“Esodo – storia del nuovo millennio”, di Domenico Quirico,
edizioni Neri Pozza, ISBN 978-88-545-1163-7.
Quirico sceglie di descrivere il fenomeno migratorio attraverso
una serie di brevi istantanee scattate in alcuni fra i punti di snodo che meglio
lo rappresentano: i porti di partenza dei migranti sulle coste turche e
tunisine, i colli di bottiglia davanti ai “muri” di Melilla e delle frontiere
balcaniche, i campi d’accoglienza italiani o francesi, i luoghi di partenza, dispersi
nel mezzo del Sahel, fin oltre la fascia equatoriale dell’Africa, nel mezzo del
Medio Oriente dilaniato dalle guerre civili e prostrato dalla povertà.
Attraverso la descrizione, le interviste, le esperienze dei
migranti, delle loro famiglie e delle comunità che li hanno finanziati e che,
spesso, ne hanno appresa la morte e/o il fallimento, il fenomeno viene
efficacemente umanizzato; ricondotto ad esperienze, emozioni, ragioni e
spiegazioni che riguardano singoli individui, ognuno con la propria storia, e
non a una folla inquieta o, peggio ancora, ad un’orda pericolosa.
Quirico è commuovente, come lo sono i casi e le persone che egli
descrive, ma la componente emozionale, però, è anche il punto debole dell’opera, perché la
colloca entro i due estremi entro i quali è sempre affrontato il problema. Da una
parte c’è chi paventa la fiumana, che guarda ai numeri, che vede solo la “foresta”,
semina odio e paura e vorrebbe interventi drastici per arginare il flusso migratorio;
dall’altra ci sono i buonisti, quelli, che, enfatizzando l’aspetto umano, che
tracciano paralleli con la nostra storia, invitano candidamente all’accoglienza
e all’altruismo (o almeno, a ridurre l’egoismo) vedendo in ogni uomo un singolo
“albero”. Essi, in fondo come gli altri, non forniscono argomentazioni convincenti
per affrontare un fenomeno che semplicemente non può essere solamente arginato,
ma gestito e incanalato attraverso strategie di breve e di lungo periodo, con
interventi presso i luoghi di arrivo, ma anche di partenza, con umanità, ma
anche attraverso politiche interne e relazioni esterne che necessitano di
chiarezza, senso di giustizia, ma anche di determinazione.
Forse dopo Brexit, l'Europa potrebbe proprio ripartire da qui,
attraverso la formulazione di una visione veramente unitaria per affrontare
uniti questo fenomeno.
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