venerdì 26 agosto 2011

Crisi economica e proposte di soluzione: Privatizzazioni e alienazioni patrimoniali.

Uno degli strumenti che spesso viene proposto per “far cassa” e pertanto contribuire a ridurre debito e disavanzo pubblico è quella di dismettere e dunque privatizzare asset patrimoniali di proprietà dello Stato, di Enti pubblici, o del demanio. Spesso quindi si parla di mettere in vendita società sottoposte a controllo pubblico, immobili e persino parti del territorio (ad esempio le isole). E’ chiaro che di fronte all’emergenza, anche vendere i “gioielli di famiglia” può essere una soluzione, normalmente però, si tratta di quel genere di sacrifici che si dovrebbero fare mal volentieri e solo nel momento in cui si siano esaurite altre possibilità. Strano poi che mediamente si tenti di far passare queste operazioni come virtuose in sé, anche al solo scopo di ridurre la presenza pubblica nell’economia. Un’inclinazione di questo senso, a mio avviso, va semplicemente contro ogni comune indicazione del buon senso; da quando, infatti, svendere il proprio patrimonio è considerata come una scelta auspicabile? Noto che tale modo di pensare persiste perché sembra ancora piuttosto diffuso il dogma che presuppone a priori che la gestione di aziende e patrimoni da parte dei privati sia sempre ed in ogni caso più efficiente e comunque auspicabile rispetto a quello pubblico. Non dico che questo, in alcuni casi non sia vero, sostengo però che tali affermazioni nella pratica non risultano sempre valide e nego che comunque il vantaggio sia sempre chiaramente dimostrabile. Anzi, sarebbe auspicabile che queste affermazioni fossero attentamente verificate ex-post in conformità a dati oggettivi e magari non limitandosi alle sole considerazioni economiche. L’implementazione di controlli efficaci e la ricerca dell’efficienza sono, infatti, più legate alla volontà piuttosto che alla natura del soggetto controllante, a dimostrazione di ciò, ed è una cosa nota a tutti, si può facilmente verificare che, fra le maggiori società quotate presso la borsa valori vi siano non poche realtà a controllo pubblico e che molte delle quali non sfigurano per niente in termini di risultati economici e patrimoniali conseguiti. Ovviamente non è dato sapere se queste aziende avrebbero prodotto risultati ancora migliori sotto controllo privato, ma intanto è certo che il loro costante e cospicuo flusso di dividendi giova non poco al Tesoro, alla Cassa Deposito e Prestiti e ai Comuni che le controllano, ed è nel contempo altamente probabile che ci siano file di potenziali acquirenti pronti a mettere le mani a prezzi scontati su tali galline dalle uova d’oro. Nel frattempo, tanto per fare un esempio di opposta natura, non risulta che ci sia la fila per strada per assumere il controllo di realtà dissestate come la Tirrenia, dove invece il privato avrebbe ampie possibilità di mostrare tutto il suo superiore virtuosismo in fatto di management. Per dirla in chiare parole quindi, le privatizzazioni finiscono spesso per configurarsi come una semplice distrazione di ricchezza pubblica a vantaggio di soggetti privati, che grazie alle proprie entrature, derubano la collettività. Esse sono pertanto da evitare in tutti quei casi in cui non appaiono come la soluzione più razionale per valorizzare, salvare e risanare quegli elementi patrimoniali che sennò andrebbero definitivamente perduti.
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