Sul tema delle elezioni
amministrative, mentre si parla molto dell’exploit del M5s, mi sembra che si
stia dando poca enfasi al fenomeno dell’astensione. A Torino, le percentuali di
votanti è scesa sotto il 60% (57,17%) rispetto al già non lusinghiero 66,53%
della precedente tornata. Di fatto, quindi, l’insieme degli eletti
rappresenterà poco più del 50% dei cittadini e il sindaco che verrà, anche facendo
riferimento al più votato (e al di là del risultato del ballottaggio), otterrà
il suo incarico sulla base di una rappresentanza che non arriva al 25% dei
potenziali elettori del primo turno (quello che conta!). Se questa è
democrazia! Certo, il fenomeno dell’astensionismo è in crescita un po’ ovunque,
ma nessuno sembra realmente interessato a cercare di arginare il fenomeno,
tanto c’è la comoda scusa del qualunquismo.
Tra l’altro, secondo la mia
opinione, il successo del Movimento è frutto esattamente di due fenomeni
convergenti: da una parte, l’opposizione, volente o nolente si sta catalizzando
intorno all’unico soggetto politico che comincia a far prospettare reali
possibilità di successo (e forse di cambiamento), dall’altra, l’astensionismo
erode i voti dei partiti tradizionali molto di più di quanto anche il PD, per
sua parte, sia disposto ad ammettere. In altre parole, non sono solo i
candidati di destra allo sbando che disertano le urne, ma anche la fascia meno
conservatrice della compagine di centro-sinistra.
Attenzione, non sto parlando di
nostalgici dell’estrema sinistra, ideologia ormai chiaramente relegata al ruolo
di reperto archeologico, ma di potenziali sostenitori DEM alla “Sanders” (ormai
anch’egli sull’orlo della squalifica!) che, ben lontani da spinte utopiche e/o
rivoluzionarie, invocano un cambio di paradigma, un ritorno a forme di riformismo
sostenibile ma magari non necessariamente conformi ai dogmi e ai “paletti” imposti
dall’establishment sia di “destra” che di “sinistra”, ormai, per altro, poco
distinguibili fra loro.
Io penso che a Torino non sia un
caso che oggi l’M5s sia divenuto il primo partito, conquistando una
tradizionale cittadella della sinistra. Senza voler togliere nulla alla figura
di Piero Fassino, egli mi sembra distante, anche solo per “raggiunti limiti d’età”
dall’archetipo dell’eroe cittadino con la miccia in mano capace di fermare da
solo l’invasore. E qui viene il punto! Il PD, da vero partito conservatore, ha
puntato nuovamente sull’”uomo in grigio”, forse affidabile, ma sicuramente un
po’ opaco. Forse il PD avrebbe dovuto trovare un’alternativa più giovane,
dinamica e vivace da contrapporre alla “frizzante” ma anche rassicurante figura
di Chiara Appendino, ma questo sembra esattamente il problema dei partiti
tradizionali: mancanza di talenti, di iniziative di carisma e, mi sembra pure,
di idee.
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