lunedì 27 febbraio 2012

IMU sugli immobili della Chiesa: Qualche osservazione

Questi sono alcuni degli articoli recenti apparsi su La Stampa domenica 26/02/2012:
"Le scuole cattoliche all'offensiva anti IMU"

http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/444046/

e
"Assurdo considerare attività commerciali i nidi parrocchiali"

http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage/news/dettaglio-articolo/articolo/scuola-italia-chiesa-13002/


La volontà del Governo di applicare l’IMU alle scuole parificate e comunque a tutti gli edifici religiosi o meno che non siano adibiti a svolgere attività di culto ha, come prevedibile, scatenato un putiferio in tutto il mondo politico e non solo di quello che, tradizionalmente, ha legami con la Chiesa. Anche buona parte della sinistra che orbita intorno al mondo delle cooperative e del “No profit”, forse con meno clamore, ma con una certa efficacia, si sta adoperando per impedire, eliminare, correggere e deviare ogni intendimento che vada in questo senso. Per quanto mi riguarda, mi sbilancio subito dicendo che lo spirito dell’iniziativa legislativa, a parer mio, va nella direzione giusta. Fra le motivazioni che rendono auspicabile tale riordino, cito le seguenti:
1) Innanzi tutto ricordo che, comunque, qualsiasi attività che non sia contraria alla legge, alla morale, agli usi e che non violi le norme d’igiene e sicurezza va considerata benefica poiché produttiva di reddito e ricchezza e pertanto assume anche una sua valenza “Sociale” chiaramente sancita dal nostro ordinamento. Non per questo comunque essa può sottrarsi alle normali regole di tassazione previste per quel genere di esercizio che la caratterizza. A rigor di logica, comunque, va considerata come economica (a prescindere dai più o meno alti meriti sociali) qualsiasi attività che implica la corresponsione, da parte degli utilizzatori di un pagamento, un contributo o dazione, oppure che costituisca una forma di rendita.
2) Vi sono, ovviamente, attività come: scuole, ospedali, oratori, mense, ricoveri, collegi universitari, ecc., per i quali, effettivamente, la valenza sociale è più chiaramente percepibile in quanto, in effetti, spesso suppliscono a delle mancanze di servizi da parte del settore pubblico. Anche in questo caso però, sarebbe difficile affermare che esse siano svolte ai soli fini sociali e senza alcuna volontà di lucro e non basta l’etichetta “No profit” o il “pareggio di bilancio” per escluderle dalla base imponibile. In conformità a tale ragionamento, infatti, anche le altre “normalissime” attività economiche che siano in pareggio o in peggio, in perdita, dovrebbero essere escluse dal pagamento dell’IMU, la quale per altro, è per sua natura una tassa sul patrimonio e non sui redditi. In pratica, l’attività sociale è lodevole, ma continua a configurarsi come scelta imprenditoriale e attività economica perché presuppone la richiesta di pagamenti agli utenti/fruitori in contropartita dei servizi forniti: Anche la forma cooperativa o mutualista e neppure una clausola di devoluzione degli utili ne cambiano la natura di attività imprenditoriale tassabile.
3) Vi è poi un fattore di chiarezza e omogeneità fiscale, l’IMU è un’imposta patrimoniale a carattere locale e pertanto, ha poco a che fare con le attività svolte da un certo edificio. In realtà, salvo casi particolari (come per gli edifici di culto) che dovrebbero essere considerate alla stregua di ristrettissime eccezioni, sono i veri e propri “Muri” in quanto tali che sono tassati e, se vogliamo, ciò avviene a prescindere dalle attività più o meno economiche o comunque lucrative che siano svolte al loro interno.
4) Vi sono poi da fare ulteriori considerazioni che riguardano, da una parte le norme di libera concorrenza e di equità e dall’altra normali regole di efficienza. Ad esempio, trovo abbastanza fuorviante il ragionamento che pretende di esentare alcuni immobili perché troppo vasti e inefficienti (affermazione di Maurizio Lupi _ La Stampa 26022012: “Assurdo considerare attività commerciale i nidi parrocchiali”); da quando in qua, infatti, l’inefficienza conclamata va premiata? La funzione di una tassa patrimoniale ben strutturata, infatti, non dovrebbe essere solamente quello di essere uno strumento vessatorio nei confronti del contribuente, ma dovrebbe invece servire proprio ai fini della razionalizzazione dei catasti e della proprietà immobiliare, spingendo i proprietari a riconvertire, oppure ad alienare il patrimonio inefficientemente allocato o improduttivo. La logica, per altro è quella che già si segue quando si distingue fra aliquote diverse per gli immobili in locazione e quelli “tenuti a disposizione” per i quali, di norma si applicano aliquote più alte.

Detto tutto ciò, però, bisognerebbe invece analizzare qualcuna delle ragioni della parte avversa all’imposizione dell’IMU sugli edifici addetti alla fornitura di servizi di pubblica utilità. Nel medesimo articolo citato al punto 4) si afferma che le scuole parificate non solo sopperiscano a un’esigenza del cittadino/utilizzatore del servizio, ma che in più lo facciano a costi sensibilmente inferiori rispetto a quanto lo fanno analoghe strutture pubbliche che siano a esse paragonabili. Tale dichiarazione, che sembra oggettivamente facilmente riscontrabile, trova tra l’altro conferma anche in altri ambiti come ad esempio a proposito delle strutture sanitarie convenzionate. A questo proposito quindi viene introdotto un tema interessante e che mette effettivamente in crisi i nostalgici di un modello che prevede l’erogazione di servizi essenziali come esclusiva prerogativa del “Pubblico”. Risulta, infatti, evidente come, in certi settori, l’iniziativa privata possa sopperire alla necessità di servizi dei cittadini a costi inferiori e qualità almeno paragonabile. Questo tema però, a mio avviso non è veramente correlato con l’attuale dibattito riguardo all’IMU, invece solleva una serie d’interrogativi diversi dai quali possono scaturire misure e forme d’incentivo che, pur non avendo nulla a che fare con le misure fiscali, potrebbero dar corso a dei processi d’incentivazione verso queste forme d’imprenditorialità privata. L’importante in sintesi è non mescolare i concetti, gli obiettivi e gli strumenti diversi, affrontando il problema con razionalità e non con spirito partigiano a difesa dei propri interessi privati e di bandiera.

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