sabato 4 febbraio 2012

Recensione: I Dimenticati – Storia degli Americani che credettero in Stalin

“I Dimenticati – Storia degli Americani che credettero in Stalin”, titolo originale: ”The Forsaken”, di Tim Tzouliadis, editrice Longanesi, traduzione di Corrado Piazzetta, iSBN 978-88-304-2662-7.
Non siamo abituati a pensare che l’ex Unione Sovietica fosse, nei suoi primi decenni di vita, meta di un significativo flusso migratorio dall’estero. Furono quindi accolti, non solo i molti intellettuali simpatizzanti dell’ideale comunista, ma anche un non trascurabile numero di lavoratori, accompagnati dalle loro famiglie che credevano realmente nella capacità del nuovo sistema di offrire migliori possibilità di progresso economico e sociale rispetto a quanto fosse possibile nei rispettivi luoghi di origine. Anche dagli USA, durante la fase più acuta della Grande Depressione partirono molte migliaia di cittadini americani in cerca di fortuna; in parte lo fecero per motivi ideologici, ma i più lo fecero perché delusi dal fallimento del “sogno americano”, nella genuina speranza di sfuggire alla miseria e alla disoccupazione e attratti dalle lusinghe di un regime che prometteva lavoro, progresso sociale e prosperità. I destini di questi uomini e delle loro famiglie finirono per accomunarsi con quello degli altri cittadini sovietici che, a milioni, finirono stritolati dal “Terrore” staliniano.
L’Autore ricorda la storia e le incredibili e tragiche traversie di alcuni di loro in un libro che, personalmente, ho trovato bellissimo, spaventoso, coinvolgente e sconvolgente e che riesce a ricostruire efficacemente le immagini, le violenze fisiche e psicologiche, il contesto storico, i personaggi coinvolti, le enormi responsabilità e le complicità che permisero di portare a termine, avallare ed anche a passare sotto silenzio le purghe staliniane, uno dei peggiori eventi criminosi del ventesimo secolo, fino alla morte del dittatore Joseph Vissarionovich Dzhugashvili Stalin. Non si parla evidentemente dei soli protagonisti sovietici, ma anche di tutti quegli americani (e non solo) più o meno potenti che sapevano o sospettavano ma che si rifiutarono di intervenire persino in quei casi in cui le purghe coinvolsero i propri connazionali. La galleria del cinismo, dell’ignoranza ed anche solo della stupidità e della superficialità è lunghissima nonché davvero inquietante perché coinvolge non solo centinaia di figure più o meno di spicco fra i politici, gli addetti ai servizi di sicurezza, gli intellettuali, i giornalisti, i sindacalisti e gli artisti, ma arriva fino ai vertici del potere a partire dal presidente Franklin D. Roosevelt, dal suo successore Harry Truman, dal vice-presidente Henry Wallace, dal segretario del Tesoro in carica durante il New Deal Henry Morgenthau, includendo l’allora ambasciatore a Mosca Joseph Davies, insieme ad industriali del calibro di Henry Ford e icone del giornalismo come Walter Duranty. Fra i personaggi famosi pochissimi dei nomi citati ne escono con la testa alta o almeno con ampie attenuanti, fra questi, ho avuto il piacere di vedere citato lo scrittore John Steinbeck che, seppur inizialmente simpatizzante dell’esperimento comunista, ebbe il coraggio di ricredersi di fronte ai crimini dello stalinismo; anche Winston Churchill, in fondo riesce a non sfigurare, il vecchio, cinico, pragmatico, caustico politico inglese, di fronte a Stalin, e contrariamente a Roosevelt, mai si illuderà di aver di fronte di più che un miserabile, rozzo assassino.

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