venerdì 16 novembre 2012

Recensione: La Rivolta – Bronte 1860

“La Rivolta – Bronte 1860”, di Lucy Riall, edizioni Laterza, ISBN: 978-88-420-9675-7.

Nell’agosto 1860, l’anno della spedizione dei Mille, a Bronte, in Sicilia, proprio in coincidenza del vuoto di potere venutosi a creare a seguito della caduta del potere politico dei Borbone, occorsero gravi episodi di violenza a causa dei contadini in rivolta che invocavano una più equa distribuzione delle terre. Nell’occasione, la furia popolare causò non poche vittime fra i proprietari e i notabili locali e gravi danni alle proprietà e all’abitato, ma soprattutto, l’opinione pubblica fu colpita dalla particolare efferatezza degli atti di violenza. I rivoltosi torturarono alcune delle vittime, infierirono sui cadaveri e, sull’onda dell’emozione, vennero anche riportate voci di atti di cannibalismo (mai accertati!). Il governo dittatoriale di Garibaldi, su richiesta dell’opinione pubblica, dei proprietari terrieri e delle autorità britanniche, intervenne con risolutezza inviando un corpo di spedizione al comando di uno dei garibaldini più focosi e inflessibili, il generale Nino Bixio, Egli agì con determinazione, proclamò lo stato d’assedio, disarmò la popolazione, arrestò i presunti capi della rivolta e i maggiori responsabili della violenza, cinque dei quali furono rapidamente processati, condannati, in maniera a dir poco arbitraria, e immediatamente fucilati.

L’episodio di Bronte ha assunto un forte valore simbolico e spesso esso è citato quando emerge il tema delle promesse tradite e delle riforme mancate dell’Italia post unitaria. Persino ai giorni nostri, esso fa discutere appassionatamente, contrapponendo i sostenitori dell’epica risorgimentale ai suoi detrattori, i fautori dell’ordine pubblico ai rivoluzionari, i “borghesi” ai “comunisti”.

Con queste premesse, il rischio di dare alle stampe l’ennesimo scritto denso di retorica era davvero altissimo, invece, l’Autore, secondo il mio parere, è riuscito a produrre una ricerca di gran valore, molto curata e sorprendentemente equilibrata nello spiegare i fatti, la loro genesi e la loro evoluzione successiva. Gli eventi sono descritti inserendoli in un contesto che fa emergere le vere ragioni della crisi. Esse, in sostanza, vanno ricercate nell’importanza del ruolo della Ducea di Bronte, feudo di vastissima entità che, dal medioevo, risulta centrale per la vita economica e per le relazioni sociali del territorio circostante. La Ducea, comprensiva di tutte le terre a essa collegate, fu concessa nel 1799 dai Borbone in appannaggio all’ammiraglio Nelson in ringraziamento dei servigi da esso prestati. S’inaugurò così un lungo periodo durante il quale, la proprietà più rilevante della zona, crocevia strategico di buona parte dei rapporti economici locali, rimase in possesso di possidenti stranieri e assenteisti. Essi ne delegarono l’amministrazione a loro rappresentanti inglesi insediatisi localmente, ma che rimasero, perlopiù socialmente isolati dal resto della comunità. Se quindi, da una parte, sulla genesi dell’episodio pesa la storica sperequazione nella distribuzione delle terre, dall’altra, vengono invece giustamente rilevate dall’Autore le cause principali che portarono all’esplodere della violenza. In particolare, furono le lotte per il potere condotte dalle diverse consorterie di nobili e notabili locali, che avevano come obiettivo, per lo più, il controllo del “mercato” delle terre date in affitto dalla Ducea e l'accaparramento delle terre comuni a essa sottratte nelle varie e fallimentari riforme agrarie che si succedettero nel corso del tempo, a provocare costantemente la frustrazione e le esplosioni di rabbia incontrollata della parte più povera della popolazione. L’Autore, giustamente pone l’accento sul fatto che, la tensione e gli episodi di violenza furono una costante del territorio a partire dall’epoca medioevale e, già solo nel corso dell’ottocento, erano avvenuti analoghi e forse più gravi disordini durante le rivoluzioni degli anni venti e del quarantotto. Furono quindi, come spesso succede in Italia, le malversazioni, le lotte di potere, il clientelismo e la strumentalizzazione messe in atto dall’elite locale residente le vere cause che, una volta di più, spalancarono il vaso di Pandora. La situazione politica, invece, com’era già avvenuta nei due procedenti episodi versificatisi nel corso dell’ottocento, fu solo la scintilla, il catalizzatore, che fece precipitare la situazione.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.