martedì 7 giugno 2016

Comunali 2016: Torino, un'analisi personale


Sul tema delle elezioni amministrative, mentre si parla molto dell’exploit del M5s, mi sembra che si stia dando poca enfasi al fenomeno dell’astensione. A Torino, le percentuali di votanti è scesa sotto il 60% (57,17%) rispetto al già non lusinghiero 66,53% della precedente tornata. Di fatto, quindi, l’insieme degli eletti rappresenterà poco più del 50% dei cittadini e il sindaco che verrà, anche facendo riferimento al più votato (e al di là del risultato del ballottaggio), otterrà il suo incarico sulla base di una rappresentanza che non arriva al 25% dei potenziali elettori del primo turno (quello che conta!). Se questa è democrazia! Certo, il fenomeno dell’astensionismo è in crescita un po’ ovunque, ma nessuno sembra realmente interessato a cercare di arginare il fenomeno, tanto c’è la comoda scusa del qualunquismo.

Tra l’altro, secondo la mia opinione, il successo del Movimento è frutto esattamente di due fenomeni convergenti: da una parte, l’opposizione, volente o nolente si sta catalizzando intorno all’unico soggetto politico che comincia a far prospettare reali possibilità di successo (e forse di cambiamento), dall’altra, l’astensionismo erode i voti dei partiti tradizionali molto di più di quanto anche il PD, per sua parte, sia disposto ad ammettere. In altre parole, non sono solo i candidati di destra allo sbando che disertano le urne, ma anche la fascia meno conservatrice della compagine di centro-sinistra.

Attenzione, non sto parlando di nostalgici dell’estrema sinistra, ideologia ormai chiaramente relegata al ruolo di reperto archeologico, ma di potenziali sostenitori DEM alla “Sanders” (ormai anch’egli sull’orlo della squalifica!) che, ben lontani da spinte utopiche e/o rivoluzionarie, invocano un cambio di paradigma, un ritorno a forme di riformismo sostenibile ma magari non necessariamente conformi ai dogmi e ai “paletti” imposti dall’establishment sia di “destra” che di “sinistra”, ormai, per altro, poco distinguibili fra loro.

Io penso che a Torino non sia un caso che oggi l’M5s sia divenuto il primo partito, conquistando una tradizionale cittadella della sinistra. Senza voler togliere nulla alla figura di Piero Fassino, egli mi sembra distante, anche solo per “raggiunti limiti d’età” dall’archetipo dell’eroe cittadino con la miccia in mano capace di fermare da solo l’invasore. E qui viene il punto! Il PD, da vero partito conservatore, ha puntato nuovamente sull’”uomo in grigio”, forse affidabile, ma sicuramente un po’ opaco. Forse il PD avrebbe dovuto trovare un’alternativa più giovane, dinamica e vivace da contrapporre alla “frizzante” ma anche rassicurante figura di Chiara Appendino, ma questo sembra esattamente il problema dei partiti tradizionali: mancanza di talenti, di iniziative di carisma e, mi sembra pure, di idee.

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