venerdì 1 giugno 2012

Recensione: La Compagnia delle Indie – La Prima Multinazionale

“La Compagnia delle Indie – La Prima Multinazionale”, titolo originale: “Edge of Empire”, di Maya Jasanoff, traduzione di Irene Ibigail Piccinini, edizioni Il Saggiatore, ISBN 978-884281400-9.

E’ bene premettere che raramente mi è capitato di incontrare un titolo così fuorviante. Nel caso dell’edizione italiana esso proprio non ha nulla a che vedere con il contenuto del libro e sembra proprio appiccicato malamente dall’editore per destare interesse commerciale. Quello che però mi è apparso singolare è che nemmeno l’originale inglese è particolarmente evocativo. Il libro dovrebbe intitolarsi: “Albori del collezionismo d’arte e di reperti storici ed etnici nell’Inghilterra imperiale”, o qualcosa del genere, evidentemente però, messo in questo modo il libro perderebbe di attrattiva perché sembrerebbe dedicato a dei lettori di nicchia (ecco svelate le furberie dell’editore!) e questo sarebbe un peccato perché, superata la sorpresa e capito il taglio dato dall’Autore, per altro ben spiegato dall’introduzione, l’opera finisce per essere abbastanza godibile, utile e curiosa.
Ma di cosa si parla infine? L’Autore descrive la situazione storica a cavallo fra il settecento e l’ottocento incentrando la narrazione sull’antagonismo imperiale di Inghilterra e Francia per il dominio globale, ma soprattutto la loro lotta per il possesso e il controllo strategico del continente indiano e dell’Egitto, quest’ultimo importante proprio per il suo particolare ruolo geografico come crocevia verso l’Oriente. Per buona parte del periodo, la competizione militare ed economica fra i due paesi venne portata avanti per procura attraverso l’operato delle compagnie commerciali. Alla narrazione però viene dato un taglio particolare, perché le vicende storiche sono narrate attraverso la vita e l’esperienza dei principali attori: Robert Clive, il vincitore della battaglia di Plassey, archetipo del “Nababbo”, Benoit de Boigne, Claude Martin, Bernardino Drovetti (al quale dobbiamo il nucleo centrale del museo egizio di Torino!), Henry Salt e tanti altri che non solo furono i protagonisti, ormai per lo più sconosciuti di questa lotta, ma che si distinsero per il loro ruolo di personaggi sospesi fra due mondi e due culture e che, attraverso il collezionismo non solo cercarono un modo per arricchirsi, per ostentare il proprio successo e per raggiungere l’agognato status sociale al quale ambivano, ma che, magari involontariamente, fecero da ponte fra le varie culture dando lo spunto iniziale per lo studio, la valorizzazione e la conservazione di quei reperti che tuttora formano i nuclei centrali delle principali collezioni private e museali.

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