I risultati delle recenti elezioni
amministrative, come un Giano bifronte, si prestano a una lettura in
chiaroscuro. A mio avviso, esse sono caratterizzate sostanzialmente da tre
aspetti: Il notevole il calo dei votanti che, per esempio a Roma si attestano
appena sopra al cinquanta percento; il sostanziale calo del Movimento 5 Stelle,
in molti comuni più che dimezzato rispetto al voto delle politiche; il recupero
dello schieramento del centrosinistra. Nessuno di questi aspetti sembra casuale,
tutt’altro. La progressiva crisi dell’adesione al voto è, secondo me, un chiaro
sintomo della crisi del modello democratico, da una parte adegua l’Italia alla situazione riscontrabile in molte delle democrazie “più mature” e, non per questo, meno malate, dall’altra,
anch’essa ne mostra ormai chiaramente i sintomi. Nessuno pensa più veramente
che votare serva, nessuno ritiene di poter contare veramente attraverso il
voto, mentre cresce la consapevolezza rispetto all’inadeguatezza del modello
rappresentativo. I nostri riti elettorali non servono né a supportare una vera
rappresentatività per quanto, magari, frammentata e caotica, né all’opposto,
sembrano riuscire a fungere come metodo per selezionare una classe politica che
rappresenti la parte migliore della società. All’opposto, sembra quasi che il
sistema attui una selezione in negativo che porta al vertice lobbisti,
portaborse e, più genericamente, sfaccendati o, in altre parole, tutti quelli
che, nella vita non hanno di meglio da fare. Anche le recenti scelte politiche,
per quanto responsabili e comprensibili, a partire dal governo Monti per
passare a quello delle larghe intese di Letta, non fanno che dimostrare che la
politica è solo una mascherata e, nel momento in cui non ci si può più
permettere lo spettacolo, subentra qualche potentato economico a svolgere il
ruolo di tutore, allora perché agitarsi? Perché perdersi un week end
soleggiato? Cominciano a pensare in molti.
Il crollo dei Grillini, insieme
al rafforzamento del centrosinistra, sembra, invece, indicare sentimenti più
fluidi, tipici di una società in fermento dove rassegnazione e speranza sono
ancora in lotta per prevalere. Il M5S ha suscitato prima entusiasmo e poi
cocente delusione, è sembrato a molti un contenitore trasversale, una via
nuova, basata sul consenso verificato attraverso il canale multimediale,
lontano dal verticismo dei partiti e, pertanto, per definizione, pulito.
Anch’esso però ha fallito, in parte per la sua improvvisazione, ma soprattutto
per la sua impostazione populista e, se vogliamo, improntata a un manicheismo
ottuso, quasi da setta religiosa. Soprattutto, è emerso il limite di una
struttura per nulla democratica e anzi, completamente accentrata sulle persone
di Grillo e Casaleggio. Appena chiamato a condividere i doveri della politica,
il Movimento ha chiaramente messo in luce le scarse capacità pratiche della
leadership che, nel passare dal “dire” al “fare” è apparsa totalmente
inadeguata, come, per altro, sono apparsi incapaci di agire e trovare soluzioni
autonome i parlamentari M5S eletti nelle recenti politiche. Essi, non solo si
sono dimostrati, a dir poco, inesperti e digiuni di ogni pratica e ritualità
politica (il che sarebbe stato anche scusabile agli occhi degli elettori), ma,
ignorando completamente la grave situazione di emergenza economica e sociale
del Paese, si sono messi di traverso osteggiando la realizzazione di ogni
proposta ragionevole. Infine, mostrandosi completamente succubi del loro
leader, hanno spaventato non poco l’opinione pubblica dilapidato all’istante,
il patrimonio di fiducia che il Movimento aveva accumulato fino a quel momento.
Specularmente, si spiega la resurrezione del centrosinistra; nonostante il
danno d’immagine provocato dal flop alle elezioni, dallo scandalo MPS e dalle
lotte fra le varie correnti, fra giovani “turchi” e, fin troppo vecchi “dinosauri”,
il centrosinistra sembra effettivamente l’unica componente “viva”
nell’orizzonte politico italiano, l’unico laboratorio che dia l’impressione non
solo di distruggere e disfare, ma anche di produrre qualche soluzione nuova. In
qualche modo, seppur faticosamente, laggiù il nuovo avanza. Rimane da vedere
dove andranno gli orfani di Grillo, se realizzeranno un’auspicabile riforma del
Movimento, oppure se contribuiranno a dare vita a qualche nuova creatura
politica della quale ci sarebbe estremamente bisogno. Tutto ciò, nell’attesa
che la destra, soprattutto quella moderata, si smarchi definitivamente dal
ricatto e dall’impresentabile onnipresenza del Cavaliere.
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