“Antonio Ingroia – Io So”, di Antonio Ingroia,
Giuseppe Lo Bianco, Sandra Rizza, edizioni Chiarelettere, ISBN: 978-88-6190-304-3.
Il libro si svolge in forma d’intervista fra gli
Autori; il protagonista è Antonio Ingroia, in magistratura dal 1987, allievo e
collaboratore di Paolo Borsellino, dal 1992, incaricato presso la Procura
distrettuale di Palermo.
Ingroia ripercorre il “ventennio berlusconiano”
cercando di ricostruire la tela dei rapporti fra istituzioni e la mafia. Egli
illumina il delicato momento di passaggio fra la prima e la seconda Repubblica
avvenuto nei primi anni novanta fra l’esplosione delle inchieste legate a
Tangentopoli, gli attentati mafiosi e le stragi di Capaci e via D’Amelio, dove
persero la vita i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Nel corso
dell’intervista, viene dunque fornita
una lucida interpretazione delle ragioni che portarono la mafia a sfidare
apertamente le istituzioni alla ricerca di un nuovo accordo e assetto in
sostituzione di quello decaduto e, fisicamente seppellito, con l’omicidio di
Salvo Lima. In questo contesto, l’Autore si sofferma a fornire delle valide
spiegazioni riguardo alla genesi di Forza Italia, il contenitore politico
voluto da Marcello Dell’Utri che, mutatosi in partito favorirà la discesa in
campo e l’ascesa al potere di Silvio Berlusconi. Sullo sfondo, riemergono temi
che affondano le radici fin negli anni settanta e che s’intrecciano con le
trame della P2 di Licio Gelli, insomma, molti dei misteri d’Italia. Il vero
punto di snodo e di svolta dell’intero corso degli eventi è però, secondo
l’Autore, “l’accordo Stato – mafia”, fatto ancora non chiaramente provato, ma
intervenuto, secondo il magistrato, proprio nel corso del cruciale biennio del
92-93. Secondo Ingroia Il patto scellerato fu siglato da parte delle
istituzioni per interesse, ma soprattutto per pavidità; molti erano, infatti,
quei politici che temevano di fare la stessa fine di Lima o che paventavano la
necessità di affrontare un periodo di guerra aperta contro le cosche mafiose.
In sintesi, la tesi degli Autori è che lo Stato, attraverso i suoi funzionari e
politici infedeli, si piegò al ricatto mafioso senza neanche provare a
combattere una guerra che, nei primi anni novanta, proprio a seguito
dell’operato di uomini dello stampo di Falcone e Borsellino, cominciava a svoltare
a favore delle istituzioni.
Secondo Ingroia, il prezzo da pagare si è dimostrato
salatissimo, egli vede il “ventennio berlusconiano” come una lunga eclissi morale
che ha pesantemente inciso sul costume e sulla tenuta etica non solo delle
istituzioni, ma dell’intero popolo italiano. Secondo il magistrato, siamo però
giunti a un possibile punto di svolta e proprio le prossime elezioni potrebbero
costituire un’occasione per invertire la tendenza.
Un bel libro, che fornisce un quadro chiaro ed
esaustivo dell’ultimo ventennio e potrebbe servire a chiarire le idee a qualche
giovane elettore sulle soglie dei vent’anni. Esso però non aggiunge molti
elementi a ciò che già si sapeva. Per gli elettori più attempati, rimane pur
sempre vero che: “Non c’è peggior orbo di chi non vuol vedere” e temo che ciò, rimanga
purtroppo valido per molti di essi.
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