giovedì 8 dicembre 2011

Decreto Salva Italia n°1: Riforma del sistema pensionistico

Riguardo alla riforma delle pensioni, io sono sostanzialmente d’accordo con quanto previsto dal decreto. Certo non è una bella notizia, il sapere che si andrà in pensione più tardi, ma dall’altra parte, per me valgono di più altre considerazioni. Continuo a vedere con scetticismo il mio stesso futuro come pensionato, in base alle nuove tabelle dovrei andare in pensione fra il 2032 e il 2033, per quella data possono succedere moltissime cose e passare innumerevoli altri provvedimenti. Semmai, quello che mi preoccupa veramente è quello che mi potrebbe succedere qualora, magari in età un po’ più matura, perdessi il lavoro e fossi ancora lontano dall’età pensionabile. Questo mi sembra un rischio reale cui vanno incontro le persone a partire da un’età di circa cinquant’anni. La domanda quindi non è tanto quando andrò in pensione, quanto se riuscirò a mantenermi un posto di lavoro fino al conseguimento del diritto a fruirla.
Lasciando perdere l’età di pensionamento che comunque mi appare come un traguardo chimerico e tornando al decreto, segnalo, fra i fatti positivi il passaggio immediato al sistema contributivo per tutti.
Venendo invece ai difetti e alle mancanze, penso che il sistema di rivalutazione dovrebbe continuare a persistere anche per le pensioni superiori ai mille euro. In effetti, mi sembra ragionevole quanto proposto dalla Commissione lavoro di Montecitorio che richiede di mantenere l’indicizzazione fino ai 1400 euro. Per quanto riguarda la copertura di tale provvedimento bisognerebbe, come per altro si parla, rifarsi sulle pensioni di maggiore entità. Rispetto a questo punto comunque sarei stato più severo, infatti, non sono completamente favorevole alla tesi dell’intangibilità dei cosiddetti “privilegi acquisiti”, soprattutto quando questi siano stati ottenuti attraverso un sistema ormai riconosciuto come iniquo e che per giunta, per stare in piedi necessita dell’apporto dei miei contributi presenti. Bisognerebbe avere dunque il coraggio di tagliare da subito le cosiddette “pensioni d’oro” e fissare un tetto massimo ragionevole per l’assegno delle pensioni. A questi tagli andrebbero aggiunti, quantomeno a titolo di esempio, interventi più sostanziali per ridurre i privilegi previdenziali dei politici.

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