“Congo”, titolo
originale: “Congo Een Geschiedenis”, di David Van Reybrouck, traduzione di
Franco Paris, edizioni Feltrinelli, ISBN: 978-88-07-49177-1.
Un libro semplicemente
bellissimo, che riassume la storia della Repubblica Democratica del Congo dai
rapporti con i primi esploratori, missionari e coloni portoghesi nel XV secolo per
arrivare fino ai giorni nostri.
Ci sono moltissimi
aspetti per i quali io penso che questo saggio sia veramente eccezionale e che
lo fanno primeggiare fra un genere di letteratura che, normalmente è già di per
sé, di buon livello e si caratterizza per la serietà e la precisione degli
autori. “Congo” è ben documentato e questo, è di per sé una specie di “minimo
sindacale” per opere di questo genere; è anche scritto molto bene, lo stile e
scorrevole e avvincente, in linea con la storia esotica, caotica e altalenante
di questo immenso crocevia di uomini, acque e natura selvaggia. Ma la cosa che
più mi ha colpito è che l’Autore è riuscito a fare della ricerca sul campo la
protagonista assoluta di questo racconto dove ogni capitolo si dispiega sempre dalle
interviste ai protagonisti, soggetti di tutte le età ed estrazione sociale. Il
protagonista di questo racconto è dunque l’uomo con i suoi ricordi e le sue
vicissitudini personali.
La storia comincia da Nkasi, un congolese nato nel
1882 (!!!) e che, ancora nel 2008, a più di 120 anni, ha la lucidità di
riportare in vita, attraverso i suoi ricordi, il Congo delle origini; quello
che rimane nel nostro immaginario attraverso i racconti di Stanley, che parla d’indigeni
seminudi, della tratta degli schiavi e della prima penetrazione all’interno del
bacino idrografico ad opera di missionari e trafficanti di avorio, degli
intrallazzi di re Leopoldo del Belgio volti ad appropriarsi di un territorio
immenso, grande quanto un continente.
Seguono gli anni dello Stato Libero del
Congo (1885-1908), proprietà personale del re, in quegli anni cominciano a
sorgere i primi centri abitati, embrioni delle attuali metropoli e vengono
costruite le prime infrastrutture, ad esempio la ferrovia che collegherà
Kinshasa (allora Léopoldville) alla costa. E’ anche il periodo dello
sfruttamento della popolazione finalizzato alla ricerca della gomma; rimarranno
tracce profonde di questa fase estremamente dispotica e violenta non solo nella
memoria storica e collettiva della popolazione, ma anche nella letteratura, ad
esempio attraverso un capolavoro come “Cuore di tenebra” di Josef Conrad.
Nel 1908 la casa
regnante del Belgio è costretta a cedere il controllo di questo immenso
territorio che, fino allora, aveva retto come una compagnia privata e forse
anche come una proprietà feudale. Si passa al dominio coloniale belga (Congo
Belga 1908-1960) che vede l’instaurarsi di un regime paternalistico apportatore
sì di sviluppo, ma anche di sfruttamento e che, soprattutto, istituzionalizzerà
forme di segregazione e distinzioni etniche del tutto artificiose creando così i
presupposti per le divisioni e i contrasti che ancora affliggono ai giorni
nostri questa nazione sterminata. Emergono fatti a me sconosciuti e storie
meravigliose, come quella di Simon Kimbangu (1889 -1951) che fondò il
Kimbanguismo, una forma di cristianesimo autoctono che oggi conta circa diciassette
milioni di fedeli (fonte wikipedia); oppure il racconto delle epiche quanto
sconosciute gesta della “Force pubblique” che, attraverso ben due guerre
mondiali combattute da vincitori (ben diversamente dal destino incontrato dalla
madrepatria!), catapulterà molti congolesi fuori dal Paese, sui campi di
battaglia europei e fino all’altro capo del Mondo, nel folto della giungla
birmana. Da questa scuola usciranno alcuni dei protagonisti della storia del
Paese a cominciare da quel Mobutu Sese Seko (1930 – 1997) che, a partire dal
1965 e fino al 1997 reggerà le sorti dello Stato congolese (lo Zaire).
Giunge infine l’agognata
indipendenza (30 giugno 1960), troppo presto per trasmettere senza traumi il
potere a un’elite locale che il colpevole paternalismo belga non è riuscito nel
frattempo a preparare adeguatamente.
Scoppia il caos, e il prevalere degli interessi personali e le interferenze
internazionali, tese ad appropriarsi delle immense ricchezze minerarie del
Paese, porteranno alla guerra civile e alla frammentazione dello Stato. Sono gli
anni della secessione del Katanga, promossa dalle mire personali di Moise
Tshombé (1919 – 1969) e appoggiata dalla potenza economica delle Union Minière.
Nel 1965 Mobutu Sese Seko prende il potere e, almeno inizialmente riporta
ordine e sviluppo imponendo al Paese un nuovo nome, “Zaire” (1965 – 1996) e un
nuovo programma culturale teso a plasmarlo e amalgamarlo. La dittatura finisce,
però, per degenerare in forme ineguagliate di corruzione, nepotismo e di
malgoverno. La caduta del muro di Berlino e la fine della Guerra Fredda
cambiano gli equilibri strategici mentre le conseguenze del genocidio ruandese
(1994) finiscono per mettere in crisi i precari equilibri etnici del grande ma ormai
fragile vicino. Scoppia la prima Guerra Congolese (1996 – 1997) che vede
coinvolti una galassia di milizie reclutate su base tribale, supportate attivamente
dall’ingerenza di Ruanda, Burundi, Uganda e Angola; il conflitto segna la fine
del presidente Mobutu e l’ascesa di Laurent-Désiré Kabila (1939 – 2001) che
presto finirà assassinato e lascerà il potere al figlio Joseph Kabila. Questo
non risolve i problemi, da li a poco esplode il secondo conflitto congolese (1998
– 2003) al quale seguirà il conflitto del Kivu, ufficialmente conclusosi fra il
2008 e il 2009 ma di fatto ancora in atto. Il numero di vittime di questi
conflitti fa delle guerre congolesi il terzo conflitto più sanguinoso dell’umanità
dopo le due Guerre Mondiali.
Ci vorrebbero pagine e
pagine per raccontare la storia di questo ricco e martoriato Paese e, infatti,
l’Autore né ha scritte ben 650; che scorrono rapide come quelle di un bel
romanzo e impetuose come le acque dell’omologo fiume.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.