martedì 21 gennaio 2014

Recensione: Licenza per un Genocidio – I “Protocolli dei Savi Anziani di Sion


“Licenza per un Genocidio – I “Protocolli dei Savi Anziani di Sion” e il mito della cospirazione ebraica”, titolo originale: “ Warrant for Genocide: The Myth of the jewish World Conspiracy and the Protocols of the Elder of Zion”, di Norman Cohn, traduzione di Laura Felici, edizioni Castelvecchi, ISBN-10: A000186445.
Si tratta della ripubblicazione ancora attualissima di un saggio uscito nell’ormai lontano 1966. Lo studio si basa sull’analisi di un variegato corpus di pubblicazioni antisemite che cominciarono ad apparire nel diciannovesimo secolo ma che trovarono un’amplissima diffusione durante il primo trentennio del ventesimo. Esse si condensarono in diverse versioni dei “Protocolli dei savi anziani di Sion” e nel “Discorso del rabbino”, raccolte di falsi attribuiti a non meglio precisate “autorità” della comunità ebraica, che furono adattate in funzione dell’ideologia dell’”autore/curatore/traduttore” e del paese nel quale erano diffuse. Questi testi, redatti da personaggi ambigui e, almeno secondo i nostri standard, sostanzialmente invasati e squilibrati, avevano lo scopo principale di convincere i lettori dell’esistenza di un complotto mondiale ordito dagli ebrei allo scopo di assicurarsi il dominio sul pianeta.
 Le prime versione di questi documenti videro la luce in Francia, ma fu in Russia, anche grazie alla collaborazione fattiva del servizio segreto zarista (la Okhrana), nei primi anni del novecento che i “Protocolli” assunsero una forma grossomodo organica, per poi diffondersi largamente dopo la rivoluzione russa in Europa e Stati Uniti (in questo caso avvalendosi anche di personaggi autorevoli come l’imprenditore Henry Ford!) e, soprattutto, in Germania, trovando lì terreno fertile anche grazie alla diffusione della cultura völkisch e ottenendo l’entusiasta supporto ideologico del partito nazista e, dopo, delle autorità del Terzo Reich.
La falsità di tutta questa documentazione fu ampiamente dimostrata già nei primi decenni del novecento in almeno due occasioni ma queste operazioni di trasparenza non bloccarono sostanzialmente la diffusione di questi scritti se non nei Paesi, dove gli organi di stampa e le autorità si mossero attivamente per svelarne la falsità. La prima clamorosa smentita a questo riguardo fu pubblicata per opera del Times di Londra che riuscì a individuare il testo ispiratore dei “Protocolli”. Essi furono sostanzialmente ricopiati in ampie parti e adattati alla meglio al nuovo soggetto sulla base di un libro di satira politica, il “Dialogue aux enfers entre Machiavel et Montesquieu”, scritto da Maurice Joly e rivolto contro la figura di Napoleone III°. Tali argomenti vennero sostanzialmente ribaditi durante un processo intentato a Berna nel 1934 dalla comunità ebraica svizzera nei confronti degli editori e diffusori della versione che circolava all’interno della Confederazione; in quell’occasione i giudici definirono i “Protocolli” : “ …. ridicole assurdità …”.
Interessante la tesi finale dell’Autore che spiega l’ossessione diffusa per questi testi attribuendo al fenomeno la caratteristica di una psicopatia di massa. Essi effettivamente contribuirono a portare alla luce un diffuso pregiudizio inconscio frutto dell’avversione della cultura cristiana nei confronti dell’ebraismo al quale si mescolavano elementi e paure moderne legate ai cambiamenti politici e socio-economici. Non a caso, gli ebrei malvagi dei “Protocolli” si prestarono a tantissime trasfigurazioni, spesso in mutuo contrasto fra loro; basti pensare che la loro supposta congiura dovesse appoggiarsi contemporaneamente su: democrazia, capitalismo, bolscevismo, liberismo e congiure massoniche, il tutto coordinato da una struttura gerarchica e impenetrabile! Un vero guazzabuglio di opposti.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.