giovedì 1 dicembre 2011

Asta titoli di Stato: Riflessioni sul rifinanziamento del debito pubblico

Secondo le stime che si leggono sui quotidiani, nel corso del 2012 andrà in scadenza una percentuale vicino al 25% del debito pubblico italiano (circa 400 miliardi di euro), tale importo andrà ovviamente rifinanziato in qualche modo e, secondo le prassi attualmente in vigore, bisognerà farlo ai tassi di interesse richiesti dal mercato. L’ultima asta di titoli di Stato avvenuta lunedì 28 novembre è stata un grandissimo successo ed ha visto il collocamento di 7,5 miliardi di titolo ad un tasso del 7,56% per i BTP aventi scadenza nel 2020, con circa 400 punti di spread rispetto ai paragonabili Bund tedeschi. C’è da rallegrarsi? Non troppo secondo me! Certo, la buona notizia è che gli investitori si sono presentati numerosi all’appello, segno che in fondo, la situazione italiana non è considerata irrimediabilmente irrecuperabile; pensando però ad un ottica più a largo respiro bisognerebbe chiedersi quali saranno le conseguenze sul bilancio statale qualora saremo costretti, come sembra prefigurarsi, a finanziare una consistente fetta del debito a questi tassi o a livelli ancora più alti. Di fronte a vincoli futuri sempre più stringenti riguardo al pareggio di bilancio, ciò non può che tradursi in misure che probabilmente prevedranno un mix di ulteriori imposizioni fiscali, consistenti riduzioni del welfare e alienazioni patrimoni. Unico aspetto positivo in questo scenario è la, questa volta fattibile opera di razionalizzazione dei costi e degli sprechi che può essere attuata dal nuovo governo in carica, il quale, per una volta e quantomeno sulla carta, si presenta finalmente composto da personaggi credibili e competenti. Tornando al problema dell’alto costo del finanziamento del debito mi chiedo però se, oltre al ricorso al mercato, non si potrebbero mettere in atto delle procedure straordinarie per attenuarne sostanzialmente il costo della provvista. Questo anche e proprio allo scopo di raffreddare con qualche messaggio autorevole anche le pretese dello stesso mercato, che deve essere reso conscio del fatto o anche della mera possibilità che, di fronte a regole troppe rigide o a carichi inaccettabili, uno Stato sovrano possa avere il diritto di modificare o di sospendere tali regole. Penso a misure drastiche come potrebbe essere ad esempio l’assoggettamento di soggetti pubblici e privati a prestiti forzosi, la conversione obbligatoria dei fondi recuperati dall’evasione fiscale o l’imposizione a banche, assicurazioni e fondi previdenziali di certi obblighi e vincoli riguardo alla composizione dei loro attivi imponendo l’accoglimento di un certo quantitativo di obbligazioni a tassi sostanzialmente inferiori a quelli richiesti dal mercato. La misura sarebbe certamente di tipo autoritario e senza dubbio contraria alle regole liberiste, ma trasmetterebbe anche un messaggio chiarissimo, che sicuramente non passerebbe inosservato.

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