“Licenza per un Genocidio – I “Protocolli dei Savi
Anziani di Sion” e il mito della cospirazione ebraica”, titolo originale: “
Warrant for Genocide: The Myth of the jewish World Conspiracy and the Protocols
of the Elder of Zion”, di Norman Cohn, traduzione di Laura Felici, edizioni
Castelvecchi, ISBN-10: A000186445.
Si tratta della ripubblicazione ancora attualissima di
un saggio uscito nell’ormai lontano 1966. Lo studio si basa sull’analisi di un
variegato corpus di pubblicazioni antisemite che cominciarono ad apparire nel
diciannovesimo secolo ma che trovarono un’amplissima diffusione durante il
primo trentennio del ventesimo. Esse si condensarono in diverse versioni dei
“Protocolli dei savi anziani di Sion” e nel “Discorso del rabbino”, raccolte di
falsi attribuiti a non meglio precisate “autorità” della comunità ebraica, che furono
adattate in funzione dell’ideologia dell’”autore/curatore/traduttore” e del
paese nel quale erano diffuse. Questi testi, redatti da personaggi ambigui e,
almeno secondo i nostri standard, sostanzialmente invasati e squilibrati, avevano
lo scopo principale di convincere i lettori dell’esistenza di un complotto
mondiale ordito dagli ebrei allo scopo di assicurarsi il dominio sul pianeta.
Le
prime versione di questi documenti videro la luce in Francia, ma fu in Russia, anche
grazie alla collaborazione fattiva del servizio segreto zarista (la Okhrana),
nei primi anni del novecento che i “Protocolli” assunsero una forma grossomodo
organica, per poi diffondersi largamente dopo la rivoluzione russa in Europa e
Stati Uniti (in questo caso avvalendosi anche di personaggi autorevoli come l’imprenditore
Henry Ford!) e, soprattutto, in Germania, trovando lì terreno fertile anche grazie
alla diffusione della cultura völkisch
e ottenendo l’entusiasta supporto ideologico del partito nazista e, dopo, delle
autorità del Terzo Reich.
La falsità di tutta questa documentazione fu
ampiamente dimostrata già nei primi decenni del novecento in almeno due occasioni
ma queste operazioni di trasparenza non bloccarono sostanzialmente la diffusione
di questi scritti se non nei Paesi, dove gli organi di stampa e le autorità si
mossero attivamente per svelarne la falsità. La prima clamorosa smentita a
questo riguardo fu pubblicata per opera del Times di Londra che riuscì a
individuare il testo ispiratore dei “Protocolli”. Essi furono sostanzialmente
ricopiati in ampie parti e adattati alla meglio al nuovo soggetto sulla base di
un libro di satira politica, il “Dialogue aux enfers entre Machiavel et
Montesquieu”, scritto da Maurice Joly e rivolto contro la figura di Napoleone
III°. Tali argomenti vennero sostanzialmente ribaditi durante un processo
intentato a Berna nel 1934 dalla comunità ebraica svizzera nei confronti degli
editori e diffusori della versione che circolava all’interno della Confederazione;
in quell’occasione i giudici definirono i “Protocolli” : “ …. ridicole assurdità
…”.
Interessante la tesi finale dell’Autore che spiega l’ossessione
diffusa per questi testi attribuendo al fenomeno la caratteristica di una psicopatia
di massa. Essi effettivamente contribuirono a portare alla luce un diffuso
pregiudizio inconscio frutto dell’avversione della cultura cristiana nei
confronti dell’ebraismo al quale si mescolavano elementi e paure moderne legate
ai cambiamenti politici e socio-economici. Non a caso, gli ebrei malvagi dei “Protocolli”
si prestarono a tantissime trasfigurazioni, spesso in mutuo contrasto fra loro;
basti pensare che la loro supposta congiura dovesse appoggiarsi
contemporaneamente su: democrazia, capitalismo, bolscevismo, liberismo e
congiure massoniche, il tutto coordinato da una struttura gerarchica e
impenetrabile! Un vero guazzabuglio di opposti.
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