domenica 12 febbraio 2012

Recensione: Elogio del Dubbio – Come avere convenzioni senza diventare fanatici

“Elogio del Dubbio – Come avere convenzioni senza diventare fanatici”, di Peter Berger e Anton Zijderveld, titolo originale: “In Praise of Doubt. How to Have Convinctions Without becoming a Fanatic”, editore Il Mulino, Traduzione di Giordano Vintaloro, iSBN 978-88-15-23311-0.
Com’è ricordato nell’introduzione, l’idea di questo libro è nata da un progetto dell’Istituto di cultura, religione e affari internazionali dell’Università di Boston, intitolato “Tra relativismo e fondamentalismo” e che aveva lo scopo di ricercare una posizione intermedia fra i due estremi tenendo soprattutto presente le tradizioni cristiane ed ebraiche. A detta degli stessi Autori, originariamente il progetto voleva tenere presente i soli aspetti religiosi insiti nella dicotomia relativismo/fondamentalismo, ma molto presto sono emerse le fortissime e inestricabili implicazioni di questi temi con la morale e con la politica. La sintesi del lavoro svolto ha portato all’ammissione che la fede religiosa può ammettere il dubbio, ma ciò non impedisce al soggetto di produrre dei giudizi morali, etici e politici permeati da un forte senso di “certezza”.
Attraverso uno stile divulgativo semplice e scorrevole gli Autori ci guidano attraverso una dissertazione che ha lo scopo di dimostrare le virtù del “Dubbio”, visto come strumento pratico e flessibile, mezzo di comprensione della realtà, motore di una personale crescita culturale e morale, utile accessorio al dialogo interculturale, indispensabile strumento di moderazione ed anche elemento fondante e di rafforzamento della democrazia liberale. Viene nel frattempo negato l’effetto necessariamente relativizzante della dinamica dell’incertezza. L'attitudine all’esercizio del dubbio implica capacità di analisi e d’immedesimazione, apertura mentale e moderazione, ma anche un’interiorizzazione e un consolidamento dei propri valori e della propria cultura e tradizione. Questo processo mentale non conduce né all’indecisione, né alla stasi e neppure al disordine sociale, al relativismo e neppure al cinismo; nello stesso tempo, costituisce invece un valido strumento per l’applicazione di quella che Weber definisce “Etica della responsabilità”, da contrapporre a quell’”Etica dei principi”, che tanto spesso può condurre a forme di fondamentalismo religioso, politico, ideologico e culturale.
Forse è inutile aggiungere a questo punto che il libro mi è piaciuto moltissimo, anche perché, lo ammetto, sembra rispecchiare in pieno quello che spero divenga sempre più il mio modo di pensare, e perché risulta in accordo con i miei obiettivi in termini di pensiero civile e sociale. A livello di curiosità personale, tra l’altro, ho trovato particolarmente sorprendente il fatto che gli Autori abbiano esplicitamente citato l’”Empatia”, forma d'interazione a me particolarmente cara, fra gli strumenti indispensabili al dialogo e al mutuo riconoscimento. Pertanto, ne raccomando caldamente la lettura e magari, per i più volenterosi, l’attiva diffusione nei confronti di parenti, amici conoscenti e, soprattutto, verso quegli antagonisti zelanti e zeloti di ogni credo che, è nostro interesse e, se vogliamo, nostro dovere ricondurre a maggior moderazione.

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