sabato 16 febbraio 2013

Recensione: Antonio Ingroia – Io So


“Antonio Ingroia – Io So”, di Antonio Ingroia, Giuseppe Lo Bianco, Sandra Rizza, edizioni Chiarelettere, ISBN: 978-88-6190-304-3.
Il libro si svolge in forma d’intervista fra gli Autori; il protagonista è Antonio Ingroia, in magistratura dal 1987, allievo e collaboratore di Paolo Borsellino, dal 1992, incaricato presso la Procura distrettuale di Palermo.
Ingroia ripercorre il “ventennio berlusconiano” cercando di ricostruire la tela dei rapporti fra istituzioni e la mafia. Egli illumina il delicato momento di passaggio fra la prima e la seconda Repubblica avvenuto nei primi anni novanta fra l’esplosione delle inchieste legate a Tangentopoli, gli attentati mafiosi e le stragi di Capaci e via D’Amelio, dove persero la vita i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Nel corso dell’intervista, viene dunque  fornita una lucida interpretazione delle ragioni che portarono la mafia a sfidare apertamente le istituzioni alla ricerca di un nuovo accordo e assetto in sostituzione di quello decaduto e, fisicamente seppellito, con l’omicidio di Salvo Lima. In questo contesto, l’Autore si sofferma a fornire delle valide spiegazioni riguardo alla genesi di Forza Italia, il contenitore politico voluto da Marcello Dell’Utri che, mutatosi in partito favorirà la discesa in campo e l’ascesa al potere di Silvio Berlusconi. Sullo sfondo, riemergono temi che affondano le radici fin negli anni settanta e che s’intrecciano con le trame della P2 di Licio Gelli, insomma, molti dei misteri d’Italia. Il vero punto di snodo e di svolta dell’intero corso degli eventi è però, secondo l’Autore, “l’accordo Stato – mafia”, fatto ancora non chiaramente provato, ma intervenuto, secondo il magistrato, proprio nel corso del cruciale biennio del 92-93. Secondo Ingroia Il patto scellerato fu siglato da parte delle istituzioni per interesse, ma soprattutto per pavidità; molti erano, infatti, quei politici che temevano di fare la stessa fine di Lima o che paventavano la necessità di affrontare un periodo di guerra aperta contro le cosche mafiose. In sintesi, la tesi degli Autori è che lo Stato, attraverso i suoi funzionari e politici infedeli, si piegò al ricatto mafioso senza neanche provare a combattere una guerra che, nei primi anni novanta, proprio a seguito dell’operato di uomini dello stampo di Falcone e Borsellino, cominciava a svoltare a favore delle istituzioni.
Secondo Ingroia, il prezzo da pagare si è dimostrato salatissimo, egli vede il “ventennio berlusconiano” come una lunga eclissi morale che ha pesantemente inciso sul costume e sulla tenuta etica non solo delle istituzioni, ma dell’intero popolo italiano. Secondo il magistrato, siamo però giunti a un possibile punto di svolta e proprio le prossime elezioni potrebbero costituire un’occasione per invertire la tendenza.
Un bel libro, che fornisce un quadro chiaro ed esaustivo dell’ultimo ventennio e potrebbe servire a chiarire le idee a qualche giovane elettore sulle soglie dei vent’anni. Esso però non aggiunge molti elementi a ciò che già si sapeva. Per gli elettori più attempati, rimane pur sempre vero che: “Non c’è peggior orbo di chi non vuol vedere” e temo che ciò, rimanga purtroppo valido per molti di essi.   

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