Si tratta di un bellissimo saggio sulle opere dello
scrittore inglese John Ronald Reuel Tolkien, autore dell’ormai famosissimo “Il Signore
degli Anelli” e di un intero “corpus” di opere dedicato al mondo fantastico
della “Terra di Mezzo”. Per altro, Wu Ming 4 ci ricorda che Tolkien non fu solo
l’inventore del genere fantasy, anzi, nel corso della sua esistenza fu
certamente la sua figura di eminente studioso che prevalse sulla sua fama di
scrittore, tanto che, la maggior parte dei suoi scritti incentrati sul mondo di
sua invenzione furono pubblicati postumi dal figlio. In vita, Tolkien si
distinse soprattutto come erudito filologo, linguista ed esperto di letteratura
anglosassone.
Il curriculum del padre del genere fantasy non è di
secondaria importanza ai fini della discussione sul valore delle opere dedicate
al suo universo fantastico; fin dal suo apparire, infatti, romanzi come “Lo Hobbit”
e “Il Signore degli Anelli” furono largamente snobbati dalla critica letteraria
e relegati al filone della letteratura per ragazzi e di “evasione” e, persino “Il
Silmarillion” fece molta fatica ad accreditarsi come opera appartenente al
filone dell’epica al pari di capolavori come l’Iliade o il Beowulf.
Wu Ming 4 ha poi il merito di affrontare e dirimere
definitivamente un aspetto tutto italiano legato alle opere di Tolkien, cioè la
loro supposta appartenenza alla letteratura di “destra” e di area cattolica. L’Autore
affronta il tema con un grande equilibrio ammettendo che le opere del creatore
della Terra di Mezzo includono molti aspetti che possono essere fatti risalire alla
simbologia cristiana (Tolkien, era un fervente cattolico!) e riconoscendo che
uno degli obiettivi dell’autore inglese era proprio quello di sviluppare il
tema morale ed etico nei personaggi di sua invenzione. Dall’altra parte, però,
Wu Ming 4 dimostra che il mondo tolkeniano non si presta a facili
semplificazioni, spesso i personaggi si presentano con caratteristiche molto
eterogenee che mischiano valori moderni a quelli tradizionali e anche l’invenzione
più genuina della saga, cioè, la razza degli Hobbit sembra lontana anni luce
dalla mitologia eroica verso la quale si è identificata per anni certa parte
della “destra” giovanile. Quello che invece sembrava stare a cuore all’autore
inglese è l’enfasi su concetti molto profondi, individuali ed anche molto
moderni come: il senso di responsabilità e del dovere, la libertà di scelta ed anche al libero
arbitrio; il coraggio e la tenacia dei singoli; il senso di giustizia; il
rifiuto della violenza anche se praticata a “fin di bene” e i rischi del potere
quando esso è eccessivo.
Niente male veramente! Personalmente non posso che
ringraziare Wu Ming 4 per avermi restituito più bello che mai un mondo che, a
distanza di trent’anni, cominciavo a dimenticare e che, grazie all’Autore, avrei
voglia di cominciare a riscoprire con occhi da adulto.
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