Con l’omicidio di Artena è ripresa la polemica verso l’MMA e le arti marziali; generale l’accusa di fomentare la violenza.
Chi come me pratica questi sport
e, in passato, l’ha anche fatto intensamente, sa che l’accusa è infondata. Per altro,
avevo già affrontato questo tema commentando "L’educazione di un
fascista”, di Paolo Berizzi, editore Feltrinelli, ISBN 978-88-07-17372-1.
Le arti marziali sono
principalmente una via per conquistare la sicurezza di sé, ciò avviene sia
sottoponendosi ad un duro allenamento, sia, inutile negarlo, attraverso il
confronto, spesso anche cruento, con altri nostri sodali; contrapposizione che
però, è solo momentanea, dura lo spazio di uno scontro e viene effettuata in un
contesto sportivo di regole condivise.
Più comune del disprezzo, è il
rispetto e il senso di appartenenza e fratellanza con l’avversario; noi siamo
sul ring, sul tatami o nella gabbia e, siamo dei pari e semmai, sono molti di quelli
fuori che sono preda dell’eccitazione e, se vogliamo, della voglia di vivere di
violenza riflessa... sportivi da poltrona!
L’educazione marziale può
sicuramente creare dei violenti, questo è innegabile. Ma questi soggetti sono
una minoranza e, i loro difetti, la loro propensione, la loro profonda
ignoranza, erano già presenti prima che si avvicinassero al dojo, erano parte
della loro natura era nella loro storia. L’eventuale colpa dei maestri è quella
di non avere individuato per tempo e domato queste distorsioni e, nel caso
fosse stato necessario, di non aver allontanato questi soggetti prima che
potessero sfruttare questo percorso per nuocere di più.
Si dimentica però che l’esito
normale di questa pratica sportiva ed educativa non sia la creazione di potenziali
killer smaniosi di menare le mani, ben più spesso né si esce rafforzati nel
fisico, nel morale e nella consapevolezza di sé; uomini forti ma pacifici, duri
ma mansueti, proni al difendere ben più che all'aggredire.
Il “DŌ”, il kanji che spesso è presente nei
suffissi delle discipline marziali indica la “via”, il “percorso”, è lì per fissare un obiettivo, lo
scopo di creare uomini liberi e “giusti” ... poi si può anche fallire.
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