“Il Castello
dei Destini Incrociati”, di Italo Calvino, edizioni Mondadori, ISBN: 978-88-04-39027-5.
Il libro in
realtà contiene due racconti: “Il Castello dei Destini Incrociati” e “La
Taverna dei Destini Incrociati”. Entrambe le storie sono costruite nel medesimo
modo: un certo numero di viaggiatori si ritrova al Castello (o nella Taverna)
dopo aver attraversato una selva densa di pericoli. A causa di qualche arcano
tutti i viandanti hanno perso l’uso della parola e, avendo a disposizione solo
un mazzo di carte di tarocchi, cominciano a illustrare le loro peripezie in
modo figurato disponendole su un tavolo comune e aiutandosi con la mimica, lasciando
l’interpretazione delle carte ai presenti. Rapidamente viene a crearsi una
griglia e un intreccio di carte che può essere letto dall’alto al basso, da
destra a sinistra dando diversi significati alle medesime carte in funzione
dell’ordine di apparizione in ogni vicenda e che racchiude tutte le storie dei
protagonisti presenti.
Bisogna dire
che l’idea è assolutamente geniale ma, alla fine, il susseguirsi dei vari
racconti non mi ha appassionato. La mia ipotesi è che effettivamente, la
necessità di rendere l’effetto dei “Destini incrociarti” grazie all’intreccio
di tutte le carte disposte a mano a mano dai protagonisti, abbia limitato molto
le opzioni disponibili all’Autore. A peggiorare le cose devo aggiungere che il
racconto della “Taverna” si sviluppa sulla medesima idea di quello del “Castello”
(seppur con storie diverse) e, pertanto, anche la trovata originalissima alla
base dei due racconti finisce per apparire un po’ stucchevole. Effettivamente, leggendo
quanto è riportato nell’introduzione, pare che lo scopo dell’Autore riguardo al secondo
racconto fosse soprattutto quello di adattare l’idea e le metodologie impiegati
nel primo alla nuova situazione e, tra l’altro, utilizzando un diverso tipo di
mazzo di Tarocchi, i cosiddetti “Marsigliesi”.
Devo dire che
dall’Autore del “Barone Rampante” mi aspettavo di più.
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