"Europa
Tedesca – La nuova geografia del potere”, titolo originale: “ Das deutsche Europa. Neus Machtlandschaften im Zeichen
der Krise” di Ulrich Beck, traduzione di Michele Sampaolo, Edizioni Laterza,
ISBN: 978-88-581-0736-2.
L’Autore offre una descrizione di come e perché, a
seguito della crisi economica, la Germania abbia acquisito un ruolo sempre
maggiore come arbitro politico ed economico nell’ambito dell’Unione Europea.
L’indispensabile capacità tedesca di fungere da creditore per tutti quei paesi
europei che risultano gravati da un disavanzo pubblico rilevante, la volontà di
imporre una politica finanziaria paneuropea improntata al rigore e la necessità
di rassicurare l’opinione pubblica interna attraverso una politica comunitaria
basata, apparentemente, sulla salvaguardia degli equilibri di bilancio e sulla
lotta all’inflazione, hanno determinato un forte accentramento di potere in
favore della cancelleria tedesca, la quale, è riuscita a porre in atto una
politica vincente sia sul tavolo della politica europea che su quello della
politica interna forzando più di una volta la mano sia ai partner europei sia
al parlamento tedesco attraverso una politica che subordina l’erogazione di
crediti ai paesi a rischio alla realizzazione di pesanti tagli e
ristrutturazioni e, nel contempo, sventola in ambito nazionale lo spauracchio
del fallimento dell’euro. Questa formula di successo si basa su un’accorta dose
di “soft power” caratterizzato da una certa ambivalenza sia in politica estera
dove, verso i partner europei si cerca di combinare il rispetto formale di facciata
dell’indipendenza degli stessi con l’ingerenza sostanziale nelle loro politiche
di bilancio, sia sul fronte interno, dove
attraverso l’idea dell’applicazione agli stati UE della formula del rigore, si sponsorizza,
in teoria, la difesa degli interessi e dello stile di vita tedesco, ma in
realtà, spesso, in nome dell’emergenza, si impone ai tedeschi lo sforzo
finanziario di stabilizzazione dell’euro e di finanziare i crescenti disavanzi
di alcuni dei partner UE. Tale formula di pragmatismo politico, fino ad adesso
pagante, comincia a mostrare aspetti di squilibrio e, “de facto”, rischia di minare
alla base alcune caratteristiche dell’Unione che, fino ad ora, si è aggregata
attorno a ideali di libertà e uguaglianza e si è sorretta su basi associative
volontarie non gerarchiche. Crescono intanto le contraddizioni intorno al
modello attuale dell’Unione che, ormai, ha rivelato una serie di linee di
fascia fra “Nord” e “Sud”, oppure fra i paesi che aderiscono all’euro o che
mantengono ancora la moneta nazionale. Sembra dunque avvicinarsi il momento in
cui bisognerà scegliere più chiaramente se ripiegare verso istanze nazionali oppure
rilanciare quelle unitarie rivitalizzando il progetto d’integrazione politica. L’Autore
mette in guardia rispetto a un programma d’integrazione che parta dall’alto,
che sia sostanzialmente frutto solo di scelte istituzionali e che si occupi principalmente
solo di aspetti amministrativi, fisco, finanza ed economia. Egli, invece, intravvede
la possibilità di attuare un processo che parta dal basso, da promuovere,
soprattutto, attraverso le istituzioni politiche e democratiche. Esso dovrebbe fare
perno, ad esempio, sulla rete di scambi culturali intereuropei e coinvolgere in
primis le persone e, in particolare, le nuove generazioni; avendo l’obiettivo
di far acquisire una maggior coscienza della propria qualità di ”europei”,
sensibilizzando l’opinione pubblica rispetto al bagaglio di valori comuni che
caratterizzano la cultura “Europea”, seppur nel rispetto delle nostre diverse
tradizioni culturali. Ciò, con lo scopo di far emergere chiaramente nella
percezione degli europei la consapevolezza di quei vantaggi che, spesso, diamo
per scontati e che rischiamo inconsapevolmente di perdere nel caso fallisse il
progetto unitario.
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