martedì 7 maggio 2013

Recensione: Keynes o Hayek – Lo scontro che ha definito l’economia moderna


“Keynes o Hayek – Lo scontro che ha definito l’economia moderna”, di Nicholas Wapshott, titolo originale: “Keynes Hayek, the Clash that Defined Modern Economics”, traduzione di Giancarlo Carlotti, Edizioni Feltrinelli, ISBN: 978-88-07-11122-8.  

John Maynard Keynes (1883 – 1946) e Friedrich von Hayek (1899 – 1992) sono due degli economisti che più hanno influenzato il pensiero economico moderno. Il primo, forse il più grande economista del XX secolo, è il padre riconosciuto della macroeconomia, la branca di studio che si occupa del funzionamento dell’economia nel suo complesso, a lui si deve la cosiddetta “rivoluzione keynesiana”, corrente di pensiero che sostiene la necessità dell’intervento pubblico in economia con l’obiettivo di mitigare gli effetti delle crisi e ricercare la piena occupazione. A lui si deve una pubblicazione di grande influenza, la “Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta” (The General Theory of Employment, Interest and Money) apparsa nel 1936 e che finì per rivoluzionare il pensiero economico.

Il secondo, strenuo difensore di un approccio microeconomico (la branca che studia i comportamenti dei singoli operatori economici) e ferocemente contrario a ogni intervento pubblico in economia, risulta meno conosciuto del primo nonostante il nobel conseguito nel 1974. Seppure di grande competenza e di riconosciute capacità, Hayek deve la sua fama soprattutto al fatto di aver condotto per tutta la propria vita professionale una strenua lotta contro il pensiero keynesiano. Deciso oppositore di ogni forma d’intervento statale in economia, nel 1944 Hayek scrisse la sua opera più nota e di maggiore influenza “La Via della Schiavitù” (The Road to Serfdom), che divenne un’icona dei conservatori (dai quali egli però ci teneva a distinguersi definendosi un liberale!) e dove sosteneva la pericolosità di tali interferenze che, secondo lui, avrebbero finito per favorire l’insorgenza del totalitarismo.

La lotta fra le due opposte ideologie si è sviluppata attraverso tutto il novecento e continua tutt’oggi. Il pensiero keynesiano visse il suo periodo di massimo splendore fino alla fine degli anni sessanta del novecento contribuendo a portare l’economia americana a un livello di prosperità che, con le dovute proporzioni, non fu più eguagliato. Le politiche keynesiane ispirarono anche il piano Marshall, attuato in Europa e Giappone con l’esplicito intendimento di favorire la ripresa economica e rafforzare le istituzioni democratiche favorendo, attraverso l’idea del “welfare state”, il benessere economico e sociale e, nello stesso tempo, fornendo un’alternativa ideologica in grado di contrapporsi al comunismo. Le politiche keynesiane finirono per essere messe in crisi dall’insorgenza della “stagflazione” (stagnazione in presenza di alti tassi d’inflazione) sviluppatasi a seguito della crisi economica susseguente all’innalzamento dei prezzi petroliferi (decisione presa dall’OPEC nel 1973 a seguito della politica americana filo israeliana) e dall’uscita dal sistema di cambi fissi fra le valute del Gold Standard. In realtà, però, furono soprattutto gli eccessi ideologici e gli abusi della classe politica, che cominciò presto a utilizzare le tecniche di manipolazioni dell’economia in funzione dei cicli elettorali, a svilirne la natura e ad avviare le teorie keynesiane a una profonda fase di revisione.

Gli anni ottanta del novecento, soprattutto attraverso le politiche messe in atto dal presidente americano Ronald Reagan e da Margaret Thatcher in Gran Bretagna, si vide un ritorno alle teorie liberiste ispirate a Hayek, del quale, la “lady di ferro” si dichiarava grande ammiratrice. Nonostante che egli rimanesse l’icona e il portavoce delle idee liberiste, queste vennero in parte contaminate dalle teorie macroeconomiche e furono notevolmente innovate grazie agli apporti della scuola “monetarista” della quale l’economista Milton Friedman fu il principale teorico ed esponente.

 Per tutti gli anni ottanta del novecento fino alla crisi del 2008 lo scontro ideologico continuò a svilupparsi attraverso la contrapposizione delle due principali scuole economiche: quella di “acqua dolce”, orientata al pensiero liberista e quella di “acqua salata” più propensa verso l’ideologia keynesiana, in realtà, però, nel corso del tempo le differenze fra le due opposte ideologie si sono notevolmente attenuate; nessuno oggigiorno mette più seriamente in dubbio il ruolo e l’importanza della macroeconomia e, di fatto, un qualche genere d’intervento pubblico nell’economia è dato per scontato. Semmai la contrapposizione si è spostata su temi più specifici, ad esempio riguardo alla modalità di attuazione di tale intervento, parlando quindi di diversi usi ruoli e pesi assegnati alla leva monetaria, alla spesa pubblica o alla leva fiscale, mentre il ruolo centrale della discussione continua a rimanere focalizzato sul ruolo e sull’ampiezza che deve avere l’intervento pubblico e del suo eventuale rapporto con la libera iniziativa privata. In aggiunta, in Europa, presa dai suoi problemi di omogeneizzazione delle diverse economie dei paesi aderenti all’euro, rimane invece centrale la riflessione riguardo all’eccessivo livello dei disavanzi statali e, ancora, si è alla ricerca di una soluzione che bilanci le esigenze di crescita con quelle del rigore.

 

 

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