mercoledì 9 settembre 2020

Arti marziali e MMA, le fabbriche dei killer?

 Con l’omicidio di Artena è ripresa la polemica verso l’MMA e le arti marziali; generale l’accusa di fomentare la violenza.

Chi come me pratica questi sport e, in passato, l’ha anche fatto intensamente, sa che l’accusa è infondata. Per altro, avevo già affrontato questo tema commentando "L’educazione di un fascista”, di Paolo Berizzi, editore Feltrinelli, ISBN 978-88-07-17372-1.

Le arti marziali sono principalmente una via per conquistare la sicurezza di sé, ciò avviene sia sottoponendosi ad un duro allenamento, sia, inutile negarlo, attraverso il confronto, spesso anche cruento, con altri nostri sodali; contrapposizione che però, è solo momentanea, dura lo spazio di uno scontro e viene effettuata in un contesto sportivo di regole condivise.

Più comune del disprezzo, è il rispetto e il senso di appartenenza e fratellanza con l’avversario; noi siamo sul ring, sul tatami o nella gabbia e, siamo dei pari e semmai, sono molti di quelli fuori che sono preda dell’eccitazione e, se vogliamo, della voglia di vivere di violenza riflessa... sportivi da poltrona!

L’educazione marziale può sicuramente creare dei violenti, questo è innegabile. Ma questi soggetti sono una minoranza e, i loro difetti, la loro propensione, la loro profonda ignoranza, erano già presenti prima che si avvicinassero al dojo, erano parte della loro natura era nella loro storia. L’eventuale colpa dei maestri è quella di non avere individuato per tempo e domato queste distorsioni e, nel caso fosse stato necessario, di non aver allontanato questi soggetti prima che potessero sfruttare questo percorso per nuocere di più.

Si dimentica però che l’esito normale di questa pratica sportiva ed educativa non sia la creazione di potenziali killer smaniosi di menare le mani, ben più spesso né si esce rafforzati nel fisico, nel morale e nella consapevolezza di sé; uomini forti ma pacifici, duri ma mansueti, proni al difendere ben più che all'aggredire.

Il “DŌ”, il kanji che spesso è presente nei suffissi delle discipline marziali indica la “via”, il “percorso”, è lì per fissare un obiettivo, lo scopo di creare uomini liberi e “giusti” ... poi si può anche fallire.


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