le conseguenze del suo gesto, della sua impossibilità di “andare oltre”, del completo collasso della sua sicumera e della propria personale e amorale versione del “Superuomo”. Perseguitato dai sospetti reali o immaginari che cominciano a insinuarsi in chi conduce le indagini e nei suoi stessi amici e famigliari e che, egli stesso contribuisce ad alimentare con la sua goffaggine e con una completa assenza di autocontrollo, egli finisce per trovare esempio e consolazione nella persona di Sof'ja Semënovna Marmeladova, giovane figlia di un ubriacone conosciuto per caso, costretta alla prostituzione per necessità, eppure straordinariamente buona e virtuosa, grazie anche alla sua profonda fede religiosa. A lei Raskolnikov confessa la sua la colpa, ed essa contribuisce a convincerlo a costituirsi, finendo poi per seguirlo nel suo esilio in Siberia dove continuerà ad accudirlo durante la detenzione venendo infine (ma proprio alla fine!) ricambiata da Raskolnikov per il suo amore e dedizione disinteressati.

 Quest’opera e dunque un contenitore pieno di elementi sui quali riflettere, a cominciare dal titolo che in realtà sarebbe “Il Delitto e la Pena” (pare che il titolo in Italiano derivi da una non corretta traduzione del testo dal francese!) e che riecheggia volutamente l’opera di Cesare Beccaria “Dei Diritti e delle Pene”, pietra miliare nel campo della cultura giuridica. Sullo sfondo, però, sono proposti esplicitamente o appena accennati moltissimi altri temi complessi. In primo luogo emerge quello religioso, posto non solo in antitesi alla visione nichilista del “Superuomo”, nuovo demiurgo fortificato dalla “morte di Dio”, artefice del proprio destino e della propria morale (e qui dimostratosi terribilmente fallace!); ma che si sviluppa anche affrontando altri argomenti come quello della fede nella Provvidenza e nella Giustizia divina, della salvezza (o redenzione) ottenuta tramite il sacrificio, della carità. Appaiono poi sullo sfondo le idee socialiste: la comune come luogo antitetico al capitalismo, l’ideale di una società più giusta basata su un maggior livello di cultura, le contrapposizioni fra lo spirito libertario e l’ordine sociale, la sua influenza sull’idea tradizionale di famiglia, il tutto condito dalle umane pulsioni, la gelosia, l’adulterio collegati al tema della libertà sessuale e di scelta della donna. Insomma! Una vera cornucopia dalla quale è facile trarre spunti e ispirazioni.

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