martedì 28 dicembre 2010

Recensione: Giustizia - il nostro bene comune

“Giustizia – Il nostro bene comune”, titolo originale “Justice – What’s the right thing to do?”, di Michael Sandel, edizioni Feltrinelli, ISBN 978-88-07-10454-1. Il saggio, bellissimo ed attuale cerca di spiegare il significato della parola “giustizia” in termini sociali e morali. Che cosa deve intendersi per “Società giusta”? Che cosa significa agire “giustamente” o meglio, “fare la cosa giusta”? Si chiede l’autore? Il tema, piuttosto impegnativo a ben vedere, viene sviluppato progressivamente in maniera non noiosa, partendo da aneddoti ed esempi, per poi svelare una trama lucida ed organica. L’autore, ben sapendo di non poter fornire una spiegazione univoca e definitiva di queste categorie del pensiero per altro, da sempre dibattute e sviluppate nell’ambito delle scienze sociali e dalla filosofia, perviene infine ad una sua definizione; non prima però di aver fornito una descrizione di come alcune delle principali correnti filosofiche del pensiero occidentale abbiano affrontato il tema cercando di fornire giustificazioni e risposte.
Toccando argomenti di forte attualità quali quello della solidarietà, del welfare, della distribuzione dei redditi, del sistema fiscale, del servizio militare; temi più sensibili quale quello delle libertà di pensiero, del diritto al dissenso, del rispetto delle minoranze; nonché aspetti ancora più personali, afferenti la sfera sessuale e religiosa dei gruppi e degli individui, ci si spinge fino ad analizzare le ragioni etiche dalle quali nasce il dibattito relativo alla legittimità di alcuni diritti individuali “estremi” quali quelli relativi alla vita ed alla morte propria o altrui, come ad esempio nel caso dell’aborto e dell’eutanasia. Nel frattempo il saggio si dipana esponendo la tesi del pensiero utilitaristico di Bentham e di Stuart Mill, passando attraverso le idee dei cosiddetti “liberisti”, per poi esporre il punto di vista Kant, di Aristotele fino ai contribuiti più moderni, quali ad esempio quello del filosofo americano John Rawls e di Alasdair MacIntyre, dal quale l’autore, con un vero e proprio “colpo di teatro” trae la nozione di “esseri narranti” che applica ai singoli individui; poetica e nel contempo efficace definizione che egli usa per giustificare il suo personale punto di vista su questi argomenti e che sembra improvvisamente accordarsi con le riflessioni e le istanze sviluppate nel corso di tutta l’opera. Il libro stimola il lettore a porsi domande molto profonde riguardo alla propria condizione di essere umano e di cittadino ed alla fine fornisce una risposta attiva e ottimistica circa il possibile ruolo di ognuno di noi nel contribuire a dibattere e sviluppare i temi della “politica” e della “giustizia” ovvero, parafrasando Aristotele, per vivere consapevolmente quella “vita buona”che sarebbe nostro dovere promuovere.

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