L’approvazione degli atti per evitare
il fiscal cliff, il baratro fiscale, che impongono negli USA un aumento della
tassazione per i redditi superiori a 400 mila dollari, sembra un buon inizio per
cominciare, finalmente, a mandare in soffitta le clamorose stupidaggini (per
altro avvalorate da fior di economisti nel corso degli anni!) sulle quali si
basava molta della “Reaganomics”, ideologia economica, imperante fin dagli anni
ottanta del novecento, che partiva dall’assunto che la diminuzione della
tassazione dei redditi più alti giovasse all’economia. Oggi comincia a essere
chiaro (anche se avrebbe dovuto esserlo anche allora) quanto tali affermazioni
fossero prive di senso e si diffondono i segnali di un cambiamento di rotta
(prima il tentativo abortito della Francia, ora gli Usa) che, infine, comincia
a riconoscere quanto queste politiche siano state deleterie nei confronti della
classe media che, anche a seguito di esse, risulta drasticamente diminuita negli anni in termini
percentuali. Finalmente, comincia a essere anche evidente il danno arrecato
alle politiche equitative e di ripartizione dei redditi che, ormai dati alla
mano, nel corso di questi ultimi trent’anni mostrano una costante tendenza
verso un’intollerabile polarizzazione della ricchezza. Di tutto ciò è
ovviamente responsabile in grande parte lo stesso ceto medio che politicamente continua a presentarsi in ordine sparso, ma che come regola generale, sembra
costantemente incapace di vigilare e tutelare i propri interessi, così
arroccato su posizioni tendenzialmente conservatrici e così propenso a farsi ammaliare da
leader chiaramente demagogici. Solo la pesante crisi, infatti, ha finalmente
smosso un po’ le acque, ma è comunque un po’ paradossale come il cambio di
rotta sia stato più determinato dall’alto e, probabilmente, vissuto come un
male necessario, che effettivamente trainato dal basso, da un ceto sociale che,
almeno in Italia, appare storicamente e cronicamente manipolabile e passivo.
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