venerdì 28 gennaio 2011
Recensione: Operaie
“Operaie”, titolo originale “Factory girls – From Village to City in a Changing China”, di Leslie T.Chang, edizioni Adelphi, ISBN 978-88-459-2482-8. L’autrice è una sino-americana corrispondente per il Wall Street Journal che, dalla seconda metà degli anni novanta fino ai giorni nostri raccoglie documentazione, testimonianze ed interviste riguardo al fenomeno dell’immigrazione interna cinese che si sposta dalle campagne verso le zone economiche speciali e verso le grandi città interessate dallo sviluppo industriale accelerato dell’ultimo trentennio. L’indagine è coniugata al femminile e tratta soprattutto dell’immigrazione delle giovani donne, che non solo sembra caratterizzarsi come prevalente rispetto a quella maschile (gli addetti di molte industrie manifatturiere sono soprattutto e preferibilmente di sesso femminile, spiega l’autrice!), ma che, nella sua peculiarità ha messo in moto non solo cambiamenti economici ma anche sociali, per esempio mettendo in crisi la millenaria struttura patriarcale della famiglia cinese tradizionale. Il libro è molto bello nonché profondamente umano, molto distante dalla fredda indagine statistica e scientifica; nel corso dell’indagine, infatti, la giornalista stringe vincoli che divengono nel tempo profondi rapporti di confidenza e di amicizia e che forniscono all’autrice l’occasione di introdursi come ospite nelle famiglie di origine delle migranti, permettendogli così di toccare con mano gli effetti dell’immigrazione sul tessuto sociale della provincia cinese. Nel frattempo però anche l’autrice finisce per sentire il richiamo delle proprie radici; inizialmente totalmente ignorante della propria storia famigliare essa riesce a ricostruire la sua genealogia e le vicissitudini dei propri predecessori, contribuendo infine a ristabilire verità, riabilitare eroi misconosciuti e a rendere giustizia ai propri avi.
mercoledì 12 gennaio 2011
Accordo di Mirafiori
Ho scaricato il testo completo dell'accordo dal sito della "voce": http//:www.lavoce.info
Non potendo allegare file ai post ho reso disponibile il testo prelevato dal sito sovrammenzionato al seguente indirizzo.
http://www.scribd.com/full/46702664?access_key=key-kd4swsnvxj3sxjvg1z5
Non potendo allegare file ai post ho reso disponibile il testo prelevato dal sito sovrammenzionato al seguente indirizzo.
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martedì 11 gennaio 2011
Aborto ed educazione sessuale
Recentemente su La Stampa sono apparsi i seguenti articoli:
"NY, aborti al 41% nel 2009" La Stampa 07/01/11 di Marco Tosatti
"Il Papa attacca l'educazione sessuale" La Stampa 11/01/11 di Giacomo Galeazzi
In fondo al post sono allegati gli articoli che ho recuperato su internet (mi sembrano però in forma non integrale!).
In primo luogo, a onor di verità bisogna premettere che il titolo dell’articolo: “Il Papa attacca l’educazione sessuale” appare un poco forviante; ciò si evince dal testo ma anche in relazione con i commenti apparsi sulla Stampa nello stesso giorno. Sembrerebbe, infatti, che Benedetto XVI se la prenda più che altro con un tipo di educazione sessuale che sia completamente svincolata dai valori della famiglia e dell’affettività di stampo cristiano. Tra l’altro, il tema viene a sovrapporsi con un argomento più generale legato alla protezione dei cristiani nelle zone a rischio ed alla tutela delle libertà e dei valori religiosi, pertanto il titolo di testa finisce per essere veramente poco rappresentativo del messaggio papale. Dall’altra parte però, dalla lettura dell’articolo non si riesce a desumere cosa Benedetto XVI intenda effettivamente per “buona” o per “cattiva” educazione sessuale.
In ogni caso, la combinazione delle due notizie permette di fare alcune considerazioni sia sull’aborto sia sul tema dell’educazione sessuale.
Evidentemente, infatti, è almeno una mia speranza che i due temi siano strettamente collegati da una semplice relazione di causa effetto del tipo: “Una maggiore attenzione all’educazione sessuale dovrebbe portare al drastico abbattimento degli aborti volontari non terapeutici”.
I numeri sugli aborti riportati sulla Stampa (si tratta comunque di dati concernenti la sola città di NY!) sono effettivamente sconvolgenti, poiché il rapporto si avvicina al 50% (in realtà si “allontana” giacché il dato è un miglioramento rispetto a rilevazioni precedenti), veramente troppo per un fenomeno che, nelle migliori condizioni dovrebbe essere a mio avviso molto raro.
Personalmente, infatti, se da una parte sono assolutamente convinto della necessità di demandare alla decisione individuale della donna la scelta finale riguardo all’interruzione della gravidanza, dall’altra mi aspetterei che in una società civile (quindi adeguatamente informata!) questo fenomeno debba naturalmente autolimitarsi ed essere relegato nell’ambito dei casi estremi, posizionandosi pertanto su tassi di incidenza vicini all’”irrilevanza”. Per esprimere chiaramente il concetto; posto che i contraccettivi moderni prevedono tassi di fallimento estremamente bassi e che, anche in caso di mancato o cattivo funzionamento (fortunatamente:-)) non sempre si attiva la gravidanza, ritengo che possa stimarsi fisiologico un tasso di aborti volontario estremamente basso, quando questo, ovviamente, non sia dovuto a fatti terapeutici, gravi malformazioni o casi di coercizione o comunque afferenti all’ambito della violenza sessuale . Un fenomeno di questo genere a ben vedere, almeno a livello ideale e tendenziale, dovrebbe collocarsi su tassi d’incidenza paragonabili a quelli delle cosiddette “malattie rare” (poche unita su diecimila/centomila unità di popolazione).
E’ evidente che per raggiungere questi risultati, ponendosi anche come obiettivo quello del pieno rispetto delle libertà individuali, bisognerebbe investire massicciamente sulla prevenzione in modo da abbattere drasticamente i casi di gravidanza indesiderata e conseguentemente quelli di aborto. In linea di principio, infatti, non sono contrario alle pratiche che tendano a limitare gli aborti dopo l’instaurarsi della gravidanza (consultori, sostegni al reddito, ecc.), ritengo però che tali espedienti non finiscano per fornire un serio freno al fenomeno.
Gli strumenti a disposizione sarebbero molteplici e migliorabili, si pensi ad esempio alla possibilità di introdurre la contraccezione fra le pratiche mutuabili dai vari servizi sanitari nazionali; è evidente però che l’istruzione non può che essere il cardine sul quale deve basarsi qualsiasi politica di prevenzione. Proprio su questo punto si entra nella parte più difficoltosa del tema bisognerebbe, infatti, decidere:
1) Chi deve svolgere tale opera d’informazione e quando deve iniziare? Da sempre tale compito è stato sempre demandato ai genitori, dai quali ci si aspetterebbe che sappiano scegliere i termini, il tempo e il luogo opportuno per istruire la prole. Purtroppo i numeri parlano chiaro ed evidentemente la capacità delle famiglie ad accollarsi questo compito è sovrastimata; salvo rare eccezioni essi, infatti, non sembrano idonei a svolgere da soli questo compito. Sembrerebbe quindi che di tale incombenza debba occuparsi l’intera società a partire quindi e principalmente dalla scuola, dal sistema sanitario (perché non il pediatra? Oltre alla ginecologa/andrologo?), dai media (mai visti programmi di questo genere per bambini/ragazzi/adulti!) e volendo anche dalle istituzione religiose, che a parer mio, possono tranquillamente integrare le informazioni ricevute dalle persone attraverso altri mezzi. Per quanto riguarda il “quando”, evidentemente prima s’inizia a discutere di tali argomenti e meno rischi si corrono. Io suggerirei quindi di iniziare a livello di scuole elementari!
2) Quali devono essere i contenuti? Non sono un soggetto con una particolare esperienza medica, scientifica o pedagogica, la logica, però mi suggerisce che si può iniziare per gradi partendo appunto dalle scuole elementari illustrando i temi non solo della biologia umana e della sessualità (io ho in mente testi o animazioni come “il corpo umano” edito da DeAgostini) ma anche dell’affettività. Un po’ malignamente rilevo che, proprio dalle elementari si potrebbe cominciare a dare maggior peso a questi temi, che in fondo attengono alla sfera allargata dell’”educazione civica”, magari limitando proprio l’orario di “religione” (alle elementari ci sono due ore di religione, contro le due/tre di matematica! E di che cosa si parla durante l'orario di "Costituzione"?).
3) Sempre rimanendo nel tema dei contenuti adesso però fornisco una “sponda” a chi si occupa di religione. Un aspetto poco presente riguardo al tema dell’educazione sessuale e correlato invece al tema dell’aborto, o anche a quello igienico-sanitario (ad es. riguardo alla trasmissibilità delle malattie veneree), è legato in generale alla sfera dell’etica e dell’affettività, nonché alle nozioni di dovere civico e sociale. Tali concetti, è innegabile, spesso condividono le stesse fonti con l’etica religiosa. È quindi evidente che un’azione preventiva nel campo delle gravidanze indesiderate debba per forza passare anche attraverso una corretta responsabilizzazione di tutti i soggetti verso il rispetto del partner e, in ultima analisi della vita. Senza scivolare nel moralismo bisognerebbe, infatti, chiedersi come mai (cito di nuovo l’articolo su NY), nonostante l’abbondanza di disponibilità anche gratuita di profilattici (o di altri metodi contraccettivi) la gente non ne faccia uso. La disinformazione non è sufficiente a spiegare il fenomeno e non lo sono neanche i soli fattori economici. Evidentemente bisognerebbe dedurre che ci troviamo davanti a dei limiti che sono soprattutto culturali (del tipo: “Agli uomini (maschi) non piace farlo con il preservativo e delle conseguenze se ne sbattono!”, ma sono possibili ovviamente anche altri motivi:-)). A questo proposito è quindi condivisibile l’impostazione di chi ritiene indispensabile andare a “educare” e di non limitare la spiegazione alla sola fisiologica e meccanicistica legata alla sessualità. Alla fine dunque un po’ bisogna dare ragione a Benedetto XVI, in fondo stiamo parlando di scelte ideologiche e noi dobbiamo chiederci cosa vogliamo veramente insegnare.
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"NY, aborti al 41% nel 2009" La Stampa 07/01/11 di Marco Tosatti
Riportiamo un lancio di agenzia sui dati dell'interruzione di gravidanza nella "Grance Mela.
MARCO TOSATTI
Nel 2009, nella città di New York il 41 per cento delle donne incinte è ricorsa a un'interruzione della gravidanza. Secondo il dipartimento di Sanità degli Stati Uniti, fra alcune minoranze la percentuale di aborti è anche più alta. Il dato rappresenta comunque un calo rispetto al 46 per cento fatto registrare dodici anni fa. "È sconvolgente", ha dichiarato l'arcivescovo della Grande Mela, mons. Timothy Dolan che, dopo aver ribadito la posizione anti-contraccettivi della Chiesa cattolica, ha spiegato che in città "i profilattici gratuiti sono disponibili ovunque - li stanno perfino lanciando dagli aerei - ma nulla sembra funzionare". Secondo quanto riporta la rete televisiva Abc anche Planned Parenthood -la più grande rete di cliniche abortive del Paese- si è lamentata del dato ma ha solamente sollecitato un migliore programma di educazione sessuale. A New York, fra gli afroamericani non ispanici il tasso d'aborti arriva al 59,8%; gli ispanici ricorrono all'interruzione di gravidanza 41,3 volte su 100; gli asiatici, il 22,7 per cento delle volte; i caucasici non ispanici solo una volta su cinque.
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"Il Papa attacca l'educazione sessuale" La Stampa 11/01/11 di Giacomo Galeazzi
IN ALCUNI PAESI MINACCIA LA LIBERTÀ RELIGIOSA
Il Papa attacca l’educazione sessuale (La Stampa 11/01/11)
CITTA’DEL VATICANO. «Protezione per cristiani in Medio Oriente». Dal terrorismo all’educazione sessuale obbligatoria, Benedetto XVI denuncia i pericoli per la libertà religiosa. Ricevendo gli ambasciatori in Vaticano, il Papa - pensando innanzitutto alla normativa inglese - invoca «i governi a promuovere sistemi educativi che rispettino il diritto primordiale delle famiglie a decidere l’educazione dei figli». Quindi, «non posso passare sotto silenzio un’altra minaccia alla libertà religiosa delle famiglie in alcuni paesi europei, là dove è imposta la partecipazione a corsi di educazione sessuale o civile che trasmettono concezioni della persona e della vita presunte neutre, ma che in realtà riflettono un’antropologia contraria alla fede e alla retta ragione». Il Pontefice assicura che «la religione non costituisce per la società un problema, non è un fattore di turbamento o di conflitto». E la Chiesa «non cerca privilegi, né vuole intervenire in ambiti estranei, ma semplicemente esercitare la sua missione con libertà». Joseph Ratzinger invita a «riconoscere la grande lezione della storia» senza negare «il contributo delle grandi religioni del mondo allo sviluppo della civiltà». Il Pontefice stigmatizza aggressioni e minacce: l’intolleranza verso i cristiani in Medio Oriente e in altri Paesi dove l’Islam mostra il suo volto fondamentalista, lo statalismo marxista che conculca la libertà della Chiesa in Cina e in paesi sudamericani nei quali si impedisce l’attività delle scuole cattoliche, il laicismo che avanza
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"NY, aborti al 41% nel 2009" La Stampa 07/01/11 di Marco Tosatti
"Il Papa attacca l'educazione sessuale" La Stampa 11/01/11 di Giacomo Galeazzi
In fondo al post sono allegati gli articoli che ho recuperato su internet (mi sembrano però in forma non integrale!).
In primo luogo, a onor di verità bisogna premettere che il titolo dell’articolo: “Il Papa attacca l’educazione sessuale” appare un poco forviante; ciò si evince dal testo ma anche in relazione con i commenti apparsi sulla Stampa nello stesso giorno. Sembrerebbe, infatti, che Benedetto XVI se la prenda più che altro con un tipo di educazione sessuale che sia completamente svincolata dai valori della famiglia e dell’affettività di stampo cristiano. Tra l’altro, il tema viene a sovrapporsi con un argomento più generale legato alla protezione dei cristiani nelle zone a rischio ed alla tutela delle libertà e dei valori religiosi, pertanto il titolo di testa finisce per essere veramente poco rappresentativo del messaggio papale. Dall’altra parte però, dalla lettura dell’articolo non si riesce a desumere cosa Benedetto XVI intenda effettivamente per “buona” o per “cattiva” educazione sessuale.
In ogni caso, la combinazione delle due notizie permette di fare alcune considerazioni sia sull’aborto sia sul tema dell’educazione sessuale.
Evidentemente, infatti, è almeno una mia speranza che i due temi siano strettamente collegati da una semplice relazione di causa effetto del tipo: “Una maggiore attenzione all’educazione sessuale dovrebbe portare al drastico abbattimento degli aborti volontari non terapeutici”.
I numeri sugli aborti riportati sulla Stampa (si tratta comunque di dati concernenti la sola città di NY!) sono effettivamente sconvolgenti, poiché il rapporto si avvicina al 50% (in realtà si “allontana” giacché il dato è un miglioramento rispetto a rilevazioni precedenti), veramente troppo per un fenomeno che, nelle migliori condizioni dovrebbe essere a mio avviso molto raro.
Personalmente, infatti, se da una parte sono assolutamente convinto della necessità di demandare alla decisione individuale della donna la scelta finale riguardo all’interruzione della gravidanza, dall’altra mi aspetterei che in una società civile (quindi adeguatamente informata!) questo fenomeno debba naturalmente autolimitarsi ed essere relegato nell’ambito dei casi estremi, posizionandosi pertanto su tassi di incidenza vicini all’”irrilevanza”. Per esprimere chiaramente il concetto; posto che i contraccettivi moderni prevedono tassi di fallimento estremamente bassi e che, anche in caso di mancato o cattivo funzionamento (fortunatamente:-)) non sempre si attiva la gravidanza, ritengo che possa stimarsi fisiologico un tasso di aborti volontario estremamente basso, quando questo, ovviamente, non sia dovuto a fatti terapeutici, gravi malformazioni o casi di coercizione o comunque afferenti all’ambito della violenza sessuale . Un fenomeno di questo genere a ben vedere, almeno a livello ideale e tendenziale, dovrebbe collocarsi su tassi d’incidenza paragonabili a quelli delle cosiddette “malattie rare” (poche unita su diecimila/centomila unità di popolazione).
E’ evidente che per raggiungere questi risultati, ponendosi anche come obiettivo quello del pieno rispetto delle libertà individuali, bisognerebbe investire massicciamente sulla prevenzione in modo da abbattere drasticamente i casi di gravidanza indesiderata e conseguentemente quelli di aborto. In linea di principio, infatti, non sono contrario alle pratiche che tendano a limitare gli aborti dopo l’instaurarsi della gravidanza (consultori, sostegni al reddito, ecc.), ritengo però che tali espedienti non finiscano per fornire un serio freno al fenomeno.
Gli strumenti a disposizione sarebbero molteplici e migliorabili, si pensi ad esempio alla possibilità di introdurre la contraccezione fra le pratiche mutuabili dai vari servizi sanitari nazionali; è evidente però che l’istruzione non può che essere il cardine sul quale deve basarsi qualsiasi politica di prevenzione. Proprio su questo punto si entra nella parte più difficoltosa del tema bisognerebbe, infatti, decidere:
1) Chi deve svolgere tale opera d’informazione e quando deve iniziare? Da sempre tale compito è stato sempre demandato ai genitori, dai quali ci si aspetterebbe che sappiano scegliere i termini, il tempo e il luogo opportuno per istruire la prole. Purtroppo i numeri parlano chiaro ed evidentemente la capacità delle famiglie ad accollarsi questo compito è sovrastimata; salvo rare eccezioni essi, infatti, non sembrano idonei a svolgere da soli questo compito. Sembrerebbe quindi che di tale incombenza debba occuparsi l’intera società a partire quindi e principalmente dalla scuola, dal sistema sanitario (perché non il pediatra? Oltre alla ginecologa/andrologo?), dai media (mai visti programmi di questo genere per bambini/ragazzi/adulti!) e volendo anche dalle istituzione religiose, che a parer mio, possono tranquillamente integrare le informazioni ricevute dalle persone attraverso altri mezzi. Per quanto riguarda il “quando”, evidentemente prima s’inizia a discutere di tali argomenti e meno rischi si corrono. Io suggerirei quindi di iniziare a livello di scuole elementari!
2) Quali devono essere i contenuti? Non sono un soggetto con una particolare esperienza medica, scientifica o pedagogica, la logica, però mi suggerisce che si può iniziare per gradi partendo appunto dalle scuole elementari illustrando i temi non solo della biologia umana e della sessualità (io ho in mente testi o animazioni come “il corpo umano” edito da DeAgostini) ma anche dell’affettività. Un po’ malignamente rilevo che, proprio dalle elementari si potrebbe cominciare a dare maggior peso a questi temi, che in fondo attengono alla sfera allargata dell’”educazione civica”, magari limitando proprio l’orario di “religione” (alle elementari ci sono due ore di religione, contro le due/tre di matematica! E di che cosa si parla durante l'orario di "Costituzione"?).
3) Sempre rimanendo nel tema dei contenuti adesso però fornisco una “sponda” a chi si occupa di religione. Un aspetto poco presente riguardo al tema dell’educazione sessuale e correlato invece al tema dell’aborto, o anche a quello igienico-sanitario (ad es. riguardo alla trasmissibilità delle malattie veneree), è legato in generale alla sfera dell’etica e dell’affettività, nonché alle nozioni di dovere civico e sociale. Tali concetti, è innegabile, spesso condividono le stesse fonti con l’etica religiosa. È quindi evidente che un’azione preventiva nel campo delle gravidanze indesiderate debba per forza passare anche attraverso una corretta responsabilizzazione di tutti i soggetti verso il rispetto del partner e, in ultima analisi della vita. Senza scivolare nel moralismo bisognerebbe, infatti, chiedersi come mai (cito di nuovo l’articolo su NY), nonostante l’abbondanza di disponibilità anche gratuita di profilattici (o di altri metodi contraccettivi) la gente non ne faccia uso. La disinformazione non è sufficiente a spiegare il fenomeno e non lo sono neanche i soli fattori economici. Evidentemente bisognerebbe dedurre che ci troviamo davanti a dei limiti che sono soprattutto culturali (del tipo: “Agli uomini (maschi) non piace farlo con il preservativo e delle conseguenze se ne sbattono!”, ma sono possibili ovviamente anche altri motivi:-)). A questo proposito è quindi condivisibile l’impostazione di chi ritiene indispensabile andare a “educare” e di non limitare la spiegazione alla sola fisiologica e meccanicistica legata alla sessualità. Alla fine dunque un po’ bisogna dare ragione a Benedetto XVI, in fondo stiamo parlando di scelte ideologiche e noi dobbiamo chiederci cosa vogliamo veramente insegnare.
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"NY, aborti al 41% nel 2009" La Stampa 07/01/11 di Marco Tosatti
Riportiamo un lancio di agenzia sui dati dell'interruzione di gravidanza nella "Grance Mela.
MARCO TOSATTI
Nel 2009, nella città di New York il 41 per cento delle donne incinte è ricorsa a un'interruzione della gravidanza. Secondo il dipartimento di Sanità degli Stati Uniti, fra alcune minoranze la percentuale di aborti è anche più alta. Il dato rappresenta comunque un calo rispetto al 46 per cento fatto registrare dodici anni fa. "È sconvolgente", ha dichiarato l'arcivescovo della Grande Mela, mons. Timothy Dolan che, dopo aver ribadito la posizione anti-contraccettivi della Chiesa cattolica, ha spiegato che in città "i profilattici gratuiti sono disponibili ovunque - li stanno perfino lanciando dagli aerei - ma nulla sembra funzionare". Secondo quanto riporta la rete televisiva Abc anche Planned Parenthood -la più grande rete di cliniche abortive del Paese- si è lamentata del dato ma ha solamente sollecitato un migliore programma di educazione sessuale. A New York, fra gli afroamericani non ispanici il tasso d'aborti arriva al 59,8%; gli ispanici ricorrono all'interruzione di gravidanza 41,3 volte su 100; gli asiatici, il 22,7 per cento delle volte; i caucasici non ispanici solo una volta su cinque.
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"Il Papa attacca l'educazione sessuale" La Stampa 11/01/11 di Giacomo Galeazzi
IN ALCUNI PAESI MINACCIA LA LIBERTÀ RELIGIOSA
Il Papa attacca l’educazione sessuale (La Stampa 11/01/11)
CITTA’DEL VATICANO. «Protezione per cristiani in Medio Oriente». Dal terrorismo all’educazione sessuale obbligatoria, Benedetto XVI denuncia i pericoli per la libertà religiosa. Ricevendo gli ambasciatori in Vaticano, il Papa - pensando innanzitutto alla normativa inglese - invoca «i governi a promuovere sistemi educativi che rispettino il diritto primordiale delle famiglie a decidere l’educazione dei figli». Quindi, «non posso passare sotto silenzio un’altra minaccia alla libertà religiosa delle famiglie in alcuni paesi europei, là dove è imposta la partecipazione a corsi di educazione sessuale o civile che trasmettono concezioni della persona e della vita presunte neutre, ma che in realtà riflettono un’antropologia contraria alla fede e alla retta ragione». Il Pontefice assicura che «la religione non costituisce per la società un problema, non è un fattore di turbamento o di conflitto». E la Chiesa «non cerca privilegi, né vuole intervenire in ambiti estranei, ma semplicemente esercitare la sua missione con libertà». Joseph Ratzinger invita a «riconoscere la grande lezione della storia» senza negare «il contributo delle grandi religioni del mondo allo sviluppo della civiltà». Il Pontefice stigmatizza aggressioni e minacce: l’intolleranza verso i cristiani in Medio Oriente e in altri Paesi dove l’Islam mostra il suo volto fondamentalista, lo statalismo marxista che conculca la libertà della Chiesa in Cina e in paesi sudamericani nei quali si impedisce l’attività delle scuole cattoliche, il laicismo che avanza
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lunedì 10 gennaio 2011
Sud Sudan occasione da non perdere
La popolazione della parte meridionale del Sudan, di maggioranza cristiano-animista, è chiamata in questi giorni ad un referendum per pronunciarsi a favore dell'indipendenza dal settentrione a maggioranza musulmana. Il Sud del Sudan (come il Nord, per altro) è un paese poverissimo ed arretrato ma ricchissimo di petrolio, esce da un lungo periodo di guerra civile e, proprio la tanto agognata indipendenza, ormai data per scontata, potrebbe scatenare altri scontri. Il verdetto quasi scontato ha già attivato la speculazione di ogni tipo per accapararsi le risorse del nuovo Stato; rischiamo quindi di perdere per l'ennesima volta l'occasione di fare le cose bene fin dall'inizio, di partecipare lealmente alla protezione e allo sviluppo di una nuova entità territoriale e di promuovere un esempio che faccia da modello ad altri paesi africani.
martedì 28 dicembre 2010
Recensione: Giustizia - il nostro bene comune
“Giustizia – Il nostro bene comune”, titolo originale “Justice – What’s the right thing to do?”, di Michael Sandel, edizioni Feltrinelli, ISBN 978-88-07-10454-1. Il saggio, bellissimo ed attuale cerca di spiegare il significato della parola “giustizia” in termini sociali e morali. Che cosa deve intendersi per “Società giusta”? Che cosa significa agire “giustamente” o meglio, “fare la cosa giusta”? Si chiede l’autore? Il tema, piuttosto impegnativo a ben vedere, viene sviluppato progressivamente in maniera non noiosa, partendo da aneddoti ed esempi, per poi svelare una trama lucida ed organica. L’autore, ben sapendo di non poter fornire una spiegazione univoca e definitiva di queste categorie del pensiero per altro, da sempre dibattute e sviluppate nell’ambito delle scienze sociali e dalla filosofia, perviene infine ad una sua definizione; non prima però di aver fornito una descrizione di come alcune delle principali correnti filosofiche del pensiero occidentale abbiano affrontato il tema cercando di fornire giustificazioni e risposte.
Toccando argomenti di forte attualità quali quello della solidarietà, del welfare, della distribuzione dei redditi, del sistema fiscale, del servizio militare; temi più sensibili quale quello delle libertà di pensiero, del diritto al dissenso, del rispetto delle minoranze; nonché aspetti ancora più personali, afferenti la sfera sessuale e religiosa dei gruppi e degli individui, ci si spinge fino ad analizzare le ragioni etiche dalle quali nasce il dibattito relativo alla legittimità di alcuni diritti individuali “estremi” quali quelli relativi alla vita ed alla morte propria o altrui, come ad esempio nel caso dell’aborto e dell’eutanasia. Nel frattempo il saggio si dipana esponendo la tesi del pensiero utilitaristico di Bentham e di Stuart Mill, passando attraverso le idee dei cosiddetti “liberisti”, per poi esporre il punto di vista Kant, di Aristotele fino ai contribuiti più moderni, quali ad esempio quello del filosofo americano John Rawls e di Alasdair MacIntyre, dal quale l’autore, con un vero e proprio “colpo di teatro” trae la nozione di “esseri narranti” che applica ai singoli individui; poetica e nel contempo efficace definizione che egli usa per giustificare il suo personale punto di vista su questi argomenti e che sembra improvvisamente accordarsi con le riflessioni e le istanze sviluppate nel corso di tutta l’opera. Il libro stimola il lettore a porsi domande molto profonde riguardo alla propria condizione di essere umano e di cittadino ed alla fine fornisce una risposta attiva e ottimistica circa il possibile ruolo di ognuno di noi nel contribuire a dibattere e sviluppare i temi della “politica” e della “giustizia” ovvero, parafrasando Aristotele, per vivere consapevolmente quella “vita buona”che sarebbe nostro dovere promuovere.
Toccando argomenti di forte attualità quali quello della solidarietà, del welfare, della distribuzione dei redditi, del sistema fiscale, del servizio militare; temi più sensibili quale quello delle libertà di pensiero, del diritto al dissenso, del rispetto delle minoranze; nonché aspetti ancora più personali, afferenti la sfera sessuale e religiosa dei gruppi e degli individui, ci si spinge fino ad analizzare le ragioni etiche dalle quali nasce il dibattito relativo alla legittimità di alcuni diritti individuali “estremi” quali quelli relativi alla vita ed alla morte propria o altrui, come ad esempio nel caso dell’aborto e dell’eutanasia. Nel frattempo il saggio si dipana esponendo la tesi del pensiero utilitaristico di Bentham e di Stuart Mill, passando attraverso le idee dei cosiddetti “liberisti”, per poi esporre il punto di vista Kant, di Aristotele fino ai contribuiti più moderni, quali ad esempio quello del filosofo americano John Rawls e di Alasdair MacIntyre, dal quale l’autore, con un vero e proprio “colpo di teatro” trae la nozione di “esseri narranti” che applica ai singoli individui; poetica e nel contempo efficace definizione che egli usa per giustificare il suo personale punto di vista su questi argomenti e che sembra improvvisamente accordarsi con le riflessioni e le istanze sviluppate nel corso di tutta l’opera. Il libro stimola il lettore a porsi domande molto profonde riguardo alla propria condizione di essere umano e di cittadino ed alla fine fornisce una risposta attiva e ottimistica circa il possibile ruolo di ognuno di noi nel contribuire a dibattere e sviluppare i temi della “politica” e della “giustizia” ovvero, parafrasando Aristotele, per vivere consapevolmente quella “vita buona”che sarebbe nostro dovere promuovere.
Recensione: l'odore dei soldi - origini e misteri
“L’odore dei soldi – origini e misteri”, di Elio Veltri e Marco Travaglio, Edizioni Editori Riuniti, ISBN 978-88-359-8008-7.
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Commento da IBS.it per “L’odore dei soldi – origini e misteri”
Questo libro illustra alcuni aspetti cruciali della storia di Silvio Berlusconi attraverso una scelta commentata di documenti. L'intervista che Paolo Borsellino rilasciò, due mesi prima di morire, a una TV francese sulle indagini della sua Procura sui rapporti tra Berlusconi, Marcello Dell'Utri e Vittorio Mangano. I rapporti stilati da un funzionario della Banca d'Italia e da un ufficiale della Dia, per conto della Procura antimafia di Palermo, su centinaia di miliardi di investimento al gruppo Fininvest. Gli interrogatori di Berlusconi e Dell'Utri al processo di Torino per le fatture false di Publitalia. E, per finire, la legge Tremonti, come "prova su strada" del conflitto di interessi.
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Si tratta di un libro famosissimo, uscito per la prima volta nel 2001 appena prima delle elezioni politiche e recentemente rivisto ed aggiornato dagli autori. Il libro si occupa principalmente di fare luce sulle origini e sulle fortune dell’attuale Primo Ministro Silvio Berlusconi. E’ bene ricordare che sono stati avviati procedimenti di cause civili sia nei confronti della casa editrice sia nei confronti degli autori da parte della persona di Silvio Berlusconi, Fedele Confalonieri per conto Mediaset, Aldo Bonomo per conto Fininvest, Giulio Tremonti per un totale di otto cause. Tutti i procedimenti si sono conclusi dinanzi alla I° sezione civile del Tribunale di Roma che ha dato torto agli attori e ragione ai convenuti (la casa editrice, gli autori e Daniele Fabbri, alias Daniele Luttazzi, per quanto sostenuto durante il programma televisivo “Satyricon”) condannando i primi al pagamento delle spese processuali. Gli attori (ad eccezione di Giulio Tremonti) hanno fatto ricorso. Secondo gli stessi autori: “….. particolarmente significative le due sentenze che danno torto a Silvio Berlusconi. Perché affermano entrambe che tutti i fatti raccontati nel libro e nel programma [sic “Satyricon”] sono, molto semplicemente veri.”.
Secondo me il libro è interessante, ben ricostruito e purtroppo, dato l’attento dosaggio delle parole e l’attenzione ai particolari messa dagli autori, anche piuttosto noioso!
Per quanto mi riguarda, sono stato particolarmente interessato alla ricostruzione di tutti i movimenti di denaro transitati sulle innumerevoli società fiduciarie ed holding riconducibili a Berlusconi, sui quali si è anche svolta una perizia da parte di personale incaricato dalla Banca d’Italia e dai quali risulta evidente la dubbia provenienza di tali ingentissime somme di denaro. Si tratta, infatti, di svariati miliardi di lire dell’epoca pervenuti per lo più in contanti o con assegni circolari! (in modo da renderne impossibile la tracciabilità).
A mio avviso, da una lettura indipendente e disincantata non può che scaturire una piena condanna morale di Silvio Berlusconi e di tutti i principali attori citati nell’opera, che appaiono non solo coinvolti in innumerevoli pratiche finanziarie e ragionieristiche scorrette o illecite, ma anche coscientemente e pienamente collusi con il potere mafioso.
Al fine quindi, la lettura del libro è altamente raccomandata a tutti coloro che vogliono provare, da destra o da sinistra, a risolvere l’empasse che attanaglia il panorama politico italiano. Il libro ha infatti una valenza “terapeutica” perché ricorda a quanti non si nascondono i fatti e le verità, che Berlusconi e la sua creatura politica Forza Italia (ora PDL) sono un’anomalia inaccettabile in un Paese democratico. Tale anomalia va rimossa in quanto completamente fuori dalle regole di un qualsiasi ordinamento democratico, ed in modo che il dibattito politico possa riprendere da una dialettica “normale”, ovvero basata su un minimo di contenuti etici condivisi da tutti i cittadini.
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Commento da IBS.it per “L’odore dei soldi – origini e misteri”
Questo libro illustra alcuni aspetti cruciali della storia di Silvio Berlusconi attraverso una scelta commentata di documenti. L'intervista che Paolo Borsellino rilasciò, due mesi prima di morire, a una TV francese sulle indagini della sua Procura sui rapporti tra Berlusconi, Marcello Dell'Utri e Vittorio Mangano. I rapporti stilati da un funzionario della Banca d'Italia e da un ufficiale della Dia, per conto della Procura antimafia di Palermo, su centinaia di miliardi di investimento al gruppo Fininvest. Gli interrogatori di Berlusconi e Dell'Utri al processo di Torino per le fatture false di Publitalia. E, per finire, la legge Tremonti, come "prova su strada" del conflitto di interessi.
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Si tratta di un libro famosissimo, uscito per la prima volta nel 2001 appena prima delle elezioni politiche e recentemente rivisto ed aggiornato dagli autori. Il libro si occupa principalmente di fare luce sulle origini e sulle fortune dell’attuale Primo Ministro Silvio Berlusconi. E’ bene ricordare che sono stati avviati procedimenti di cause civili sia nei confronti della casa editrice sia nei confronti degli autori da parte della persona di Silvio Berlusconi, Fedele Confalonieri per conto Mediaset, Aldo Bonomo per conto Fininvest, Giulio Tremonti per un totale di otto cause. Tutti i procedimenti si sono conclusi dinanzi alla I° sezione civile del Tribunale di Roma che ha dato torto agli attori e ragione ai convenuti (la casa editrice, gli autori e Daniele Fabbri, alias Daniele Luttazzi, per quanto sostenuto durante il programma televisivo “Satyricon”) condannando i primi al pagamento delle spese processuali. Gli attori (ad eccezione di Giulio Tremonti) hanno fatto ricorso. Secondo gli stessi autori: “….. particolarmente significative le due sentenze che danno torto a Silvio Berlusconi. Perché affermano entrambe che tutti i fatti raccontati nel libro e nel programma [sic “Satyricon”] sono, molto semplicemente veri.”.
Secondo me il libro è interessante, ben ricostruito e purtroppo, dato l’attento dosaggio delle parole e l’attenzione ai particolari messa dagli autori, anche piuttosto noioso!
Per quanto mi riguarda, sono stato particolarmente interessato alla ricostruzione di tutti i movimenti di denaro transitati sulle innumerevoli società fiduciarie ed holding riconducibili a Berlusconi, sui quali si è anche svolta una perizia da parte di personale incaricato dalla Banca d’Italia e dai quali risulta evidente la dubbia provenienza di tali ingentissime somme di denaro. Si tratta, infatti, di svariati miliardi di lire dell’epoca pervenuti per lo più in contanti o con assegni circolari! (in modo da renderne impossibile la tracciabilità).
A mio avviso, da una lettura indipendente e disincantata non può che scaturire una piena condanna morale di Silvio Berlusconi e di tutti i principali attori citati nell’opera, che appaiono non solo coinvolti in innumerevoli pratiche finanziarie e ragionieristiche scorrette o illecite, ma anche coscientemente e pienamente collusi con il potere mafioso.
Al fine quindi, la lettura del libro è altamente raccomandata a tutti coloro che vogliono provare, da destra o da sinistra, a risolvere l’empasse che attanaglia il panorama politico italiano. Il libro ha infatti una valenza “terapeutica” perché ricorda a quanti non si nascondono i fatti e le verità, che Berlusconi e la sua creatura politica Forza Italia (ora PDL) sono un’anomalia inaccettabile in un Paese democratico. Tale anomalia va rimossa in quanto completamente fuori dalle regole di un qualsiasi ordinamento democratico, ed in modo che il dibattito politico possa riprendere da una dialettica “normale”, ovvero basata su un minimo di contenuti etici condivisi da tutti i cittadini.
Recensione: Il Miracolo - L'epica ascesa dell'Asia alla conquista del benessere
"Il Miracolo - L'epica ascesa dell'Asia alla conquista del benessere", di Michael Schuman, editore Tropea, ISBN 978-88-588-0135-5, titolo originale “The Miracle”. L’autore cerca di fornire la motivazione dell’ascesa dell’Asia come centro dello sviluppo economico mondiale facendo una panoramica dei principali Paesi del continente. Viene dunque analizzata la situazione socioeconomica a partire dagli anni successivi alla seconda guerra mondiale fino ai giorni d’oggi per Corea del sud, Giappone, Taiwan, Singapore, Indonesia, Cina (Hong Kong e Cina continentale), India, Malaysia e Thailandia; i risultati dell’analisi sono noti e sconcertanti: L’Asia è riuscita a trovare la via di uno sviluppo accelerato, robusto (superando non poche crisi valutarie e di riconversione) e diffuso in un contesto fortemente globalizzato ed anche tecnologicamente avanzato. Nella sua globalità, o anche solo per il tramite di alcuni grandi Paesi dell’area, l’Asia si pone come un primo attore sulle scene di un’economia vivace ed in ascesa e fornisce termini di paragone, alternative ed elementi di riflessione che mettono in discussione i modelli di sviluppo e di civiltà proposti dall’Occidente. Ma perché l’Asia? Si chiede l’autore, come si spiega che proprio lì e non in altri luoghi, abbia avuto origine quest’ affascinante rinascita? (perché per molti Paesi in fondo di questo si tratta!). L’autore non trascura ovviamente di riassumere tutti i fattori di sviluppo che già sono stati presi in considerazione da altri per spiegare questa straordinaria ascesa e che attengono alle variabili tipiche della cosiddetta “globalizzazione”, in altre parole: fattori geografici, storici, culturali, sociali ed economici; ma quello che da vera originalità all’opera è soprattutto la scelta di porre l’accento sui primi attori del “miracolo”, ovvero su quel manipolo di industriali, ma soprattutto di uomini politici che fortemente vollero avviare i loro rispettivi Paesi sulla via dello sviluppo. Il libro ci ricorda che, anche dietro fenomeni complicati, spesso difformi, dovuti a molteplici variabili e persino al “caso”, come la globalizzazione e lo sviluppo socioeconomico di una nazione, spesso si cela una causa prima, ovvero l’opera e la volontà di singole persone che perseguono con tenacia i propri obiettivi. Proprio la più o meno armonizzazione di queste scelte volitive con le esigenze di una certa società portano a situazioni di benessere oppure a stagnazione. L’Asia, contrariamente ad altri luoghi è riuscita a produrre non pochi leader, governanti e imprenditori che nonostante i difetti, le gravi colpe o le violazioni di alcuni (e forse della maggior parte!) di essi, hanno saputo coniugare la loro sete di potere, di fama e di ricchezza con il benessere del proprio Paese.
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