lunedì 8 dicembre 2014

Recensione: Congo


“Congo”, titolo originale: “Congo Een Geschiedenis”, di David Van Reybrouck, traduzione di Franco Paris, edizioni Feltrinelli, ISBN: 978-88-07-49177-1.
Un libro semplicemente bellissimo, che riassume la storia della Repubblica Democratica del Congo dai rapporti con i primi esploratori, missionari e coloni portoghesi nel XV secolo per arrivare fino ai giorni nostri.
Ci sono moltissimi aspetti per i quali io penso che questo saggio sia veramente eccezionale e che lo fanno primeggiare fra un genere di letteratura che, normalmente è già di per sé, di buon livello e si caratterizza per la serietà e la precisione degli autori. “Congo” è ben documentato e questo, è di per sé una specie di “minimo sindacale” per opere di questo genere; è anche scritto molto bene, lo stile e scorrevole e avvincente, in linea con la storia esotica, caotica e altalenante di questo immenso crocevia di uomini, acque e natura selvaggia. Ma la cosa che più mi ha colpito è che l’Autore è riuscito a fare della ricerca sul campo la protagonista assoluta di questo racconto dove ogni capitolo si dispiega sempre dalle interviste ai protagonisti, soggetti di tutte le età ed estrazione sociale. Il protagonista di questo racconto è dunque l’uomo con i suoi ricordi e le sue vicissitudini personali.
La storia comincia da Nkasi, un congolese nato nel 1882 (!!!) e che, ancora nel 2008, a più di 120 anni, ha la lucidità di riportare in vita, attraverso i suoi ricordi, il Congo delle origini; quello che rimane nel nostro immaginario attraverso i racconti di Stanley, che parla d’indigeni seminudi, della tratta degli schiavi e della prima penetrazione all’interno del bacino idrografico ad opera di missionari e trafficanti di avorio, degli intrallazzi di re Leopoldo del Belgio volti ad appropriarsi di un territorio immenso, grande quanto un continente.
 Seguono gli anni dello Stato Libero del Congo (1885-1908), proprietà personale del re, in quegli anni cominciano a sorgere i primi centri abitati, embrioni delle attuali metropoli e vengono costruite le prime infrastrutture, ad esempio la ferrovia che collegherà Kinshasa (allora Léopoldville) alla costa. E’ anche il periodo dello sfruttamento della popolazione finalizzato alla ricerca della gomma; rimarranno tracce profonde di questa fase estremamente dispotica e violenta non solo nella memoria storica e collettiva della popolazione, ma anche nella letteratura, ad esempio attraverso un capolavoro come “Cuore di tenebra” di Josef Conrad.
Nel 1908 la casa regnante del Belgio è costretta a cedere il controllo di questo immenso territorio che, fino allora, aveva retto come una compagnia privata e forse anche come una proprietà feudale. Si passa al dominio coloniale belga (Congo Belga 1908-1960) che vede l’instaurarsi di un regime paternalistico apportatore sì di sviluppo, ma anche di sfruttamento e che, soprattutto, istituzionalizzerà forme di segregazione e distinzioni etniche del tutto artificiose creando così i presupposti per le divisioni e i contrasti che ancora affliggono ai giorni nostri questa nazione sterminata. Emergono fatti a me sconosciuti e storie meravigliose, come quella di Simon Kimbangu (1889 -1951) che fondò il Kimbanguismo, una forma di cristianesimo autoctono che oggi conta circa diciassette milioni di fedeli (fonte wikipedia); oppure il racconto delle epiche quanto sconosciute gesta della “Force pubblique” che, attraverso ben due guerre mondiali combattute da vincitori (ben diversamente dal destino incontrato dalla madrepatria!), catapulterà molti congolesi fuori dal Paese, sui campi di battaglia europei e fino all’altro capo del Mondo, nel folto della giungla birmana. Da questa scuola usciranno alcuni dei protagonisti della storia del Paese a cominciare da quel Mobutu Sese Seko (1930 – 1997) che, a partire dal 1965 e fino al 1997 reggerà le sorti dello Stato congolese (lo Zaire).
Giunge infine l’agognata indipendenza (30 giugno 1960), troppo presto per trasmettere senza traumi il potere a un’elite locale che il colpevole paternalismo belga non è riuscito nel frattempo a preparare adeguatamente.  Scoppia il caos, e il prevalere degli interessi personali e le interferenze internazionali, tese ad appropriarsi delle immense ricchezze minerarie del Paese, porteranno alla guerra civile e alla frammentazione dello Stato. Sono gli anni della secessione del Katanga, promossa dalle mire personali di Moise Tshombé (1919 – 1969) e appoggiata dalla potenza economica delle Union Minière.
Nel 1965 Mobutu Sese Seko prende il potere e, almeno inizialmente riporta ordine e sviluppo imponendo al Paese un nuovo nome, “Zaire” (1965 – 1996) e un nuovo programma culturale teso a plasmarlo e amalgamarlo. La dittatura finisce, però, per degenerare in forme ineguagliate di corruzione, nepotismo e di malgoverno. La caduta del muro di Berlino e la fine della Guerra Fredda cambiano gli equilibri strategici mentre le conseguenze del genocidio ruandese (1994) finiscono per mettere in crisi i precari equilibri etnici del grande ma ormai fragile vicino. Scoppia la prima Guerra Congolese (1996 – 1997) che vede coinvolti una galassia di milizie reclutate su base tribale, supportate attivamente dall’ingerenza di Ruanda, Burundi, Uganda e Angola; il conflitto segna la fine del presidente Mobutu e l’ascesa di Laurent-Désiré Kabila (1939 – 2001) che presto finirà assassinato e lascerà il potere al figlio Joseph Kabila. Questo non risolve i problemi, da li a poco esplode il secondo conflitto congolese (1998 – 2003) al quale seguirà il conflitto del Kivu, ufficialmente conclusosi fra il 2008 e il 2009 ma di fatto ancora in atto. Il numero di vittime di questi conflitti fa delle guerre congolesi il terzo conflitto più sanguinoso dell’umanità dopo le due Guerre Mondiali.
Ci vorrebbero pagine e pagine per raccontare la storia di questo ricco e martoriato Paese e, infatti, l’Autore né ha scritte ben 650; che scorrono rapide come quelle di un bel romanzo e impetuose come le acque dell’omologo fiume.

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